Schivo, un po' secchione ma con tanto, tantissimo coraggio e voglia di navigare. Oggi parliamo di Francesco De Pinedo, uno dei più celebri trasvolatori italiani.
Pilota, esploratore, soprattutto imprendibile fuggiasco. Oggi parliamo dell'uomo che fu anche l'unico aviatore del Kaiser in Cina.
Il pioniere del volo aerostatico e dei dirigibili Celestino Usuelli (Getty Images)
Di professione commerciante, fu alpinista e pioniere del volo aerostatico. Tra i primi costruttori di dirigibili, volò da Torino a Milano con passeggeri a bordo. Le sue imprese fecero sognare l'Italia della «Belle époque» e del progresso scientifico alla conquista del cielo.
Celestino Usuelli ebbe da sempre lo sguardo rivolto al cielo, anche se era nato e cresciuto con i «piedi per terra». Il futuro pioniere italiano del volo vide la luce nel 1877 in una città, Milano, in grande crescita e fermento artistico, scientifico, industriale. Capitale economica d’Italia, allora vera metropoli ammirata in tutto il mondo, Milano era diventata la frontiera del progresso in molti campi. Abbellita dai nuovi quartieri trionfo dello stile liberty, dal 1863 vantava con il Politecnico il fiore all’occhiello dell’istruzione scientifico-tecnica, fucina dei futuri ingegneri che fecero l’industria italiana. Nello stesso anno in cui nacque Usuelli, ai giardini pubblici di Porta Venezia il grande Enrico Forlanini portava in volo il primo prototipo di elicottero del mondo, facendo diventare realtà il sogno di Leonardo da Vinci. Anche il commercio fioriva, e fu in questo settore che Celestino fece la propria fortuna. Viaggiò molto e vide la Cina, il Giappone, Il Brasile, l’Argentina. Divenne co-titolare di un’azienda di import-export con sede in via Boccaccio, la «Usuelli & Ferrari», che gli fornì i mezzi necessari per avvicinarsi sempre di più al cielo scalando le montagne. Le imprese alpinistiche del giovane milanese furono di tutto rispetto: dalle cime delle Alpi al Chimborazo, vetta ecuadoregna di 6.310 metri. In quegli anni, Usuelli ammirò le imprese degli aerostieri che per la prima volta sfidarono le cime dei monti sorvolandole, come lo svizzero Eduard Spelterini che nel 1898 a bordo del suo pallone «Wega» attraversò la catena delle Alpi svizzere. Desideroso di emulare le imprese di quei pionieri, Celestino decise di staccare i piedi da terra e viaggiare nel cielo a bordo di un pallone. Iscritto alla Società Aerostatica Italiana, puntò presto ad infrangere nuovi record su aerostato negli anni di massimo fermento delle «disfide» del «più leggero dell’aria». Celestino Usuelli non mancò l’appuntamento ma l’esordio costò un prezzo altissimo. Alle ore 22 del 2 giugno 1906 l’aeronauta mollò gli ormeggi del pallone «Regina Elena» assieme al capitano di marina Nazari e il ventenne milanese Luigi Minoletti. Nonostante le condizioni atmosferiche non proprio ottimali, il pallone viaggiò senza incidenti spinto dalle correnti dalla Liguria all’appennino Toscano fin sopra il monte Cimone per poi giungere sulla costa adriatica all’alba del giorno seguente. All’altezza della spiaggia di Sirolo, nel Conero, la fatalità. Il pallone, a corto di zavorra e in fase di discesa andò lungo e precipitò in mare. Solo Usuelli riuscì a sopravvivere ai flutti, aggrappato al cesto del «Regina Elena» per oltre 4 ore prima che i soccorsi potessero raggiungere il relitto galleggiante.
La tragedia del giugno 1906 non fermò la voglia di volare del pioniere milanese. Assieme all’industriale alessandrino Mario Borsalino, re dei cappelli alla moda, Usuelli compirà negli anni seguenti le sue più grandi imprese a bordo di aerostati. Il 12 novembre dello stesso anno a bordo del pallone «Milano» Usuelli e il compagno di viaggio Carlo Crespi attraversarono le Alpi marittime in un volo da Milano a Aix-Les-Bains raggiungendo quote superiori ai 6.000 metri e temperature di -24°C. Con Aldo Finzi, che sarà sottosegretario agli Interni durante i primi anni del ventennio e finirà vittima dei nazisti alle Fosse Ardeatine, stabilì il record con un volo di oltre 1.000 chilometri da Milano a Cannes.
