Con le inchieste giudiziarie, a volte, ci vuole fortuna. E quello di Pierluigi Boschi, in affari con massoni (vedi Flavio Carboni e Valeriano Mureddu) e con presunti «ripulitori» dei capitali illeciti della ’ndrangheta (Francesco Saporito e Edo Commisso, entrambi sotto processo per riciclaggio con l’aggravante dell’aver favorito le cosche), è un percorso netto. Nemmeno i diversi filoni delle inchieste sul crac di Banca Etruria, per cui è finito alla sbarra, hanno sortito condanne. Ma nel caso raccontato ieri, dove il babbo era accusato di turbativa d’asta con l’aggravante dell’aver agevolato la ’ndrangheta, a far chiudere l’inchiesta è stata la prescrizione. I pm hanno avuto per almeno 12 anni sul tavolo la pratica e quando un pentito ha chiamato in causa l’ex socio di Boschi senior, Saporito, riferendo che questi avrebbe riciclato diversi milioni del clan Grande Aracri, ci hanno messo altri tre anni prima di convocare in Procura l’indagato, giusto in tempo per chiedere la chiusura delle investigazioni per la scadenza dei termini. Ma se il babbo, che non ci risulta abbia rinunciato alla prescrizione per allontanare da sé ogni sospetto, può accendere un cero alla lentezza della giustizia italiana, agli atti restano le sue telefonate con Commisso, all’epoca intercettato e oggi a processo come presunto «agente immobiliare» delle ’ndrine, l’uomo «incaricato dalla cosca di sovrintendere agli interessi della stessa in territorio toscano e di individuare occasioni di investimento». E queste conversazioni monitorate dalla Direzione investigativa antimafia sono davvero sorprendenti. Infatti, registrano in presa diretta i tentativi del babbo di spiare e di condizionare la nostra inchiesta giornalistica che puntava ad approfondire la vicenda della gara per l’acquisto della fattoria di Dorna, una grande tenuta agricola in provincia di Arezzo. Un immobile che era stato opzionato nel 2007 grazie alla caparra pagata dalla cooperativa Cantina Valdarno superiore, di cui il babbo era presidente, e che Boschi senior e Saporito comprarono utilizzando il denaro recuperato dall’imprenditore calabrese, oggi a processo con l’accusa di avere concluso un affare analogo con i soldi delle cosche.
Il titolo di un capitoletto dell’annotazione della Dia datata 19 maggio 2022 è «la funzione di Pierluigi Boschi nella trattativa per la Fattoria di Dorna». L’inizio del paragrafo è il seguente: «Riguardo al ruolo centrale svolto da Pierluigi Boschi nella trattativa che porterà Francesco Saporito ad aggiudicarsi la Fattoria di Dorna, si riporta uno stralcio della richiesta di proroga (delle intercettazioni, ndr) dalla quale si rileva anche l’interessamento successivo di Boschi alla transazione immobiliare in parola, quando, nel febbraio 2020, Edo Commisso lo mette a conoscenza di essere stato contattato da un giornalista che sta indagando sulla vicenda».
Sarebbe stato proprio l’agricoltore Commisso a mettere in contatto il celebre babbo con il discusso imprenditore Saporito, ottantaduenne originario di Petilia Policastro (Crotone). Con l’apertura delle nuove indagini, nel 2019, quest’ultimo e Boschi senior erano stati chiamati a rispondere della turbativa d’asta e dell’aggravante mafiosa. Accuse poi prescritte. Ma riprendiamo in mano l’annotazione: «Il pomeriggio del 12 febbraio 2020, Commisso telefona a Boschi per informarlo di aver saputo da sua moglie Lidia che un giornalista gli vuole parlare. Dalla conversazione telefonica emerge palesemente che Commisso vuole prima parlare con Boschi, verosimilmente per capire cosa deve o non deve dire». Gli investigatori, a conferma di quanto scritto, riportano stralci delle intercettazioni e dei brogliacci (i riassunti delle telefonate). «Edo chiama Boschi e gli dice che domani mattina passerà da casa sua perché stasera lo cercherà qualcuno del Fatto quotidiano (in realtà, come vedremo, della Verità, ndr) che è stato a casa sua, ma Lidia non gli ha dato il suo numero e quindi questo tornerà stasera a casa».
