2022-09-06
Stop agli emendamenti all’Aiuti bis per fermare l’arrembaggio grillino
Mario Draghi (Imagoeconomica)
Il voto slitta a domani: il governo vuole prima scegliere quali modifiche inserire per poi portare in Aula un testo «blindato». L’obiettivo è arginare il M5s che vuole aumentare i fondi per navigator e Superbonus.Giornata lunga in Parlamento. La commissione si è riunita fino a tarda sera per selezionare gli emendamenti da infilare nel decreto Aiuti bis. Alla fine è stata partorita una lista di «superprioritari» che saranno girati al governo per la valutazione. Sia tecnica sia politica. A questo punto il ruolo del Parlamento dovrebbe interrompersi qui. Infatti, Palazzo Chigi e Mef hanno deciso di portare avanti la linea dura ed evitare qualunque tipo di sorpresa in grado di portare il decreto dai 15 miliardi circa licenziati dal cdm a una cifra molto più alta. Il tema gira attorno allo scostamento. Come anche La Verità aveva suggerito con la penna di Daniele Capezzone, i partiti si sarebbero potuti mettere d’accordo per inserire più fondi a favore di famiglie e imprese con l’obiettivo di fermare il caro bollette. Insomma, un’azione congiunta per bypassare il «no» allo scostamento.L’esecutivo di Mario Draghi ha stanziato dallo scorso gennaio circa 50 miliardi per le bollette, la benzina e in generale per tentare di frenare l’inflazione. Non solo non sono bastati, ma a nostro avviso serviranno a sostenere lo stesso circolo vizioso inflattivo. Ecco perché per un attimo era sembrato che i partiti, d’accordo a chiedere un nuovo importante decreto, anche a costo di fare scostamento di bilancio, potessero intervenire direttamente in Aula e sostanzialmente fare da sé e bypassare il governo. La scorsa settimana dopo una riunione tra Mef e rappresentanti dei partiti si è invece deciso di intervenire senza cambiare le coperture. Da lì la stesura di 483 emendamenti. Fino a ieri, quando i 5 stelle capeggiati da Giuseppe Conte hanno deciso di smarcarsi per inserire emendamenti a favore di normative che considerano bandiere elettorali. In primis, altri fondi per il Superbonus e per il settore dei navigator, con una spolverata di extra budget da destinare a tagli selettivi all’Iva. L’obiettivo è molto semplice. Aggiungere al calderone misure da vendersi in campagna elettorale. Non certo sostenendo di avere ottenuto la risorse, ma puntando il dito sugli altri partiti per avere affossato l’iniziativa. È chiaro che in momenti come gli attuali è difficile immaginare dispersione di risorse dal problema dell’energia. Così il governo avrebbe deciso di far slittare il voto d’Aula a mercoledì sera o, più facilmente, a giovedì. Per definire una lista di emendamenti da infilare come governativi e infine sottoporre il testo blindato al Parlamento. Non che possa essere messa la fiducia, dal momento che l’esecutivo è caduto, ma a quel punto far decadere il testo significherebbe azzerare aiuti e fondi per 15 miliardi. Una sorta di prendere o lasciare per fermare l’arrembaggio grillino che alla fine rischierebbe di inguaiare tutti gli altri partiti. Al momento resta da attendere le scelte dell’esecutivo. Spicca e vale la pena riportarlo un emendamento destinato a Trieste e al caso Wartsila. «Come abbiamo annunciato, è stato depositato l’emendamento del Pd per rendere più difficili le delocalizzazioni, nella forma più restrittiva che era stata già presentata dal ministro Andrea Orlando. Anche a fronte di recenti ingiustificabili decisioni come quella assunta da Wartsila di chiudere lo stabilimento di Trieste, confidiamo che le forze politiche convergano a difesa delle nostre capacità produttive e dell’occupazione. L’emendamento, a prima firma del senatore Misiani, ripristina una serie di condizionalità», ha spiegato la presidente del gruppo Pd, Debora Serracchiani, «e sanzioni che mirano non solo alla salvaguardia dei livelli occupazionali ma anche a riapre prospettive di cessione dell’azienda o di rami d’azienda con finalità di continuazione dell’attività». Bene riaprire il tema dal momento che i prossimi mesi rischiano di essere costellati da notizie come quella di Wartsila, ma è difficile comprendere perché i numerosi emendamenti infilati in altrettanti decreti, già dai tempi di Carlo Calenda ministro dello Sviluppo economico, non siano mai diventati legge dello Stato. E su questo il Pd, che governa quasi ininterrottamente dal 2012, qualche spiegazione aggiuntiva dovrebbe fornirla ai suoi elettori e anche al resto degli italiani.