2020-08-01
Sui barconi l’ipocrisia di Conte non ha confini
Se il capo del Carroccio è colpevole di sequestro di persona allora lo è pure l'avvocato del popolo. E tutto il suo primo governo, Luigi Di Maio compreso, che attuò il blocco navale. Oggi però al potere abbiamo persone come Matteo Renzi, capaci anche di negare l'evidenza.Giovanni Tria non si può certo definire un fan di Matteo Salvini. Quando entrambi erano al governo, il primo in qualità di ministro dell'Economia e il secondo alla guida del Viminale, tra i due erano scintille. Tuttavia l'ex capo di Via XX settembre l'altra sera in tv ha detto ciò che tutti sanno ma nessuno ha il coraggio di ammettere. Ovvero che la decisione di chiudere i porti alle navi delle Ong fu collettiva, cioè del governo. Certo, fu il leader della Lega a proporre la misura, ma furono Giuseppe Conte e gli altri ministri a dare via libera. Del resto è difficile credere che la decisione che porterà a processo Salvini sia stata presa all'insaputa di Palazzo Chigi. In quei giorni sulla stampa non si parlava d'altro che dello stop alle Organizzazioni non governative: complicato dunque ignorare la questione. Anzi, diremmo impossibile, anche perché all'opposizione il Pd e la sinistra radicale strillavano e anche l'Europa ci mise il becco. Dire che la decisione del blocco navale fu presa in solitudine dal ministro dell'Interno appare dunque per quel che è, ossia una grande vigliaccata, che ha il solo scopo di eIiminare per via giudiziaria un avversario politico. Noi non sappiamo perché Giuseppe Conte e i grillini decisero di appoggiare la proposta di Salvini di respingere i barconi, dirottandoli altrove. Se lo fecero per convinzione o per convenienza, cioè per evitare una crisi di governo. Sta di fatto che di fronte all'iniziativa leghista non fecero un plissé, lasciando che nelle operazioni di contrasto all'immigrazione clandestina fossero coinvolti corpi dello Stato alle dipendenze di ministeri diversi da quello guidato dal leader del Carroccio. A tentare di fermare la nave capitanata da Carola Rackete non c'era forse una motovedetta della Guardia di finanza che, come è noto, risponde al ministero dell'Economia, e non al Viminale? E lo stesso vale per le operazioni in cui è stata schierata la Guardia costiera, che non era agli ordini di Salvini ma di Danilo Toninelli, un grillino della prima ora. Ma a proposito dell'ex ministro delle Infrastrutture: in Rete circola un video in cui il riccioluto parlamentare pentastellato difende l'operato di Salvini, dicendo che le opposizioni non riusciranno a dividere il Movimento dalla Lega, perché le decisioni di bloccare le navi vengono prese insieme. Insomma, le impronte dei colpevoli di sequestro di persona - questa è l'accusa mossa al capo leghista per aver tardato a far sbarcare qualche decina di migranti - sono lì da vedere. Se è colpevole Salvini, sono colpevoli anche gli altri. Del resto, che questa fosse la politica condivisa dall'intero governo è provato anche dai cosiddetti decreti Sicurezza, che contengono la filosofia di quei mesi a maggioranza gialloblù. Le multe alle Ong, i sequestri dei barconi e, se necessario, delle navi, le misure per contenere le domande di protezione umanitaria sono tutte norme ispirate da un'unica filosofia: quella di non far sbarcare i migranti o per lo meno di farne sbarcare il numero minore possibile. Sì, tutti sapevano e tutti erano d'accordo, ma poi, rotta l'alleanza di governo, per calcolo politico le stesse persone che approvarono gli interventi anti migranti, oggi usano il caso per consegnare Salvini ai giudici, augurandosi che un processo tolga di mezzo l'avversario. In un raro momento di sincerità, perfino Renzi ha riconosciuto che Conte e compagni hanno le stesse responsabilità del senatore leghista, ma poi, con la consueta coerenza, il capo del Carroccio lo ha mandato a giudizio, mentre quello del governo se lo tiene stretto perché rappresenta la sua assicurazione sulla vita politica. Finché c'è lui a Palazzo Chigi si è sicuri che non si vota e dunque il posto è garantito: dopo non si sa. Ebbene, tutto appare una messa in scena ipocrita e grottesca. Dei migranti non importa niente a nessuno. Non a Renzi, che non tira le logiche conclusioni su Conte. Ma neanche al presidente del Consiglio, che quando si deve votare non ha fretta di far scendere a terra i profughi e neppure di cambiare i decreti Sicurezza che pure firmò, perché teme l'ira degli elettori. Pure Luigi Di Maio non è molto interessato alla questione: anche se in un'intervista ieri ha posto il problema della gestione dell'immigrazione, si capisce che il suo problema non sono gli stranieri ma lo sconosciuto che lui stesso ha portato a Palazzo Chigi, regalandogli la poltrona di premier che ora gli fa ombra. Sì, se c'è un modo di rappresentare il cinismo al potere bisogna riconoscere che Renzi, Conte, Di Maio e compagnia bella lo incarnano alla perfezione. Insieme sono la miglior immagine del trasformismo.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)