
Papa Francesco interviene sul Congresso di Verona, rispondendo a un domanda dei giornalisti sul volo che ieri lo ha portato in Marocco per il suo viaggio apostolico con doppio focus su dialogo interreligioso con l'islam e la vicinanza con la comunità cattolica locale.
«Non me ne sono occupato», ha risposto il Papa alla domanda sul Forum delle famiglie. «Ho sentito quello che ha detto il segretario di Stato: mi sembrano parole giuste ed equilibrate». Il cardinale Pietro Parolin, infatti, era intervenuto a proposito del Congresso veronese qualche giorno fa, con una dichiarazione che riportiamo integralmente: «Siamo d'accordo sul fondo, sulla sostanza, può darsi che qualche differenza ci sia sulle modalità».
Alcune agenzie di stampa e molti media italiani hanno semplificato la dichiarazione di Parolin per attribuire al Papa che a Verona «va bene la sostanza, ma il metodo è sbagliato» (così, per esempio, Fatto Quotidiano, SkyTg24 a Ansa). L'esigenza di sintesi giornalistica va forse alla sostanza, ma proprio Parolin insegna che la forma non è secondaria. Quindi basta leggere le parole felpate del cardinale e segretario di Stato per capire che non era stato proprio così tranchant, dicendo che «può darsi» che «qualche differenza» ci sia a proposito del metodo dei congressisti. Magari, dopo l'evento veronese, Parolin ha cambiato idea e dissente totalmente sul metodo, ma questo non è dato sapersi, per ora.
Tra metodo e sostanza, tra forma e sostanza, non vorremmo perderci in qualche disquisizione di natura metafisica, ma anche un tweet di padre Antonio Spadaro è intervenuto sul tema. «La cultura della #famiglia non può essere la parte strumentale di una “culture war"», spiega Spadaro per marcare subito una differenza, utilizzando una precisa etichetta che rimanda immediatamente a un'epoca ecclesiale, quella di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, in cui le battaglie culturali erano lo spazio di agibilità per la presenza dei cattolici nell'agone pubblico. «Culture war» oggi è diventato dispregiativo, e per quella stagione ecclesiale, che in Italia era incarnata dal presidente della Cei, Camillo Ruini, circola disprezzo.
Quindi, prosegue Spadaro nel suo cinguettio, questa strumentalizzazione «è un errore di metodo e dunque finisce per esserlo di sostanza». Così l'accordo con la sostanza, espresso anche dalla dichiarazione di Francesco sull'aereo ieri, va a farsi benedire perché, secondo il direttore della Civiltà Cattolica, quello del congresso di Verona è un uso «strumentale» della famiglia. «È la strumentalizzazione che trasforma l'errore di metodo in errore di sostanza», spiega in un altro tweet, «Perché ne cambia il significato. È “altro"…». Insomma la sostanza muta e Spadaro contraddice in qualche modo sia il segretario di Stato che il Papa, i quali su questa benedetta sostanza si sono detti d'accordo.
Che poi è su questa sostanza che non è d'accordo il movimento femminista, insieme a vari esponenti politici, che ieri ha manifestato per le strade di Verona a favore della legge 194 e del love is love. Francesco su questi temi come la pensa lo sanno tutti e non c'è bisogno di ripeterlo, magari avrà usato parole diverse, ma la sostanza, ancora lei, è la stessa che si è sentita in molti interventi del palco di Verona. Basterebbe essere chiari, con il giusto metodo, e tutta questo balletto di forma e sostanza evaporerebbe come neve al sole. Nessun giudizio sulle persone, ma la Chiesa, come ricordava san Giovanni XXIII, distingue tra errore ed errante. E l'aborto e il gender, tanto per citare due esempi spesso richiamati da Francesco, rientrano nella prima categoria. Di sostanza.






