2023-10-10
Studenti (e non solo) esultano, Valditara: «Serve la prigione»
Il ministro manderà ispettori nelle scuole dove si è festeggiato l’attacco di sabato. Giustificato da Alessandro Orsini e Patrick Zaki. Cortei nelle città.Liberali per Hamas. Nel bar digitale della polemica permanente mancava solo questa surreale sfumatura. Le scuole governate dai Collettivi si mettono in testa la keffiah tarlata, gli intellettuali organici sembrano usciti dai centri sociali, la «mobilitazione» diventa «un atto democratico» e Israele passa in un amen dalla parte del torto. Il corto circuito a sinistra è totale, il ciarpame ideologico terzomondista anni Settanta fa in fretta ad avere il sopravvento sulla razionalità.Sui siti di alcuni istituti scolastici (per tutti vale l’esempio del solito liceo Manzoni di Milano) compaiono scritte sanguinarie che inneggiano all’aggressione dei terroristi islamici: «Quant’è bello quando brucia Tel Aviv», si legge in una storia su Instagram degli studenti della Kurva Manzoni Antifa, corredata da palestinesi esultanti dopo l’attacco a Israele. Il Manzoni, ormai cellula dell’ultrasinistra studentesca in servizio permanente, si distinse per «Meloni a piazzale Loreto» e «Salvini appeso» dopo la vittoria elettorale del centrodestra.Il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, a Milano in visita alla scuola ebraica per portare solidarietà, mostra di non avere tentennamenti. «Se è vero che alcuni collettivi scolastici hanno inneggiato ad Hamas e alla morte dei ragazzi israeliani, vanno perseguiti dalla legge. Farò partire immediatamente nostre ispezioni nelle scuole coinvolte chiedendo alla procura di promuovere un’azione penale per odio razziale». Cosa che avviene in serata, con un mandato alla direzione dell’Ufficio scolastico regionale della Lombardia. Il ministro non ha intenzione di deflettere e anticipa le lacrimevoli reazioni del progressista-collettivo-tendenza-mamma: «Non è plausibile che alcuni sindacati o partiti li difendano», si riferisce guardando a frange di Pd, sinistra estrema e Cobas.Poi aggiunge: «L’azione di Hamas è infame, queste persone devono essere perseguite dalla Procura e spero finiscano in prigione. Sono di mentalità nazista, personaggi che devono essere isolati e condannati senza se e senza ma. A questi studenti farei vedere le immagini di ragazze e ragazzi come loro che ballavano felici. E gli chiederei: ma tu sai cos’è la democrazia? Sai cosa vuol dire antifascismo? Antifascismo significa condannare queste cose». Chiamata in causa, Opposizione Studentesca Alternativa non fa che ribadire con parole meno violente la sua posizione: «Le parole del ministro sono false e pretestuose, dimostrano la volontà di attaccare e chi denuncia i crimini di Israele ed è per la libertà della Palestina».L’incendio divampa nei cuori a zonzo e sui manifesti. L’occasione è ottima per una serie di cortei che non si negano a nessuno, figuriamoci ai giovani attivisti che - fra uno stress da compito in classe, uno smarrimento da long Covid e l’assenza di okkupazioni all’orizzonte - devono tirare le vacanze di Morti e Santi senza studiare. Così tutti dietro i Giovani Palestinesi (gruppi composti al 90% da flanelloni italiani) impegnati nella rappresentazione plastica dell’«Intifada fino alla vittoria» da oggi a sabato in dieci città: Milano, Napoli, Bologna, Torino, Genova, Cagliari, Sassari, Palermo, Trieste, Venezia.L’Intifada Week non poteva che cominciare a Milano, dove il corteo di oggi si concluderà con un presidio davanti a palazzo Marino per l’imbarazzo del sindaco Giuseppe Sala e della sua giunta, razionalmente pro-Israele ma che fa affari con i finanziatori dei terroristi e non può pestare i calli ai centri sociali cari a Pierfrancesco Majorino, notoriamente filo palestinesi. Ci saranno anche i Queers for Palestine perché il mondo non binario entra in ogni minestrone.La sinistra di piazza è da sempre lì, all’istinto teatrale del giorno zero. Quindi al fianco dei Giovani Palestinesi che inneggiano ai massacri e dichiarano: «Ci solleviamo senza paura mentre tutti difendono il sistema coloniale sionista. La lotta non si fermerà fino alla liberazione totale». Il mondo gruppettaro ha trascorso la giornata a cercare nelle cantine e nelle soffitte gli slogan di 30 anni fa, hanno rispolverato la foto di Yasser Arafat e - senza preoccuparsi di approfondire la storia di Hezbollah - ha ricominciato a paragonare l’unica democrazia del Medio Oriente alla Germania nazista. A Torino la manifestazione s’intitola «La Palestina vive! La Resistenza vive!». A Palermo, «I popoli in rivolta scrivono la Storia», organizzata dall’associazione «Voci dal silenzio» legata all’Arci, in prima linea in ogni battaglia de sinistra, dall’accoglienza dei clandestini alla «lotta per le vittime dell’oppressione dell’uomo bianco». A Venezia il Comitato permanente contro le guerre si prepara a protestare «Dalla parte dei palestinesi» davanti alla sede Rai in campo San Geremia.Idealmente già dentro i cortei; idealmente acquartierati all’hotel American Colony di Gerusalemme (dove negli anni Novanta prendevano alloggio i giornalisti militanti con sahariana e sindrome da Hemingway) si distinguono opinion leader mediatici come Alessandro Orsini, che mette sullo stesso piano Hamas e Netanyahu («Terroristi dal basso i primi, terrorista dall’alto il secondo») e chiede a Sergio Mattarella «se si è schierato con il sanguinario dittatore che in queste ore sta massacrando i bambini palestinesi». Al fronte anche Luca Telese («Il governo segregazionista di Netanyahu ha aumentato la disperazione dei palestinesi»), artisti, cuochi, qualche vecchia zia cinematografara e piddini di terza fila come l’ex pallavolista Mauro Berruto. Particolarmente acceso è Patrick Zaki, in queste ore retwittatore seriale solo di notizie a senso unico. Dei 900 israeliani morti neanche l’ombra.
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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Chi ha inventato il sistema di posizionamento globale GPS? D’accordo la Difesa Usa, ma quanto a persone, chi è stato il genio inventore?