2022-02-18
Subite di tutto e protestate per l'ombelico?
La protesta degli studenti del liceo «Righi» di Roma (Ansa)
Cari ragazzi, andate in piazza perché una prof ha fatto una battuta a una studentessa in classe, ma non avete mai detto una parola contro chi vi ha segregati per due anni. Alla vostra età bisogna volare più alto, non basta alzare la maglietta per mostrare la pancia.Per una battuta? Una semplice battuta? Perciò alzate la voce, scendete in piazza, protestate, attirate l’attenzione di tutti? Una professoressa ha detto: «Qui non siamo sulla Salaria» a una ragazza che dentro la scuola registrava balletti per Tik Tok, in abbigliamento non propriamente da educanda. Vi sembra questo oggi il vostro grande problema? La vostra tragedia? Il motivo per indignarvi e ribellarvi? Per questo vi siete presentati a scuola tutti con la maglietta corta, ombelico in vista, minigonne fucsia, calze a rete, calzini fluo e segno rosso sul viso? Davvero pensate che in quella frase ci siano i germi del sessismo e addirittura, come dite, della violenza sulle donne?Cari Sofia, Fulvio, Leila, Martina, cari studenti del liceo Righi di Roma, che avete conquistato giornali e Tv con la vostra manifestazione, ve lo confesso: personalmente io sono davvero felice ogni volta che dei ragazzi come voi mostrano vitalità, spirito di iniziativa, anche voglia di contestazione. A 16 anni di realmente brutto c’è solo l’apatia. E perciò è giusto che vi sentiate orgogliosi di esservi «fatti sentire» di aver «dato un segno», come avete raccontato ai cronisti che sono corsi in massa a narrare la vostra eroica impresa. In effetti: è giusto farsi sentire. È giusto dare un segno. L’unica cosa che mi domando è: possibile che l’unica cosa per cui vi fate sentire sia il vostro ombelico? Possibile che l’unico segno che riuscite a dare riguarda la misura delle magliette? Non c’è proprio niente altro di più importante dei calzini fluo su cui attirare l’attenzione di tutti?Per l’amor del cielo, non vorrei mancare di rispetto ai calzini fluo. E nemmeno alle minigonne. Qui ci vuole niente: un attimo, e si diventa sessisti. Non a caso la professoressa (sottolineo: professoressa, quindi donna) che ha fatto la battuta della «Salaria» si prenderà pure una sanzione disciplinare per sessismo conclamato. E a me già questo sembra un po’ eccessivo: non vorrei fare la solita parte del vecchio bacucco, ma dire che a scuola non si va vestiti come in discoteca mi pare normale. Forse, per dirlo, si poteva usare un modo più ortodosso, ma esageruma nèn: se avessero applicato lo stesso metro per le sospensioni degli insegnanti ai tempi in cui andavo al liceo io, temo che le cattedre sarebbero rimaste ben presto deserte. La frase: «Qui non siamo sulla Salaria» sarebbe stata candidata all’oscar della gentilezza, al confronto di quello che quotidianamente ci pioveva addosso. E che noi ci prendevamo senza nemmeno portare in aula l’ombrello. Figurarsi se ci venia in mente di portare in aula la minigonna fucsia.Le sensibilità cambiano, si capisce. Ma non riesco a darmi pace del fatto che delle persone così sensibili come voi, cari Sofia, Fulvio, Leila, Martina e tutti gli altri, delle persone che reputano insostenibile una battuta sulla Salaria e la censura di ombelico in vista, ebbene: non riesco a darmi pace del fatto che abbiate potuto sopportare tutto quello che vi hanno fatto digerire in questi due anni. La Dad, la mezza Dad, la super Dad, la Dad a scaglioni, la Dad a fasi alterne, la Dad senza i mezzi per fare la Dad, il rientro dalla Dad con le regole più assurde del mondo, la quarantena, l’isolamento, la discriminazione tra vaccinati e non, le norme così complicate che per capirle ci voleva la laura alla Normale di Pisa (con l’annesso dubbio: ma se uno è laureato alla Normale di Pisa perché dovrebbe ancora andare a lezione in un liceo?). E poi la chiusura delle attività sportive, le chiusure delle attività ricreative, le discoteche demonizzate, le serrate, il green pass pure per prendersi un gelato, la distruzione di ogni vita sociale: dov’era la vostra acuta sensibilità mentre vi facevano tutto questo? Come mai avete accettato ogni nefandezza in passivo e rassegnato silenzio e adesso scatenate il pandemonio perché una professoressa ha detto a una ragazza di coprirsi il pancino?Non vi capisco e non vi riconosco, cari ragazzi. La vostra è un’età difficile ma bellissima. Un’età in cui in genere si è molto generosi, aperti, coraggiosi. Si ha voglia di volare in alto. Com’è possibile allora che voi accettiate di far cadere la vostra protesta a un livello più basso dei calzini fluo? Questi due anni di pandemia vi devono aver fatto davvero male se non vi siete accorti che la vera violenza che vi hanno fatto (e in parte vi stanno ancora facendo) non è una battuta sulla Salaria. Ma, piuttosto, quella di non attrezzare le scuole come avrebbero dovuto fare, di non garantirvi la sicurezza, di non provvedere all’aerazione delle aule, di non darvi i tamponi quando era il momento, di darvi mascherine farlocche, di non predisporre un trasporto adeguato... Eppure per quello non avete mai protestato. Mai.Ora invece, all’improvviso, vi siete risvegliati. Prima vi siete sollevati perché vi hanno messo una prova scritta all’esame di maturità. Figurarsi. E ora siete scesi in piazza perché una professoressa ha fatto una battuta sull’abbigliamento di una vostra compagna. Due questioni, se mi permettete, non all’altezza dei vostri sogni. Delle battaglie che meritate di combattere. Pensateci. E fate attenzione. Perché lo so che tutti i giornaloni e le televisioni vi applaudono per questo vostro gesto di coraggio. Si capisce. Protestare per la frase di una prof non dà fastidio a nessuno. Anzi: fa chic. E mettere un segno rosso sul viso ancora di più. Ma permettetemi un consiglio da vecchio bacucco: guardate con sospetto le proteste chic. Diffidate da chi s’entusiasma nel vedervi con la minigonna e la pancina scoperta. Non vogliono dirvi la verità. E cioè che per dare davvero «un segno» dovete imparare a guardare un po’ oltre il vostro ombelico.
Francesca Albanese (Ansa)
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)