(Totaleu)
Lo ha detto il Presidente di Unipol Carlo Cimbri in occasione del convegno «Il contributo delle assicurazioni alla competitività europea», che si è svolto al Parlamento Ue.
Lo ha detto il Presidente di Unipol Carlo Cimbri in occasione del convegno «Il contributo delle assicurazioni alla competitività europea», che si è svolto al Parlamento Ue.
Più costi per le imprese a causa dello Stato che è inadempiente. Non riuscendo a svolgere il suo compito di messa in sicurezza del territorio proteggendolo dalle calamità naturali, impone alle attività produttive di pensarci per proprio conto. Ecco quindi l’obbligo, in vigore da oggi, per le medie imprese con organico tra i 50 e i 250 dipendenti (escluse quelle agricole) di stipulare una polizza contro i danni provocati dalle catastrofi naturali ai beni utili ad esercitare la propria attività. Per le grandi aziende, la scadenza era già scattata il 31 marzo scorso mentre le piccole, quelle con meno di 50 occupati, e le micro con meno di 10 addetti, hanno tempo entro il 1° gennaio 2026. Per pesca e dell’acquacoltura il termine scade il 31 dicembre.
La possibilità di fare i furbetti è a proprio rischio e pericolo. Per chi è inadempiente non è prevista una multa, ma se pizzicato avrà comunque dei problemi rilevanti.
Vediamo il dettaglio. La polizza catastrofale arriva con la legge di bilancio 2024 che ha voluto mettere un punto alle spese importanti sostenute dallo Stato per frane, alluvioni, terremoti, inondazione ed esondazioni, intestando alle imprese l’onere di avere una copertura assicurativa. Il nostro Paese è sempre più flagellato da rovesci meteo estremi che impongono allo Stato interventi di risarcimento importanti che vanno a gravare sul bilancio pubblico.
Quasi il 95% dei Comuni italiani è a rischio frane, alluvioni ed erosione costiera.
L’Ania (l’associazione delle imprese assicurative) ha stimato una penetrazione assicurativa media per sisma e alluvione del 20% per le medie imprese e di circa il 60% per le grandi. Il Cineas, Consorzio universitario fondato dal Politecnico di Milano, ha calcolato che il costo per lo Stato è di circa 3,5 miliardi l’anno. Basta pensare che le alluvioni in Emilia-Romagna e Toscana del 2023 hanno provocato perdite per 800 milioni di euro. Questo perché il territorio non viene messo in sicurezza con interventi preventivi ma tutto è lasciato al caso.
Ora spetta alle aziende cautelarsi dai disastri ambientali. La polizza catastrofale tutela una vasta gamma di beni dell’attività come terreni, fabbricati e relative parti impiantistiche e strutturali, macchinari e impianti produttivi, attrezzature industriali e commerciali. Esclusi, invece, magazzino e simili (merci e prodotti): chi li vuole assicurare deve chiedere un’estensione della polizza.
L’obbligo di sottoscrizione non comprende gli eventi atmosferici quali grandine, trombe d’aria e mareggiate, che richiedono garanzie accessorie specifiche. Per i terremoti serve invece la dichiarazione di stato di calamità.
Secondo un’analisi condotta dall’istituto mUp research, le più esposte sono le piccole e medie imprese, che rappresentano oltre il 90% delle aziende attive in Italia, circa 4,5 milioni. A settembre 2024, l’istituto di ricerca ha calcolato che più di 278.000 imprese avevano riportato danni per calamità nei 12 mesi precedenti: a livello di perdite economiche, l’ammanco stimato è pari a 3 miliardi di euro, non sempre colmati dagli aiuti statali.
La norma prevede limiti all’indennizzo. Le polizze possono prevedere uno «scoperto o franchigia» con un tetto massimo del 15% del danno e limiti di indennizzo variabili a seconda della somma assicurata: per le coperture fino a 1 milione di euro resta valido il limite massimo del 15% di scoperto. Per la fascia da 1 milione a 30 milioni di euro, è garantito un indennizzo minimo pari al 70% della somma assicurata mentre per coperture oltre i 30 milioni di euro, o per le grandi imprese, il valore dei massimali o il limite di indennizzo è lasciato alla negoziazione delle parti.
