La reprimenda per la rivolta dell'altra sera contro il coprifuoco conta già due condannati. Arrestati e processati ieri mattina per direttissima per i tafferugli nel perimetro del palazzo della Regione Campania a Napoli: Marcantonio Pino e Oreste Aloe (entrambi di 32 anni del quartiere Vasto) sono stati individuati dagli investigatori della Digos come protagonisti delle violenze. Le accuse: danneggiamenti e resistenza. Pino è stato condannato a un anno e otto mesi, su una richiesta del pm di cinque anni e dovrà presentarsi due volte al giorno a firmare in caserma; Aloe a un anno e due mesi, su richiesta di quattro anni di reclusione, con pena sospesa. Per entrambi è caduta l'accusa di violenza contro i pubblici ufficiali. La Procura aveva chiesto l'applicazione degli arresti domiciliari ma, venendo meno l'accusa più grave, i due ragazzi al termine dell'udienza sono stati rilasciati.
Con loro, però, a Santa Lucia, la red zone dei tafferugli, a infrangersi contro la falange di celerini schierati per impedire ai rivoltosi di avvicinarsi troppo al palazzo dello sceriffo Vincenzo De Luca, erano in tanti. Gli investigatori stanno visionando tutti i filmati delle telecamere di sorveglianza attive lungo il percorso del corteo e nella zona degli scontri, per identificare i responsabili delle azioni violente (con lanci di pietre e bottiglie verso le forze dell'ordine, che contano sette feriti). Un lavoro, fanno sapere dalla questura, reso più complicato dai cappucci e dalle mascherine che indossavano quasi tutti i facinorosi.
I gruppi violenti si sono infiltrati in quella che era partita come una manifestazione pacifica (voluta da commercianti, imprenditori e precari con partita Iva) contro l'annuncio dello sceriffo governatore di voler attivare restrizioni maggiori per contrastare il contagio (dopo che la situazione gli era ormai sfuggita di mano, essendo la Campania tra Regioni che fanno meno tamponi). Dal Viminale hanno lanciato pesanti sospetti: «È del tutto chiaro che non si è trattata di una protesta spontanea. Ma di azioni preordinate, organizzate nella quasi totalità da frange di tifosi violenti, da ambienti criminali, anche legati a settori dell'estremismo politico». Parole del viceministro dell'Interno con delega alla Pubblica sicurezza, il dem Matteo Mauri. In Procura c'è già un fascicolo. Si indaga per verificare se dai clan camorristici sia partito l'ordine di partecipare alla manifestazione facendo «ammuina».
Sono le modalità delle aggressioni ai poliziotti ad aver portato i magistrati ad avanzare questa ipotesi (per la verità un po' in contraddizione con altre attività investigative in corso sui clan che avrebbero sfruttato il lockdown per aggredire le aziende in crisi economica). Di certo c'è che, durante gli scontri, scooter e bidoni per i rifiuti sono stati usati dai manifestanti per ostacolare o ritardare l'intervento delle forze dell'ordine. Alcune informative della Digos trasmesse nell'immediatezza al Viminale, insomma, delineano le caratteristiche di una «azione preordinata», come l'ha definita il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese. Nicola Morra, presidente della commissione parlamentare antimafia, poi, ritiene «accertata la presenza reale di uomini dei clan della Pignasecca, del Pallonetto e dei Quartieri spagnoli».
L'avvocato Angelo Pisani, alla guida dell'associazione Noi consumatori, legale rappresentante degli imprenditori partenopei in protesta, ha cercato di isolare subito i facinorosi spiegando che «i tafferugli non hanno niente a che vedere con la protesta dei commercianti e delle partite Iva». In piazza, infatti, c'erano soprattutto persone perbene, titolari di bar, ristoranti, gelaterie, pub, negozi, precari e studenti. «Lo scontro», ha aggiunto l'avvocato, «non è certo tra commercianti e forze dell'ordine, alle quali esprimiamo tutta la nostra solidarietà. La controparte è solo la politica che detta le regole ma non sa organizzare il gioco».
A sinistra, però, si gioca a cercare la trama nera. Laura Boldrini, infatti, ha twittato: «A Forza Nuova e a tutti gli impresari del malessere sociale dico, vergognatevi, mettete a repentaglio la salute delle persone. Lo ripeto ancora, le organizzazioni fasciste vanno sciolte. Sono dannose per la comunità e la democrazia». È stata smentita all'istante. Nuove tensioni, ieri, sono sorte durante una manifestazione indetta dai centri sociali davanti alla sede di Confindustria, in piazza dei Martiri. Sono state lanciate uova con vernice rossa sul portone del palazzo. Tra i partecipanti c'erano anche gli «Antifa» tedeschi con una bandiera, i Cobas e i Carc (Comitati di appoggio alla resistenza comunista). Quando i manifestanti (poco già di un centinaio) hanno deciso di incamminarsi verso la Regione, puntando verso Santa Lucia, è scoppiata una nuova rivolta, con l'esplosione di tre bombe carta e il lancio di bottiglie contro la polizia. I reparti antisommossa, a quel punto, sono stati costretti a una carica di contenimento, per far disperdere i manifestanti. Con buona pace della Boldrini.