2025-03-26
Nel kit di sopravvivenza Ue spunta il contante: «le carte di credito non valgono più nulla»
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Lo mostra in un video il Commissario europeo per la parità, la preparazione e la gestione delle crisi Hadja Lahbib.
Lo mostra in un video il Commissario europeo per la parità, la preparazione e la gestione delle crisi Hadja Lahbib.
Grandi manovre sul fronte di un business in forte crescita, quello dei pagamenti digitali: Intesa Sanpaolo ha confermato di aver avviato «contatti preliminari» con Nexi, la principale società in Italia a sviluppare soluzioni di pagamento tecnologiche da mettere a disposizione delle banche. I contatti, ha spiegato una nota dell'istituto guidato da Carlo Messina, hanno l'obiettivo di «esaminare eventuali operazioni finalizzate al rafforzamento della partnership commerciale già in essere tra le parti», operazioni che in ogni caso «non configurerebbero per Intesa Sanpaolo obblighi di promozione di un'offerta pubblica di acquisto». Le indiscrezioni riguardavano la cessione da parte di Intesa a Nexi della sua attività di acquiring, cioè tutti quei servizi forniti dai gestori delle carte di credito agli esercenti per far sì che questi ultimi possano accettare i pagamenti con carta. Ed è ancora presto per ipotizzare quali potrebbero essere le conseguenze per i negozianti che decidono di installare i sistemi di pagamento elettronici.
L'avvio di contatti «del tutto preliminari» con Intesa Sanpaolo è stato confermato anche da Nexi, che è controllata con il 60,1% del capitale da Mercury Uk (che fa capo ai fondi di private equity Bain capital, Advent international e Clessidra) e lo scorso 16 aprile si è quotata in Borsa: il periodo di lock up (clausola che prevede l'obbligo per alcuni azionisti di non cedere i loro titoli per un certo periodo successivo allo sbarco in Borsa, ndr) di 180 giorni dopo la quotazione è scaduto quindi a metà ottobre.
La società di pagamenti digitali ha però precisato che «non è stato definito alcun progetto né di natura industriale né tantomeno di natura finanziaria che contempli valori», smentendo inoltre che l'operazione possa riguardare, come ipotizzato, l'acquisizione da parte di Intesa di una quota pari al 30-40% di Nexi. «Qualsiasi ipotetica operazione non potrà che essere coerente con la missione di Nexi di essere la paytech, partner indipendente, di tutto il sistema bancario italiano», ha concluso la nota di Nexi. All'operazione stanno lavorando, in qualità di advisor, Ubs - al fianco di Intesa - e Mediobanca, che sarebbe il consulente di Nexi.
In attesa di capire quali potrebbero essere gli sviluppi della trattativa, gli analisti hanno valutato positivamente l'avvio dei colloqui tra Intesa e Nexi: l'operazione consentirebbe alla società dei pagamenti digitali di crescere in uno dei suoi core business, mentre Intesa, diventando azionista di Nexi, resterebbe presente in un ramo di attività in forte crescita, appunto quello dei pagamenti digitali. Secondo Equita, «da un punto di vista industriale l'operazione avrebbe senso per Nexi, in quanto il business dei pagamenti è di scala e verrebbero generate importanti sinergie, mentre dal punto di vista finanziario non è possibile al momento fare una valutazione, in quanto i dati di Intesa acquiring non sono noti».
Per gli esperti di Mediobanca securities l'operazione rappresenta per Nexi «un importante passo in avanti nel segmento acquiring», con il quale la società può «consolidare la propria posizione competitiva» e rafforzare «i rapporti con il suo principale cliente». Kepler Cheuvreux ha aggiunto che «l'operazione potrebbe far emergere il valore di questo business dando a Intesa un'esposizione azionaria in un leader nel mercato in forte crescita dei pagamenti»: gli analisti, ricordando come nei conti di Intesa non ci sia uno spaccato dei risultati dell'attività di acquiring, hanno però precisato che «nei nove mesi 2019 il gruppo ha riportato 350 milioni di commissioni nette dal debito e dalle carte di credito».
«Dal punto di vista di Intesa l'operazione non sarebbe un'uscita definitiva dal business dell'e-payment, considerato che resterà largamente investita nel settore, seppur indirettamente», ha affermato Fidentiis, ricordando come nel 2016 Intesa aveva venduto all'allora Icbpi - l'Istituto centrale per le banche popolari, che nel 2017 ha appunto cambiato nome in Nexi - le attività relative ai pagamenti di Setefi e Isp Card per 1,03 miliardi di euro.