Naturalmente coprirsi dai danni comporta un onere per l’impresa. Questo è il vero punto debole poiché spesso le piccole realtà, strette dalla crisi, sono alle prese con bilanci poco capienti.
Andrea Ghizzoni, managing director assicurazioni di Facile.it, spiega che il costo dell’assicurazione dipende da una serie di fattori. «Incide la rischiosità del territorio dove sono gli immobili dell’azienda e la vulnerabilità dei beni assicurati». Il manager pone tra le variabili che influenzano l’onere della polizza anche «le caratteristiche costruttive dell’immobile, il tipo di attività svolta dall’impresa, la collocazione all’interno dell’edificio e il capitale investito». Un esempio? Secondo Facile.it, ipotizzando un ristorante del valore di 300.000 euro con un’attrezzatura da 100.000 euro, sarà possibile sottoscrivere una polizza più bassa a Milano, pari a 343,50 euro mentre sarà più a cara a Roma e a Palermo, rispettivamente pari a 401 e 469 euro.
Chi non si adegua alla normativa non incorre in sanzioni ma perde contributi, sovvenzioni e agevolazioni pubbliche. Inoltre rischia di vedersi negato il credito dalle banche che possono ritenere troppo rischiosa la posizione dell’azienda.
Il ministro del Made in Italy, Adolfo Urso, ha sottolineato che «le imprese hanno la garanzia, nel caso di un evento catastrofale, di essere rimborsate in pochi giorni».
Nel 2025 il settore assicurativo europeo si conferma tra i più solidi e performanti dell’intero mercato finanziario, con una crescita superiore al 20% da inizio anno e un raddoppio delle quotazioni nell’ultimo triennio. Nel 2024 i primi 15 gruppi assicurativi europei hanno totalizzato oltre 500 miliardi di euro di utili, con un incremento del 7,6% rispetto all’anno precedente. Di questi, circa 376 miliardi provengono dal ramo danni, in crescita dell’8,9%, a dimostrazione della forza di questo segmento. L’intero settore gestisce asset per 9,5 trilioni di euro e 2,7 trilioni in fondi pensione, servendo oltre 71 milioni di clienti.
Tra i principali operatori europei, Allianz si conferma il leader per ricavi (97,7 miliardi di euro) e capitalizzazione (132 miliardi), seguita da Axa, che registra 86 miliardi di ricavi e si distingue per una forte presenza nel ramo vita e una bassa esposizione ai rischi finanziari. Zurich occupa la terza posizione, mentre Generali, con 54,1 miliardi di ricavi, mostra una delle crescite più dinamiche e rafforza la predominanza in Italia con una quota di mercato del 19% e oltre 32 miliardi di euro di raccolta.
Dal punto di vista dell’investitore, le strategie dei singoli gruppi evidenziano chiare opportunità. Axa prevede una crescita dell’utile operativo del 6-8% annuo e punta su danni, sanità e Pmi, con una politica di distribuzione del 60% dell’utile netto e riacquisti azionari pari al 15%. Allianz si propone di offrire un ritorno complessivo per gli azionisti del 75%, mantenendo un payout stabile e incrementando l’utile per azione tra il 7% e il 9% annuo. Generali, che ha investito in dati e tecnologia per migliorare i margini del ramo danni, secondo J.P. Morgan potrebbe superare le aspettative di utile nel biennio 2025-2026. La compagnia mantiene una politica di capitale attiva, con dividendi in crescita di oltre il 10% e buyback annui da almeno 500 milioni di euro, sostenuti da flussi di cassa solidi.
I punti a favore del comparto sono molteplici. La domanda assicurativa è in espansione, spinta da incertezze geopolitiche, rischi climatici e dall’invecchiamento demografico. L’Intelligenza artificiale sta rivoluzionando il settore, migliorando prezzi, selezione dei rischi e gestione dei sinistri, consentendo un taglio significativo dei costi operativi. Il contesto macroeconomico, in particolare l’aumento dei tassi d’interesse avviato nel 2022, gioca un ruolo favorevole per il ramo vita, migliorando i margini tra i rendimenti generati dagli investimenti e quelli riconosciuti agli assicurati. Ciò si traduce in una maggiore redditività complessiva.
