2023-05-31
Non odia la Meloni. Su Arisa si abbatte l’intolleranza Lgbt: «Rinuncio ai Pride»
La cantante insultata e ostracizzata dai talebani arcobaleno per l’apertura al premier: «Non sarò più madrina a raduni gay».Pensavo fossero unicorni, e invece erano tanti piccoli Torquemada. Si può riassumere così la vicenda di Rosalba Pippa, meglio nota al grande pubblico con il nome d’arte di Arisa. La popolare cantante, divenuta famosa nel 2009 a Sanremo grazie al brano Sincerità, in effetti è stata molto, forse troppo, sincera: in un’intervista concessa a Peter Gomez, aveva espresso un timido apprezzamento per Giorgia Meloni, la bestia nera della sinistra talebana. Che, puntualmente, non l’ha perdonata: pur essendo una madrina del variegato universo arcobaleno, infatti, le lobby Lgbt hanno posto il veto sulla presenza di Arisa al prossimo Gay pride di Milano.È stata, ieri, la stessa cantante ad annunciare la purga arcobaleno con un lungo post sul suo profilo Instagram, che vanta più di un milione di seguaci: «Cari ragazzi e ragazze, mi spiace immensamente per il momento che stiamo vivendo e spero che col tempo potremo di nuovo comunicare. Per adesso sono solo insulti pesantissimi da parte di alcuni di voi che non so come decifrare», ha esordito Arisa. Che poi ha spiegato quanto accaduto: «Oggi al mio manager è stato consigliato da parte degli organizzatori, di dirmi di non presentarmi al Pride di Milano a causa dell’ipotesi che alcuni membri della comunità possano in qualche modo mettermi in imbarazzo». Il che suona un po’ come un eufemismo per intendere una qualche forma di contestazione, più o meno blanda.«Io sarei venuta volentieri», ha proseguito la cantante, «però se ho fatto qualcosa di così tanto grave da meritare un trattamento così esclusivo, credo che non parteciperò neanche al Pride di Roma. Mi dispiace davvero tanto». Sempre rivolgendosi al mondo Lgbt citato in calce al post, Arisa si è accomiatata con queste parole: «Ma prima di salutarvi un’ultima cosa la voglio scrivere: la diversità è fatta di opinioni, di esperienze e di modi di vedere la vita. La diversità è ricchezza. Me l’avevate insegnato voi. Non condannate la gente perché non la pensa esattamente come voi». Insomma, la povera Rosalba ha provato sulla sua pelle la distanza che intercorre tra la zuccherosa propaganda arcobaleno e la ben più prosaica realtà delle cose, fatta di ipocrisia, prepotenza e intolleranza. Per averne una conferma, del resto, basta leggere le centinaia di commenti al post: una lunga sequela di accuse e insulti all’autrice di una lettera aperta sin troppo indulgente con i suoi carnefici. Ma riavvolgiamo un attimo il nastro. Che cosa aveva detto di tanto grave la malcapitata Arisa? Invitata da Peter Gomez al programma La confessione, da lui diretto su Nove, la cantante - a precisa domanda - aveva espresso la sua opinione sulla presidente del Consiglio: «Sì, la Meloni mi piace, anche se so che mi verrà contro dirlo», era stato il suo commento. «L’avevo detto anche a Le Iene», ha aggiunto, «e i miei amici mi hanno messo in guardia, dicendomi che per questo mi avrebbero dato della fascista. Secondo me lei si comporta come una mamma severa e spaventata, è mamma non solo di un figlio, ma di tre o quattro. E allora deve fare bene per tutti: a uno sembrerà sbagliato, ma ci vuole tempo e da parte nostra un cambio di atteggiamento, non di lotta ma di dialogo».Ecco, pur specificando di non essere «né di destra né di sinistra», Arisa aveva sostanzialmente consigliato al mondo Lgbt di porsi in maniera diversa: «Vorrei cercare di ampliare la rappresentanza nei media, la comunità non è fatta solo di macchiette e di cose oscene e plateali, dobbiamo smettere di spaventare». A far imbestialire la galassia arcobaleno, inoltre, potrebbe essere stata anche la sua severa bocciatura dell’utero in affitto: «La maternità surrogata è antifemminista, è contro le donne», aveva spiegato la cantante al direttore della versione online del Fatto Quotidiano. «Ho paura che tutto ciò diventi un commercio. Io non credo che un bambino possa essere acquistato come un paio di scarpe», aveva puntualizzato. A distendere gli animi non sono bastate neanche le precisazioni fatte da Arisa a Domenica in: «In questi anni sono sempre stata dalla parte di tutti i diritti e di tutte le minoranze. Io non voglio risultare come una traditrice, una voltafaccia. Sono 15 anni che sono dalla parte dei diritti Lgbt e continuerò a esserlo», ha affermato la cantante. Macché, niente da fare: sui social, i componenti del mondo arcobaleno hanno continuato ad accusarla di vittimismo e di essere una voltagabbana.Qualora ce ne fosse ancora bisogno, le lobby Lgbt hanno confermato una volta di più di predicar bene e razzolare malissimo. Hai voglia a parlare di amore, tolleranza e inclusione, se poi ci si mette a epurare chi non sposa appieno il rigido catechismo politicamente corretto. D’altronde, la tendenza è chiara: più passa il tempo e più queste minoranze rumorose diventano boriose, pretenziose, intolleranti ed esclusive. Non è un caso che, stavolta, a rimetterci le penne sia stata un’artista che molto difficilmente può essere qualificata come «di destra». Ma forse è proprio questo il dramma della sinistra: a forza di parteggiare per le minoranze, si sono persi clamorosamente la maggioranza. E anche questo Arisa sembra averlo colto: la destra, aveva confessato sempre a Peter Gomez, «mi piace perché è più chiara e diretta, gli altri non li capisco, sembra sempre che parlino d’altro». Appunto.
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