L’evoluzione nella costruzione e nel pilotaggio dei dirigibili arrivò all’alba degli anni Dieci, quando insieme all’ingegnere torinese Franz Miller realizzò l’U-1, aeronave del tipo «floscio» spinta da un piccolo motore SPA da 80 Cv. Per ovviare al problema del prezzo dell’idrogeno, l’involucro fu gonfiato con una miscela di aria e gas illuminante. Il dirigibile fu testato su Torino nell’agosto 1910, ma poco dopo fu danneggiato dal maltempo e dovette attendere alcuni mesi prima di poter riprendere il volo. L’U-1 tolse gli ormeggi nuovamente dal capoluogo piemontese il 14 novembre 1911 per compiere il primo viaggio con una rotta ben definita. Da Torino al gasometro della Bovisa a Milano in compagnia di Erminio Donner Flori, svizzero naturalizzato bresciano e pioniere del volo aerostatico e di un altro passeggero. Il dirigibile si alzò a circa 500 metri di quota seguendo dapprima il corso del fiume Po; quindi volò sopra la pianura attraversando il cielo di Vercelli e Novara rallentando a causa di un forte vento contrario, che non permise al velivolo di raggiungere la velocità massima di circa 50 Km/h. Milano fu in vista a metà pomeriggio, verso le 16.30, dopo circa 4 ore e 30 di volo per coprire 140 km di distanza tra le due città. Usuelli avrebbe voluto coronare il successo di quella prima tratta con passeggeri volteggiando attorno alla Madonnina, ma la luce del giorno che andava spegnendosi suggerì prudenza e l’U-1 fu ormeggiato alla Bovisa da 12 uomini che aspettavano il suo arrivo. Il tempo di festeggiare, e un altro incidente durante l’ormeggio colpì il velivolo. Durante la notte un temporale fece sbattere violentemente l’involucro contro il pilone d’ormeggio danneggiandolo, rimandando così i voli successivi a causa dei lunghi tempi di riparazione necessari. Il sogno di anticipare l’era dell’aviazione civile grazie a un mezzo versatile come il dirigibile floscio che non necessitava di hangar e poteva essere movimentato come un aerostato, Celestino Usuelli continuò ad inseguirlo negli anni. Anche se la fortuna gli voltò le spalle più volte. Quando l’U-1 fu riparato nel gennaio 1912, il suo inventore volle volare a Bosco Mantico nel veronese (che sarà durante la Grande Guerra la più importante stazione di dirigibili in Italia). Il 31 gennaio decollò da Milano ma quasi subito un’avaria lo costrinse all’atterraggio a Brescia, come un funesto presagio. Dopo tre settimane di attesa per la riparazione l’U-1 si alzò nuovamente ma poco prima della destinazione il maltempo lo fece sbattere contro le cime degli alberi, facendo precipitare da circa 15 metri i suoi occupanti che per fortuna rimasero quasi illesi. La fine della sua prima macchina volante ancora una volta non scoraggiò quel temerario commerciante milanese che, lungi dal desistere, fondò nel quartiere di Villapizzone a Milano un’officina per la produzione di dirigibili che diede alla luce le versioni successive delle aeronavi di Usuelli. Il primo fu l’U-2, simile al precedente ma con l’involucro rinforzato e il motore da 100 cavalli. Con questo secondo dirigibile il pilota e costruttore tenne i milanesi a testa in su compiendo numerose evoluzioni attorno alla città. Troppo sensibile alle condizioni atmosferiche, anche questo velivolo andò perduto in una collisione accidentale contro un campanile a Monza. Le macchine di Usuelli uscirono dalla fabbrica di Villapizzone fino al 1918. Allo scoppio della Grande Guerra l’esercito italiano scelse di testarne una, il dirigibile U-4 affidato alla Regia Marina, che tuttavia non venne mai impiegato in azioni belliche. Nel 1918 fu inaugurato l’ultimo dirigibile Usuelli, l’U-5, entrato nelle ultime fasi del conflitto come ricognitore costiero e operò con base a Pontedera lungo il litorale toscano. Il 2 maggio 1918 a causa di un presunto cedimento strutturale il dirigibile precipitò improvvisamente all’altezza di Castellina Marittima portando con sé la vita dei cinque militari che si apprestavano al rientro dopo una missione di sorveglianza antisommergibile. Riguardo l’impiego militare dei dirigibili del coraggioso Usuelli la sciagura mise la parola fine, con la successiva cancellazione dell’ordine di 10 esemplari emesso poco prima dal Regio Esercito.