Tuttavia, restano dei rischi da monitorare. «Una cattiva allocazione del rischio o un’insufficiente copertura riassicurativa possono compromettere la solidità patrimoniale delle compagnie. Inoltre, i coefficienti di solvibilità, sebbene robusti, sono legati anche al valore dei titoli di Stato in portafoglio, rendendo l’andamento del mercato obbligazionario un elemento da seguire con attenzione», spiega Salvatore Gaziano, direttore investimenti di SoldiExpert Scf.
Mentre l’economia globale viaggia a passo incerto, il settore assicurativo sorprende e accelera. In Europa, complice anche la protezione indiretta offerta dai dazi di Donald Trump, il comparto registra performance brillanti: dall’inizio dell’anno i titoli assicurativi segnano un balzo del 17%, con Piazza Affari che celebra i successi di campioni nazionali come Generali e Unipol.
Un tempo popolato da molteplici sigle, il listino italiano ha visto il settore ridursi progressivamente. A dettare le regole è, oggi, il modello banca-assicurativo, con gli istituti di credito e le compagnie - Poste in testa - che vendono tutto: dai conti correnti alle polizze, passando per i prodotti di risparmio. Un mix che, almeno in Italia e in Europa, continua a rappresentare un Eldorado: rendimenti elevati, rischi limitati.
A livello globale, il comparto vive un’epoca d’oro. Cresce a ritmi che non si vedevano da vent’anni e, secondo Allianz, potrebbe continuare a espandersi del 5,5% annuo per il prossimo decennio. A trainare sono soprattutto Asia e mercati emergenti: in Cina e India le assicurazioni vita volano, con volumi in salita a doppia cifra. Gli Stati Uniti, invece, restano saldamente in testa nella galassia danni e infortuni, guadagnando sempre più quote di mercato. Ma non è solo la geografia a spingere in avanti il settore. L’Intelligenza artificiale è il nuovo motore della redditività: dall’analisi dei rischi alla definizione dei prezzi, dall’elaborazione dei sinistri alla lotta alle frodi, le compagnie stanno abbracciando l’Ia per essere più efficienti e precise. E se l’Intelligenza artificiale generativa promette di rivoluzionare la gestione dei dati e la difesa informatica, servirà ancora tempo prima che raggiunga la piena maturità.
Nel frattempo, si accelera sul fronte delle fusioni e acquisizioni: queste operazioni diventano lo strumento strategico per rafforzare i margini e tagliare i costi, come dimostra la fusione tra le svizzere Helvetia e Baloise, destinate a creare il secondo colosso assicurativo elvetico. Dietro le luci, però, si nascondono anche ombre. «La cybersicurezza è un fronte sempre più critico: l’escalation degli attacchi hacker pone dubbi sulla stessa assicurabilità del rischio», spiega Salvatore Gaziano, direttore investimenti di SoldiExpert Scf. «Sul fronte climatico, l’aumento di catastrofi naturali mette alla prova le compagnie, chiamate a rivedere premi e condizioni. Finora, i grandi riassicuratori come Munich Re e Swiss Re hanno retto bene l’urto, anzi, incrementando i profitti. La loro strategia? Alzare premi e franchigie, lasciando ai clienti - spesso obbligati a sottoscrivere polizze - il conto più salato e meno possibilità di trovare offerte migliori. A risentirne è anche il ramo auto. Le tariffe salgono, complice la crescente complessità dei veicoli moderni, pieni di sensori e tecnologia che rendono ogni riparazione un salasso. Negli Stati Uniti l’impennata dei premi è già realtà e il fenomeno sta contagiando anche l’Europa», conclude.
Le imprese avranno più tempo per sottoscrivere una polizza contro le catastrofi naturali quali inondazioni, nubifragi e terremoti. Dopo lo stop della commissione Attività produttive della Camera, che ha dichiarato inammissibile l’emendamento di Fratelli d’Italia al decreto bollette, per rinviare di sette mesi la stipula di una copertura assicurativa ai disastri ambientali, ieri il tema è stato affrontato in Consiglio dei ministri.
La decisione arriva, dopo un lungo dibattito interno al governo per trovare la soluzione migliore a cui hanno preso parte soprattutto i ministri del Made in Italy, Adolfo Urso, e dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. E l’approvazione del decreto legge arriva proprio a ridosso della scadenza fissata al 31 marzo, introducendo una diversificazione in base alla dimensione delle imprese. Lo stop è differito al primo ottobre 2025 per le medie imprese e al primo gennaio 2026 per le piccole e micro. Rimane invece fermo al primo aprile il termine per le grandi imprese per le quali però non scatteranno le sanzioni.