La polizia giudiziaria trascrive la reazione di Boschi alla notizia della visita del cronista («Ah Madonna!») e la sua immediata domanda: «E per che cosa?». Ma Edo non lo sa ancora, visto che chi scrive aveva lasciato alla di lui consorte solo una sintetica ambasciata. Nell’occasione il babbo non si preoccupa di invitare a casa un personaggio molto chiacchierato e il cui nome era già emerso in indagini e articoli, a partire da quelli del nostro quotidiano.
Lo stesso Commisso ci ha raccontato dei suoi cauti rendez-vous a casa Boschi, in cui, però, stava attento a non incrociare le forze dell’ordine. Il presunto aiutante delle cosche sino a poco prima di subire, insieme con Saporito, un sequestro da 5 milioni di euro ed essere mandato a processo era ancora in rapporti con Pierluigi: «Io sono amico di Boschi» ci disse a inizio 2020, quando lo incontrammo mentre era monitorato dalla Procura di Firenze. «Il paese è piccolo, ci si incontra. Sotto Natale lo avevo chiamato per gli auguri. Ci siamo visti, abbiamo preso un caffè». Sull’allora capogruppo di Italia viva aveva detto: «Maria Elena? È una persona intelligente, l’ho vista, ma in questo periodo no. Non mi sono mai permesso di andare a casa quando c’è lei, ci sono i carabinieri, c’è quello, quell’altro. L’ho incontrata prima di Natale, ero lì a casa. Sono passato a salutare il padre e lei era lì. “Ciao” e basta» aveva ricostruito con noi. Nella nota della Dia sopra citata vengono ricostruiti i movimenti del 13 febbraio 2020: «La mattina Edo Commisso si reca a casa di Pierluigi Boschi a Laterina. L’effettivo incontro viene cristallizzato sia da alcune telefonate intercorse tra i due, finalizzate a perfezionare l’incontro», sia dalle celle telefoniche agganciate dal cellulare di Commisso, in quel momento sotto intercettazione. Gli investigatori precisano: «Mentre si sta recando all’incontro con Boschi, Commisso riceve la chiamata del giornalista. Durante la conversazione il cronista informa Edo di aver già parlato con Francesco Saporito e accenna all’argomento del loro incontro, ovvero i 250.000 euro che quest’ultimo avrebbe consegnato a Boschi, somma che sarebbe stata destinata a far desistere dall’asta della Fattoria Dorna». I funzionari della Dia rimarcano che «la circostanza che Edo Commisso debba incontrare il giornalista non lascia sereno Boschi, il quale, poco dopo l’incontro, telefona a Edo per dirgli di aspettare a incontrare Amadori cosicché lui possa, come suggerito dallo stesso Edo, consultarsi con un legale». Nel brogliaccio si legge: «Boschi chiama Commisso e gli dice di aspettare se non ha urgenza. Edo risponde di non avere fretta e che, quindi, può sentire l’avvocato perché lui ha fissato alle 18 della sera con il giornalista». Dopo circa un’ora viene registrata un’altra telefonata tra i due. Così descritta: «Probabilmente dopo essersi consultato con il suo legale Boschi si risente con Commisso con il quale fissa un nuovo incontro a Montalto, nei pressi di Laterina, ove il primo risiede». A questo punto gli investigatori riassumono le mosse successive: «Terminato l’incontro con Boschi, e probabilmente sentendosi motivato e pronto a incontrare il giornalista, Commisso chiama Amadori, col quale fissa un incontro per il pomeriggio alla stazione ferroviaria di San Giovanni Valdarno. Appena terminato l’incontro con Amadori, Commisso si premura di informare Boschi, che vorrebbe incontrare de visu per potergli meglio raccontare. In quel momento, però, quest’ultimo si trova fuori zona e quindi impossibilitato a incontrare Commisso, il quale allora gli accenna qualcosa in merito al colloquio col giornalista».