Ancora una volta, mentre già si capiva che l’ala fissa avrebbe soppiantato il dirigibile dopo le battaglie aeree della prima guerra mondiale, il commerciante e pioniere lombardo si rimboccò le maniche e partecipò nel dopoguerra al progetto del grande dirigibile T-34 poi ribattezzato «Roma», assieme a personalità del calibro di Umberto Nobile e Carlo Arturo Crocco. Diverso dai primi esemplari nati dall’inventiva di Usuelli, il «semirigido» dotato di motori Ansaldo fu acquistato dall’esercito americano. Celestino, il «commerciante volante», non fece in tempo a gustare il successo dell’opera di ingegneria aeronautica. Il 6 aprile 1926, mentre era alla guida della sua automobile nei pressi di San Germano Vercellese, sbandò improvvisamente provocando il ribaltamento del mezzo causandone la morte istantanea. Fu in quel caso la dura terra a reclamare la vita di un uomo che aveva viaggiato per anni nel cielo.
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Dall'altoparlante bluetooth per cantare dentro e fuori dalla doccia allo smartwatch con cui affrontare la natura selvaggia. Sessanta prodotti da portare con sé per la vacanza perfetta.
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Se il ponte del 2 giugno ha visto partire 14 milioni di italiani per un primo assaggio di vacanza, l’Osservatorio Confturismo-Confcommercio racconta un interesse «a livelli pre-Covid». L’indice di propensione al viaggio è si attesta infatti a 67 punti, con 23 milioni di italiani tra i 18 e i 74 anni intenzionati a partire nel periodo estivo.
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La maratona d’arte dell’Acquario sarebbe invece impossibile senza la borsa a tracolla con display LED integrato Divoom che consente tramite un’app mobile di disegnare animazioni, visualizzare loghi e immagini e comunicare con gli altri.
Per finire, i nati sotto il segno dei Pesci si rilasseranno in una crociera sull’onda del benessere. Ma non temete, non si tratta di un’estate tutto comfort, soprattutto con in valigia lo zaino sportivo con coulisse di Hawee. Leggero e impermeabile è l’alleato perfetto per ogni escursione.
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- Anche se poco conosciute, sono a tutti gli effetti discipline agonistiche e con una propria federazione, la Fiso. Si praticano tra i boschi, sui prati, ma anche nei centri abitati, in bici, a cavallo e in acqua. A inventarli furono i norvegesi più di 100 anni fa. In Italia si contano oltre 9.000 tesserati. In tutto il mondo appassionano 3 milioni di persone.
- Dalle battaglie tra amici alle competizioni tra squadre: il softair, la guerra simulata a colpi di proiettili di plastica, è diventato uno sport vero e proprio.
Lo speciale contiene due articoli.
Una mappa, una bussola, e via. Sono sufficienti questi due strumenti per praticare l'orienteering, uno sport in cui la competizione sta nel percorrere nel minor tempo possibile un tragitto caratterizzato dai punti di controllo, definiti lanterne, utilizzando solamente i due attrezzi a disposizione, una carta topografica disegnata appositamente con segni convenzionali unificati in tutto il mondo e una bussola, e facendo leva sul proprio senso di orientamento. Conosciuti da pochi, gli sport di orientamento coinvolgono oltre 3 milioni di persone al mondo, mentre in Italia, i tesserati sono più di 9.000, distribuiti all'interno di 170 società. Si può gareggiare individualmente o in squadra e il luogo ideale dove farlo è il bosco, ma esistono gare effettuate anche nei parchi pubblici, nelle campagne o addirittura nei centri storici delle città, tra le quali spicca Venezia. Dei veri e propri labirinti immersi nel verde e nei paesaggi di montagna o campagna, all'interno dei quali avventurarsi e districarsi per raggiungere il proprio obiettivo. Che poi, in fin dei conti, è l'essenza di ogni sport a qualsiasi latitudine. Non solo per gli agonisti. In Liguria, per esempio, nei pressi del monte Antola è stata attrezzata un'area dove è stato installato un percorso per chiunque voglia cimentarsi e divertirsi in questo sport.