Lotta al contante e più pagamenti digitali. Questo il mantra del governo giallorosso per sconfiggere l'evasione fiscale. Per mettere in pratica l'obiettivo nel documento programmatico di bilancio 2020 è stato previsto il cashback, ossia il rimborso di una parte di quello che si è speso.
La percentuale entro cui dovrebbe oscillare è ancora tutta da stabilire ma si pensa che la somma che verrebbe restituita al mese (o ogni tre mesi) oscillerebbe tra il 2 e il 4% degli importi spesi con moneta elettronica. L'importo dovrà essere accreditato direttamente sul conto corrente del contribuente italiano.
Significa dunque che più si spende, in modo tracciato, e più si verrà premiati dal governo. Ma anche che godrà di maggiori incentivi chi ha più potere di acquisto e non di certo le fasce più deboli della popolazione. In questo sistema premiale i commercianti dovranno però sobbarcarsi ulteriori spese, una fra tutte la dotazione di un Pos (nel caso in cui non l'avessero).
E proprio su questo tema si è scagliata, Marcella Caradonna, presidente dell'Ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili di Milano: «Il controllo del contante non può avvenire con un incremento di costi per gli esercenti e gli acquirenti, perché verrebbe percepito come un'iniziativa a favore del sistema bancario. Per perseguire questi obiettivi di controllo, credo sarebbe importante un confronto con noi commercialisti, confronto che non vi è stato neppure per la bozza del dl fiscale». Oltre a queste implicazioni, che sono di immediato riscontro, c'è poi il fatto che il cashback rappresenta un potenziale onere per lo Stato, che dovrà restituire una percentuale tra il 2 e il 4% su ogni spesa che i cittadini italiani faranno. E il paradosso è che questa copertura dovrà essere tanto più alta, quanto più la misura avrà successo.
Più infatti i cittadini inizieranno a usare i pagamenti digitali, più lo Stato dovrà rimborsare somme e quindi reperire altre risorse per non andare in perdita. Ma dunque, dove si andranno a prendere i soldi? Al momento la risposta non c'è. È circolata l'idea, poi stroncata dalle critiche, di una tassazione sui prelievi in contanti. Altrimenti si potrebbero aumentare le spese sul circuito digitale dei pagamenti (un ulteriore controsenso). In ultima istanza, la più probabile, è anche l'ipotesi di trovare le risorse attraverso nuove tasse.
Ma le misure per combattere l'evasione non finisco qua, perché per incentivare ulteriormente l'uso dei pagamenti elettronici tracciati si è anche pensato di introdurre una lotteria nazionale degli scontrini. Dal 1° gennaio del 2020, quando si acquistano beni o servizi da un commerciante, si potrà chiedere di partecipare alla lotteria degli scontrini che prevede «premi speciali, per un ammontare complessivo annuo non superiore a 45 milioni di euro». E questo sarà possibile perché dal 2020 tutti i commercianti (anche i più piccoli) dovranno emettere lo scontrino elettronico, il fratello della fattura elettronica. Si tratta dunque di inviare telematicamente i dati giornalieri di quanto fatturato all'Agenzia delle entrate.
Il cliente che si recherà in negozio riceverà dunque lo scontrino elettronico, e se in quel momento decide di voler partecipare alla lotteria degli scontrini il commerciante dovrà chiedere ulteriori dati, come il codice fiscale. Questi, insieme al pagamento fatto, verranno poi inoltrati all'Agenzia delle entrate. Si dovrà dunque rinunciare a parte della propria privacy per poter tentare di vincere il monte premio dello Stato.
Altra novità presente nel dl fiscale, e che va a far parte del pacchetto di misure per sconfiggere l'evasione, sono le sanzioni per tutti quei commercianti che non accettano pagamenti digitali. È stata infatti prevista una sanzione di 30 euro «aumentata del 4% del valore della transazione per la quale sia stata rifiutata l'accettazione del pagamento con carte». La percentuale è stata inserita, spiegano nel dl fiscale «nel rispetto del principio di proporzionalità, a seconda della diversa entità delle transizioni rispetto alle quali viene rifiutato il pagamento con strumenti elettronici».
Ma non finisce qua perché ad accompagnare queste misure c'è anche l'art 17 del dl fiscale che abbatte il tetto dei 3.000 euro per i contanti, previsto fino ad oggi. E dunque per i primi due anni (2020-2021) si potrà pagare in contanti fino a 2.000 euro, nel 2022 si scenderà a 1.000 euro. L'abbassare la soglia dei contanti è una mossa che era già stata fatta dal governo Monti (soglia massima 1.000 euro). Fu poi Renzi nel 2016 ad alzare la soglia a 3.000 euro.