Il babbo, al telefono, sembra addirittura suggerire all’amico le risposte da dare al cronista. L’informativa riporta: «Boschi chiama Edo. Gli dice che può dire al giornalista che, per quello che ne sa lui (Edo), è tutto chiuso senza commentare. E chiede a Edo cosa gli abbia detto il giornalista. Edo dice che è una cosa lunga e vorrebbe parlare di persona, quindi, chiede a Pierluigi quando torna: tornerà per le 20 ed Edo a quell’ora non ci sarà e, quindi, lo stesso riferisce sommariamente a Pierluigi quello che il giornalista ha saputo da Saporito, ovvero che i soldi li avrebbe presi Pierluigi […]. Edo dice che il giornalista sapeva anche delle dichiarazioni che aveva rilasciato lui (Commisso, ndr). Precisa di non avergliele fatte vedere. Boschi dice che scriverà quello che gli pare. Edo dice che lui (Boschi, secondo quanto dichiarato da Saporito ndr) avrebbe dato 200.000 euro all’architetta per ritirarsi. Pierluigi dice di non sapere niente di questa storia».
In realtà noi l’avevamo già ampiamente raccontata nel dicembre del 2017, attraverso un’intervista a Saporito, nella quale lo stesso accusava se stesso e Boschi di turbativa. Il babbo non ritenne di replicare a quelle parole, mentre oggi l’ufficio stampa di Iv (ma che cosa c’entra?) annuncia cause civili e manda pizzini minatori. In realtà, a verbale, il 9 maggio 2022, l’imprenditore crotonese riferirà che la somma chiesta da Boschi senior per far ritirare la cordata avversaria nella gara per la fattoria di Dorna era di 250.000 euro. La nota continua: «Quanto accennato da Commisso a Boschi, probabilmente mette un po’ di agitazione in seno a quest’ultimo, il quale, pochi minuti dopo aver terminato la precedente telefonata, richiama Edo per avere conferma di un appuntamento con lui per l’indomani pomeriggio».
Commisso, nella telefonata, «dice di aver riferito al giornalista che a distanza di 12 anni è giusto dire le cose come stanno; il giornalista avrebbe replicato dicendo che la sua versione è la più credibile. Edo fa riferimento ai soldi che sarebbero stati dati all’architetto (Baracchi) evidenziando che di questa situazione non sa nulla e che, comunque, a suo parere, Boschi non avrebbe preso nulla». Alla fine i due si danno appuntamento per il pomeriggio successivo. Ma gli investigatori registrano un cambio di programma: «Non pago di quanto concordato e, probabilmente, perché l’ansia che assale Boschi è troppa per attendere l’indomani e conoscere i dettagli del dialogo tra Amadori e Commisso, Boschi chiama di nuovo Edo, col quale concorda un incontro di lì a pochi minuti presso un distributore Agip». Luogo utilizzato pure per altri abboccamenti. Il babbo, al cellulare, avrebbe chiesto se l’indagato ci avesse consegnato «quella cosa», secondo gli investigatori «probabilmente il verbale delle dichiarazioni rese da Commisso alla Guardia di Finanza di Arezzo». Commisso lo avrebbe rassicurato rispondendo negativamente.
La Dia conclude confermando «l’effettiva veridicità di quanto affermato telefonicamente» e «l’avvenuto incontro tra i due» e riporta il risultato dell’analisi delle celle telefoniche. Queste carte rivelano come personaggi in odor di mafia frequentassero casa Boschi mentre Maria Elena aveva importi incarichi politici e di governo, ma soprattutto l’interpretazione molto fantasiosa della libertà di stampa di tutta la sua famiglia.