All'interno dell'orienteering esistono vari tipi di discipline. La più diffusa e conosciuta è la corsa orientamento; poi c'è la mountain bike orientamento dove l'atleta deve raggiungere il punto di arrivo a bordo di una bicicletta con la mappa che viene posta su un leggio fissato sul manubrio; poi c'è lo sci orientamento che si svolge sulle piste su cui si fa lo sci di fondo; e, infine, c'è l'orientamento di precisione, dove l'obiettivo non è quello di raggiungere i punti di controllo segnati sulla cartina, bensì individuarli da dei punti di osservazione piazzati su dei sentieri facilmente agibili e identificarli da altri fasulli posizionati lì vicino. Quest'ultima disciplina è stata creata per permettere anche agli atleti paralimpici di praticare l'orienteering. Le quattro pratiche appena elencate sono, per ora, le uniche quattro riconosciute dalla Iof. Negli Stati Uniti, per esempio, è molto in voga l'orientamento in canoa presso i delta dei fiumi; così come c'è chi si diverte a praticare questo sport a cavallo o in macchina. Esiste, poi, l'orientamento subacqueo, anche se come disciplina non appartiene alla Fiso, ma alla Fipsas, Federazione italiana pesca sportiva e attività subacquee. Si tratta di un'attività che ha origini militari dove gli atleti devono trovare i punti prestabiliti sulla mappa in immersione.
Molto importante, per lo sviluppo di questo sport nel nostro Paese, è la spinta che viene data a livello scolastico, dove specialmente nelle scuole medie e superiori viene praticata la corsa orientamento con gli studenti che vanno poi a gareggiare nelle fasi provinciali e regionali.

Si tratta di uno sport sano e facilmente accessibile a più fasce di età, ma soprattutto, uno sport che come pochi altri per caratteristiche si sposa con la natura. Oltre l'aspetto sociale, generato dalla diffusione su scala nazionale con numerosi eventi organizzati ogni anno dalla Federazione che consentono agli atleti delle varie società di interagire, va considerato anche quello puramente salutare, visto che l'orienteering è in grado di garantire a chi lo pratica una buona dose di esercizio fisico e mentale. Uno sport per tutti quindi dove, come si legge sul sito ufficiale, «l'atleta corre per raggiungere un risultato agonistico, la famiglia e il principiante per divertirsi in compagnia e trascorrere una sana giornata all'aria aperta».
Gli sport di orientamento nascono oltre un secolo fa nei Paesi scandinavi, più precisamente nel 1897 nel Sud Ovest della Norvegia, a Bergen, dove si disputò una prova di sci orientamento. Notizie di una prima gara ufficiale risalgono, però, al 1919 a Stoccolma. Per oltrepassare i confini dei Paesi del Nord Europa, però, si è dovuto attendere il 1961, anno in cui a Copenaghen venne istituita la Iof, ovvero la Federazione internazionale di orienteering. Sei anni più tardi, nel 1967, toccò anche all'Italia scoprire gli sport di orientamento con delle gare nel Trentino e nel Lazio, regioni dalle quali negli anni a seguire si propagò nel resto della penisola. Venne fondato nel 1982 il Ciso, il Comitato italiano sport orientamento, trasformato poi nel 1986 in Fiso, Federazione italiana sport orientamento, con sede a Trento. Fu proprio negli anni Ottanta che questo sport spiccò il salto verso l'agonismo, tanto che nel decennio successivo sono stati raccolti i primi risultati importanti a livello internazionale con le quattro medaglie d'oro vinte da Nicolò Corradini ai campionati del mondo tra il 1994 e il 2000 nella specialità dello sci-orienteering. Ed è in Italia che si sono svolte le principali competizioni negli ultimi anni. Già a partire dal 1993, quando a Castelrotto, in Alto Adige, si tennero i campionati mondiali junior di corsa orientamento, gli Europei di mountain bike orientamento in Toscana nel 2007, i campionati mondiali junior di corsa orientamento in Trentino nel 2009, i mondiali di mountain bike orientamento in Veneto nel 2011, i mondiali di corsa orientamento e orientamento di precisione in Trentino e Veneto nel 2014. Gettando uno sguardo al futuro, invece, nel 2022 si svolgeranno in Puglia, più precisamente sul Gargano, i mondiali master di orienteering, finora ospitati dall'Italia in altre due occasioni, nel 2004 ad Asiago (Vicenza) e nel 2013 al Sestriere (Torino).
