2023-11-19
Sul Patto di stabilità ora Roma è più forte
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Archiviate le previsioni nefaste, il governo può affrontare la Commissione. Giancarlo Giorgetti atteso a Roma e Berlino.Dopo il fantasma dello spread e quello del governo tecnico, all’inizio di ottobre era partita la caccia dei ghostbusters di Repubblica allo «spettro» del rating. Evocando già l’arrivo dei tecnici in vista della data del 17 novembre quando l’agenzia Moody’s avrebbe deciso sull’affidabilità dell’Italia. Il 17 novembre, venerdì 17, è passato. E alla faccia degli acchiappafantasmi e degli scaramantici, Moody’s ha confermato il rating del governo italiano Baa3, un gradino sopra il livello speculativo, e ha pure migliorato l’outlook da negativo a stabile.La decisione riflette una «stabilizzazione delle prospettive sulla forza economica del Paese, la salute del suo settore bancario e la dinamica del debito pubblico», spiega l’agenzia di rating americana. Le prospettive economiche cicliche a medio termine continuano a essere «sostenute dall’attuazione del Pnrr dell’Italia, mentre i rischi per le forniture energetiche si sono ridotti, in parte grazie alla forte azione politica del governo». Anche i «miglioramenti nel settore bancario, che secondo Moody's saranno importanti, sostengono la crescita economica ciclica». A sua volta, una crescita «positiva e sostenuta del Pil nei prossimi anni riduce il rischio di un deterioramento significativo e rapido della forza fiscale». L’affermazione del rating Baa3 è sostenuta, prosegue Moody’s, «dai notevoli punti di forza economici dell’Italia, tra cui il robusto settore manifatturiero, l’elevata ricchezza delle famiglie e il basso indebitamento del settore» privato. Anche le altre tre grandi agenzie - S&P, Fitch e Dbrs - hanno confermato il giudizio sull’Italia. All’appello manca solo Scope, ma gli analisti scommettono su una conferma. Intanto, anche la fine della luna di miele coi mercati, titolo del Financial Times ripetuto come un mantra dai ghostbusters della sinistra, pare rimandata. Anzi, sempre all’inizio di ottobre a scacciare gli spettri di Repubblica e Stampa ci aveva già pensato Larry Fink, il gran capo di Blackrock, la più grande società di investimento del mondo, capace di spostare masse di milioni di dollari con un clic. Una sorta di esploratore del mercato che viene seguito a ruota dagli altri investitori internazionali. E che è il primo investitore istituzionale di Piazza Affari: con i suoi fondi gestisce oltre 100 miliardi del risparmio nazionale. Ebbene, Fink (che ha scelto Milano per iniziare il suo tour europeo) in quei giorni aveva rilasciato una lunga intervista a Milano Finanza facendo il punto sull’Italia e sul governo Meloni: «Nel primo anno abbiamo visto un governo più forte di quello che alcuni temevano, e non si può dire lo stesso di altri sistemi economici», aveva detto Fink a ottobre, mostrandosi ottimista dunque sul Paese. Venerdì la finanza Usa rappresentata dall’agenzia Moody’s ha confermato la benedizione. «È una conferma che, seppure fra tante difficoltà, stiamo operando per il futuro dell’Italia. Quindi, alla luce del giudizio espresso da Moody’s e delle altre agenzie di rating, ci auguriamo che le prudenti, responsabili e serie politiche di bilancio del governo, pur nelle legittime critiche di un sistema democratico, siano confermate anche dal Parlamento», ha commentato a caldo venerdì sera il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, esprimendo «grande soddisfazione». Vedremo domani, alla riapertura delle Borse, come la conferma di Moody’s e il miglioramento dell’outlook incideranno sull’andamento dei Btp e sullo spread. Con l’ottimismo dei big investors americani e leggendo anche le motivazioni dell’agenzia Usa, l’esecutivo può negoziare con l’Ue sul Patto di stabilità in posizione relativamente di maggior forza. La settimana sarà calda: martedì arriverà il giudizio della Commissione europea sulla manovra che dovrebbe contenere una promozione sostanziale, ma con un richiamo alla riduzione del debito e a maggiori investimenti. Sempre martedì Giorgetti volerà a Parigi e poi il giorno dopo a Berlino, in occasione del summit italo-tedesco. Mercoledì 22 riprenderà alla Camera la discussione sulla ratifica del Mes. L’Italia, ricordiamolo, è l’ultimo Paese a dover ratificare questo trattato di secondo livello ma punta a legare la firma sull’ex fondo Salvastati a condizioni di maggiore flessibilità nel computare le spese per investimenti in Difesa e transizione ecologica nel nuovo Patto di stabilità. Patto su cui il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha però espresso forti perplessità ventilando un veto del governo italiano se passerà l’attuale versione. È ormai certo che non si terrà un Consiglio straordinario dell’Economia, ipotizzato per giovedì 23 novembre per passare dal testo di sintesi spagnolo («landing zone») a una prima proposta legislativa. Si moltiplicano le ipotesi su possibili date alternative, ma sulla bozza legislativa è ancora tutto fermo. L’obiettivo resta quello di arrivare a una bozza di accordo sulla riforma del patto da portare sul tavolo dell’Ecofin decisivo dell’8 dicembre. Di certo, prima di Natale, Meloni e Giorgetti non intendono giocarsi il panettone su una tavola che rischia di essere già apparecchiata dall’Europa con a capotavola Francia e Germania. Germania che è in recessione, con alcune sue grandi banche in difficoltà e alle prese con la decisione della Corte federale che ha stabilito che la decisione del governo di riallocare 60 miliardi di debito inutilizzato dell’era della pandemia al suo fondo per il clima è «incostituzionale».