Per ulteriori 90 giorni non si terrà conto dell’eventuale inadempimento dell’obbligo di assicurazione nell’assegnazione di contributi, sovvenzioni o agevolazioni di carattere finanziario a valere su risorse pubbliche, anche con riferimento a quelle previste in occasione di eventi calamitosi o catastrofali.
Il governo ha quindi agito d’urgenza per evitare che i due emendamenti al decreto sulla Pubblica amministrazione, presentati rispettivamente dalla Lega e da Fratelli d’Italia, fossero in balia dell’iter parlamentare. Inoltre sarebbe stato necessario che il provvedimento Pa diventasse omnibus, ovvero capace di contenere altri temi. In questo modo la decisione governativa viene blindata e non si presta a imboscate. La Lega chiedeva una proroga dell’obbligo assicurativo di nove mesi, al 31 dicembre di quest’anno.
Molte le voci che si sono levate a chiedere uno slittamento del termine. A cominciare dal presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, che ha sottolineato i problemi posti da tempi stringenti. Confcommercio inoltre ha posto il tema del ritardo nell’attivazione del portale Ivass (l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni) per la comparabilità delle offerte assicurative. Il che pone alle aziende l’impossibilità di valutare conformità e costi delle polizze sul mercato. Tutte le associazioni imprenditoriali hanno fatto un forte pressing sul governo, sottolineando che il decreto ministeriale attuativo è uscito soltanto il 28 febbraio, a un mese dall’entrata in vigore, lasciando pochissimo tempo agli imprenditori per mettersi in regola.
L’obbligo riguarda oltre 4 milioni di imprese che, secondo una valutazione di Unimpresa, dovrebbero affrontare un costo importante per queste coperture assicurative, con premi fino a 12.000 euro all’anno.
L’obiettivo del provvedimento governativo è tutelare il patrimonio aziendale con un meccanismo di protezione finanziaria, che riduca l’impatto economico dei disastri naturali e distribuisca il rischio tra aziende, compagnie assicurative e Stato. Fin qui tutto bene, solo che per le imprese, già gravate dagli aumenti del costo energetico, è un salasso.
Inoltre qualcuno potrebbe essere tentato di estendere l’obbligo anche alle abitazioni private. È più di una ipotesi. L’Ania, l’Associazione delle imprese di assicurazione, lo ha chiesto più volte e anche alla sua ultima Assemblea annuale è tornata sul tema fornendo la soluzione che vi sia «un ausilio, almeno in avvio, di incentivi di tipo fiscale». La proposta è arrivata dalla presidente dell’Ania, Maria Bianca Farina, che ha sottolineato come nel 2023 si sia registrato il massimo storico dei danni assicurati: oltre 6 miliardi, di cui 5,5 miliardi causati da eventi atmosferici e 800 milioni dalle alluvioni in Emilia-Romagna e in Toscana. Ma nonostante assistiamo a catastrofi sempre più estreme, frequenti e distruttive, gli italiani sono ancora sottoassicurati, insiste l’associazione delle assicurazioni. Dai dati Ania emerge che solo il 6% delle 35,3 milioni di unità abitative esistenti ha una copertura assicurativa contro questa tipologia di disastri, nonostante l’80% delle abitazioni civili sia esposto a un livello di rischio medio-alto dal punto di vista sismico e di dissesto idrogeologico, con quasi il 95% dei Comuni italiani a rischio frane, alluvioni o erosione di costiera. L’Ania sottolineava poi che il patrimonio delle imprese soggette al nuovo obbligo assicurativo per i rischi CatNat (catastrofi naturali) ammonta a circa 4.000 miliardi. Di questi, 2.500 miliardi sono già presenti nel portafoglio delle compagnie di assicurazioni, mentre 1.500 miliardi deriveranno da nuovi rischi.
Un balzello in più, hanno già detto preoccupati i proprietari delle case. Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia, non ha usato mezzi termini per bocciare la proposta: «L’assicurazione obbligatoria contro le calamità naturali sarebbe il colpo di grazia alla proprietà immobiliare diffusa». La norma per le imprese è una grande tentazione per estenderla sulla proprietà privata.