Gli sport di orientamento non fanno ancora parte del novero delle discipline olimpiche. Un primo tentativo fu fatto nel 1996 ma la lontananza delle grandi città dove solitamente si svolgono i Giochi rispetto al luogo dove si svolgono le gare non ha mai fatto decollare l'iniziativa. Va ricordato, però, che all'edizione delle Olimpiadi invernali del 1998 a Nagano, in Giappone, fu incluso a scopo dimostrativo lo sci orientamento, circostanza nella quale vinse la medaglia d'oro l'italiano Corradini.
Softair, la guerra simulata a colpi di pallini di plastica

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Far finta di essere soldati, o giocare a guardie e ladri, è da sempre uno dei grandi classici da bambini. Per i più grandi, invece, esiste il softair, un'attività ludico sportiva dove si simula una situazione di guerra, tenendo lontani atti di violenza in quanto qualsiasi contatto fisico non è minimamente consentito dal regolamento. Con il passare degli anni, però, il softair non è più considerato solo un gioco, ma è diventato uno sport a tutti gli effetti, riconosciuto anche dal Coni che nel 2017 lo ha inserito all'interno del Tiro dinamico sportivo con il nome di Arma air soft. La Fitds, Federazione italiana tiro dinamico sportivo, conta 150 società affiliate, 4.500 tesserati e 13.200 partecipanti alle gare.
Indossando le tute mimetiche, l'elmetto e le protezioni necessarie, i giocatori, solitamente divisi in due o più gruppi rivali, fanno il proprio ingresso sul campo da gioco, solitamente una riproduzione di ambienti che possono variare dal bosco al centro urbano, e simulano una situazione militare utilizzando delle fedeli riproduzioni di armi in dotazione alle forze armate, come la Beretta 92, la Colt M4 o l'Ak47, che sparano pallini in plastica biodegradabila di un diametro di 6 millimetri, del peso compreso tra i 200 e i 300 milligrammi e con energia inferiore a 1 joule, visto che il massimo consentito è pari a 0,99 joule, tanto quanto per risultare innocuo il contatto con gli esseri umani. L'energia minima per provocare lesioni alla pelle umana è almeno 3 joule. Ovviamente, quando ci si trova all'interno del campo, vanno rispettate determinate regole e indossati i necessari dispositivi di protezione individuale, tra cui gli occhiali protettivi per evitare il contatto tra i proiettili e gli occhi
L'origine di questa pratica è da cercare in Giappone negli anni Ottanta dello scorso secolo, mentre in Italia, così come nel resto d'Europa, è spopolato nel decennio successivo quando sono nati diversi enti di coordinamento nazionali tra le quali l'Associazione sportiva nazionale War Games diventata poi Federazione italiana giochi tattici.
Agli occhi di chi non lo conosce a fondo in tutte le sue sfaccettature, questo sport può sembrare diseducativo e violento. Ma non è così. Se eseguito nel pieno rispetto delle regole, condizione che del resto va posta alla base di qualsiasi disciplina sportiva, è un'attività in grado di far sviluppare abilità di intelligenza tattica e di condivisione degli obiettivi a livello di squadra. Non a caso, viene anche usato all'interno delle esercitazioni militari come strumento di team building, problem solving e formazione aziendale.
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