2022-03-12
Sugli scaffali il razionamento c’è già
Farina, zucchero e olio di semi iniziano a scarseggiare. Supermercati presi d’assalto in Sardegna. La pesca è ferma, mancano i mangimi. E da lunedì si bloccano anche i tir.«Dobbiamo prepararci, ma non è assolutamente un’economia di guerra. Sennò saremmo già in una fase di razionamento». Se Mario Draghi con la signora Serena stasera va a fare la spesa come tanti italiani al sabato costretti a stare molto attenti ai cartellini che lievitano come le brioches di Maria Antonietta - ultima inquilina di Versailles da dove il presidente del Consiglio ha fatto la sua perorazione - si renderà conto che i razionamenti già ci sono. A Roma il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, e il sindaco, Roberto Gualtieri, esponenti del Pd con l’elmetto, stanno decidendo di chiudere la metropolitana alle 20, di ridurre le corse dei bus e di far raccogliere l’immondizia due volte alla settimana per risparmiare sui costi dell’energia. Che i cittadini debbano arrangiarsi non è affar loro. Paolo Bianchini a nome del Mio e dei ristoratori in fallimento li sfida: «Siamo alla follia, taglino le tasse, facciano uno scostamento di bilancio e sostengano famiglie e imprese». Il governo però pare non avere capacità di manovra economica per affrontare l’emergenza. Nei supermercati sono cominciati i razionamenti di farina, zucchero, lievito, olio di semi. È partita Unicoop Firenze, ma si sta adeguando tutta la rete distributiva. In Sardegna è bastato un annuncio del blocco dei trasporti per scatenare la corsa all’accaparramento e ora gli scaffali sono semivuoti. Anche per latte, carne, formaggi, pane, pasta, prodotti da forno, sottoli e salse siamo agli sgoccioli. La ragione? Non abbiamo materie prime. Particolarmente critica è la situazione dell’olio di girasole che arriva al 70% dall’Ucraina - ne importiamo 770.000 tonnellate, la produzione nazionale non va oltre le 250.000 - che è bloccato nei porti di Odessa e Mariupol. Assitol, che è l’associazione delle aziende olearie, dice che abbiamo scorte per una ventina di giorni, poi è finito e visto che non si semina perché c’è la guerra non ci sarà neppure il prossimo anno. Con l’olio di girasole si fa di tutto; dal tonno, alla maionese passando per i grissini. Lo stesso vale per la farina, ci manca il grano ucraino e russo, ma anche e soprattutto dall’Ungheria che in barba all’Europa unita ha bloccato l’esportazione. Merce rarissima è diventato il pesce. Da cinque giorni le barche non vanno in mare causa caro gasolio e non c’è pescato locale, quello importato è già aumentato del 50%. E la situazione tende ad aggravarsi. Mancano i mangimi per gli animali, in particolare il mais che importiamo da Ungheria e Ucraina. Negli allevamenti sono già cominciati i razionamenti: gli animali - 8,5 milioni di maiali, 6,4 milioni di bovini, 6 milioni di ovini e centinaia di milioni tra polli e conigli - hanno razioni di cibo ridotte del 20%. Nelle stalle è cominciata, a partire dalla Toscana, l’alimentazione con solo fieno. Tra una ventina di giorni ci saranno abbattimenti per evitare che muoiano di fame. Già i caseifici stanno riducendo la produzione, mancherà il latte e la Cia - confederazione italiana agricoltori - stima che sulla carne ci saranno aumenti minimo del 20%. Ieri il ministro dell’Agricoltura, Stefano Patuanelli, ha partecipato a un G7 agricolo convocato d’urgenza. Molte parole, soluzioni zero anche per il futuro perché in Ucraina non si semina e far arrivare i mangimi dall’America richiede tempo e soldi e poi là usano mais Ogm, che in Italia è vietato in particolare per le bovine che fanno il latte per i formaggi Dop. Da lunedì si fermano anche i tir, il 19 ci sarà una mega manifestazione dei camion che in Italia trasportano l’80% delle merci soprattutto agroalimentari. Il governo per tutta risposta fa dire al ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese: «Il ministero continuerà a farsi garante del diritto a manifestare che però deve essere contemperato con la necessita di proteggere la continuità dei servizi pubblici essenziali e l’approvvigionamento delle merci». Al ministra - che pare pensare alla precettazione - sfugge che gli autotrasportatori sono imprenditori e non si può obbligarli a lavorare in perdita. A meno di non dichiarare che siamo in un’economia non più di mercato, ma di guerra.
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