La mini serie This England arriva su Sky e in streaming su Now Tv. La somiglianza è tanto impressionante da generare spavento. Le labbra sottili di Kenneth Branagh, i suoi capelli un tempo ramati sono spariti, rimpiazzati da una zazzera bionda, fuori posto. Il volto è tondo, le guance cascanti. Gli occhi, chiusi in parte da palpebre non più tese, sono accesi dalla luce della follia. È il lampo di genio, per qualcuno, lo squilibrio, per altri. Kenneth Branagh è scomparso, Boris Johnson lo ha fagocitato. Suo è il volto, suo il modo di muoverlo, di parlare. Sua è la disinvoltura dei gesti, i piccoli tic. Kenneth Branagh è perfetto, un sosia pressoché identico di quel che un tempo è stato il primo ministro britannico. Ed è nella sovrapposizione perfetta delle immagini, nella loro simmetria, che pare perdersi ogni riferimento temporale. È ancora il 2020, quando Kenneth Branagh comincia a parlare, l’ottimismo spira ancora su un mondo che la pandemia avrebbe travolto, spietata. Comincia a Londra, This England, su Sky e in streaming su Now Tv da venerdì 30 settembre. Boris Johnson, «Al tempo, stava divorziando. Stava anche avendo un bambino. Stava per morire», ha spiegato al Guardian Michael Winterbottom, regista della miniserie in sei episodi. «C’è tanta vita personale accanto al suo essere un personaggio pubblico, un politico, accanto al dovere di rispondere ad una pandemia. Che tu sia il primo ministro, che tu faccio un altro lavoro, i tuoi figli sono la cosa più importante che tu possa avere nella tua vita. Tua moglie è la cosa più importante della tua vita. Avere un bambino è la cosa più importante della tua vita», ha detto ancora Winterbottom, come a voler giustificare la propria scelta narrativa. Una scelta particolare, figlia dell’esigenza di raccontare un uomo ed un Paese, una fase storica senza precedenti, la paura di allora, l’ottimismo che ha cercato di esserne antidoto. This England, girata prima che il Partygate travolgesse Johnson e il suo partito scegliesse di destituirlo, è stata concepita per essere un documento storico, capace di spiegare tutto: l’Inghilterra, disgraziata come nel Riccardo II di Shakespeare, Boris Johnson, colto nel suo essere umano. Un essere goffo, monomaniacale, un essere fragile e scosso, preda di dilemmi cui nulla potrà mai dire una risposta certa. Un essere che, in patria, ha procurato a Winterbottom qualche critica di troppo. This England, quel suo racconto intimo del premier che fu, non è quel che dovrebbe essere una serie televisiva, un prodotto super partes. È empatica, troppo. Prova a capire, oltre il lecito. Il Guardian s’è risentito davanti al tentativo del regista, deciso a fotografare le ragioni di BoJo, quelle che alla ragione legano l’anima. «Quando stai realizzando una storia, cerchi di farlo dal punto di vista del suo protagonista. Accetto completamente la responsabilità di tutto questo e accetto anche di essere biasimato per aver usato questa prospettiva come punto di partenza. Il presupposto della serie sta nella credenza che ogni persona abbia cercato di fare la cosa giusta. Abbiamo davvero cercato di non commentare, di non formulare giudizi di valore sul comportamento degli individui coinvolti», ha risposto al giornale Michael Winterbottom.
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