2025-08-29
Stellantis, pure Mirafiori resta in solidarietà
Dopo Termoli e Pomigliano, anche nell’impianto torinese si rinnovano gli ammortizzatori sociali per quasi 2.300 lavoratori. I sindacati chiedono un incontro urgente col ceo Filosa e un tavolo al ministero. Intanto, il sempre loquace Maurizio Landini rimane silente.Cambiano i vertici ma nulla cambia negli stabilimenti di Stellantis. Il passaggio del testimone alla cabina di comando tra Carlos Tavares e Antonio Filosa non sembra aver portato aria nuova all’interno del gruppo. Da Termoli a Pomigliano fino a Mirafiori ci si aspetta un autunno buio. Il mercato dell’auto non riesce a risollevarsi. La crisi è a livello globale ma l’Europa ne risente maggiormente. Il Vecchio Continente è stretto nella morsa della Commissione europea che continua a essere sorda alle richieste (l’ultima quella di Acea, l’associazione dei costruttori europei) di rivedere gli obiettivi di neutralità carbonica al 2035, della concorrenza cinese sempre più agguerrita e ora anche dell’accesso difficile al mercato Usa a causa dei dazi. Le aspettative di un cambio di passo con l’arrivo del nuovo ceo, Antonio Filosa, stanno evaporando. Nei primi sei mesi dell’anno dagli stabilimenti Stellantis in Italia sono uscite il 26,9% in meno di vetture pari a soli 221.885 veicoli, con le auto che perdono un terzo delle produzioni del 2024. Di qui la necessità di ridurre il lavoro applicando gli ammortizzatori sociali, nell’attesa che il lancio di nuovi prodotti possa risvegliare il mercato.Il risultato è che ora il 62% dei lavoratori (su 32.745 addetti, 20.390, secondo i dati della Cgil) negli stabilimenti italiani di Stellantis sono in cassa integrazione o in solidarietà. Non solo. Alcuni progetti di punta come la Gigafactory a Termoli, che avrebbe dovuto fornire batterie innovative per la mobilità elettrica, sembrano scomparsi dalle strategie del gruppo. L’unica certezza nello stabilimento molisano è l’attivazione del contratto di solidarietà per i 2.000 dipendenti a partire dal 1° settembre fine al 31 agosto 2026. Una decisione presa con le organizzazioni sindacali dopo che a giugno erano stati evidenziati 200 esuberi. Dopo la chiusura della produzione del motore Fire, le linee motori rimaste sono la V6/2.0 T4 e Gse e si attende per fine 2026 il cambio elettronico eDct. «Nessuno ha il coraggio di dire chiaramente quale sarà il futuro di questa fabbrica - afferma Francesco Guida della Uilm Molise - se un domani la Gigafactory vedrà davvero la luce». Per la Uilm Molise c’è bisogno «di nuovi prodotti, di investimenti e di certezze».È una richiesta che riguarda anche gli altri stabilimenti. A Pomigliano la situazione è precipitata. Lo stabilimento che ha il 64% della produzione nazionale, ha firmato un altro anno di Cig in regime di solidarietà in deroga per 3.750 lavoratori. Pomigliano entro il 2029 dovrebbe sfornare due nuovi modelli, ma intanto deve fare i conti con i crolli di Hornet e Alfa Romeo Tonale. Secondo la Fit Cisl, anche la Panda nel primo semestre ha visto un calo del 24%.A Mirafiori, dal 1° settembre fino alla fine dell’anno scattano i contratti di solidarietà per i 2.220 addetti alle carrozzerie, i 300 delle presse, i 100 della costruzione stampi e i 334 dell’ex Pcma di San Benigno Canavese. La fabbrica torinese, duramente provata dal calo del 21,5% di vetture assemblate nel primo semestre tra Maserati e 500 elettrica, ora spera che l’avvio della 500 ibrida a novembre possa segnare una ripresa. A Melfi la situazione è ancora più critica. Il crollo del 59,4% delle vetture assemblate, scese a 19.070 unità hanno costretto al rinnovo degli ammortizzatori sociali già a giugno scorso per 4.860 metalmeccanici. I sindacati chiedono un incontro urgente con Filosa e la ripresa del tavolo al Mimit. Oltre agli ammortizzatori sociali, il gruppo cerca di alleggerire il costo del lavoro, favorendo le uscite. L’anno scorso c’è stata una vera e propria emorragia di lavoratori: gli esodi incentivati sono stati 3.700 e quest’anno ne sono stati programmati 2.352. Tra il 2024 e il 2025 sono stati dichiarati oltre 6.000 esuberi. Tra cassa integrazione, contratti di solidarietà e tagli agli organici, il gruppo Stellantis si sta trasformando in una polveriera sociale. La Cgil di categoria invoca l’intervento del governo, addossando a Palazzo Chigi le responsabilità del fallimento strategico del gruppo industriale. A livello di confederazione nazionale, parliamo del segretario generale, Maurizio Landini, c’è il silenzio più assordante. Non una parola sulla raffica di ammortizzatori sociali e sul crollo della produzione. Non una parola nemmeno sul fatto che mentre l’azienda mette in cassa integrazione e in solidarietà il 62% del suo personale, scommette sulla cinese Leapmotor con cui ha un accordo di joint venture, con i diritti esclusivi per costruire, esportare e vendere i suoi prodotti al di fuori della Cina. In virtù di questo accordo (Stellantis ha circa il 20% del brand cinese), il gruppo di Filosa, nella commercializzazione delle auto Leapmotor fornisce anche finanziamenti all’acquisto tramite Stellantis Financial Services, come ampiamente pubblicizzato sui giornali del gruppo Gedi.L’accordo di joint venture consente a Stellantis di aprire i propri stabilimenti al gruppo cinese, aggirando così le tariffe di importazione. Secondo voci sempre più insistenti Leapmotor avrebbe già scelto il sito Stellantis a Saragozza per produrre alcuni suoi modelli.
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