Parte degli investimenti da 400 milioni per l’elettrico negli Usa saranno dedicati a un nuovo motore termico per le Alfa. E anche a Termoli si punta sulla combustione.
Parte degli investimenti da 400 milioni per l’elettrico negli Usa saranno dedicati a un nuovo motore termico per le Alfa. E anche a Termoli si punta sulla combustione.Carlos Tavares ha messo la retromarcia sulla strategia green ma non può ancora dirlo apertamente. Nel piano industriale preferisce parlare di un apporto «multienergia» per i nuovi modelli Stellantis. Come dire: siamo pronti a tutto. In realtà un modo non compromettente per non dover riconoscere che il gruppo (come tutti gli altri costruttori) non sa bene che strada prendere viste le incertezze politiche che accompagnano la transizione energetica. Troppe declinazioni per una sola rivoluzione. Meglio andar cauti per evitare brutte sorprese. L’elettrico, infatti, si sta dimostrando un clamoroso bluff. Nessuno dei grandi costruttori riesce a guadagnare sulle vetture a batteria. C’è l eccezione di Tesla (ma fino a quando?) e dei costruttori cinesi che si avvalgono di ricchi contributi pubblici. Per il resto è un falò di risorse e vanità. Da qui l’annuncio a raffica di sospensione dei programmi. Non a caso la gigafactory di Termoli di Stellantis segna il passo. Martedì è previsto un nuovo incontro con il ministro Urso. Ben difficilmente emergeranno novità. Il gruppo prenderà ancora tempo con l’alibi della nuova supertecnologia in arrivo. Niente ancora però c’è di definito. L’impianto molisano continua a produrre motori tradizionali (a cominciare dal mitico Fire) e per evitare che aumentino i turni di cassa integrazione dovrà probabilmente continuare a farlo. Prima o poi servirà un chiarimento. Ma quando e come?Il problema, ovviamente si riflette sul consumatore che resta confuso sull’auto da acquistare: la batteria è ancora in fase sperimentale e soprattutto costa tantissimo. I motori tradizionali hanno prezzi molto più contenuti ma, in Europa, sono stati condannati a morte dalla transizione verde entro il 2035. Potrebbero però trovare nuova vita con i carburanti innovativi in via di sperimentazione. Sarebbero la soluzione perché consentirebbero di mantenere in vita la filiera dei propulsori tradizionali abbattendo le emissioni. Ma al momento non reggono la concorrenza di prezzo con il petrolio. In ogni caso Stellantis si muove con molta prudenza: dal programma di elettrificazione compatta resta fuori il Ram 1500, il pick up più venduto negli Usa che accanto alla versione a batteria avrà il tradizionale motore termico.Non resta che l’ibrido che tuttavia deve affrontare due incognite: la prima è il prezzo piu alto rispetto a benzina e diesel, e seconda l’incertezza sul protocollo green. In base al diktat della Ue le auto dovranno essere a emissioni zero entro il 2035. Le ibride ovviamente sono ben lontane da questo standard e quindi chi le compra adesso sa di andare incontro a progressive restrizioni sulla circolazione (valga l’esempio di Milano) e soprattutto avrà enormi difficoltà a rivendere l’usato. L’insieme di queste incognite spiega ampiamente il calo della domanda: in attesa di capire quale sarà la tecnologia vincente meglio tenere la vecchia auto qualche mese in più. Questi tentennamenti si traducono in un calo della domanda e nella tragedia per i bilanci aziendali.In ogni caso l’ibrido resta, al momento, la soluzione più gettonata. Ed ecco che tra i progetti che rientrano nel maxi-investimento da 400 milioni di dollari in Usa c’è quello relativo ad un nuovo motore turbo benzina 1.6 che molto probabilmente sarà commercializzato anche in Europa per le future auto ibride del gruppo. Lo sviluppo costerà 73 milioni.Ovviamente, spiegano gli estensori del sito, al momento si tratta solo di voci ma non possiamo escludere che questo motore possa trovare spazio anche nelle prossime due novità della casa automobilistica milanese. Del resto se in un primo momento sembrava certo che queste due auto avrebbero avuto solo motori elettrici, si è intuito negli scorsi mesi che in seguito alla caduta delle vendite qualche versione termica avrebbe potuto trovare spazio nelle future generazioni di Giulia e Stelvio.Una scelta che potrebbe piacere molto agli alfisti di antico pelo.Certo oggi è tutto cambiato ma varrà la pena ricordare che la cilindrata di 1.600 cc era la preferita dei progettisti Alfa Romeo prima della vendita a Fiat. Con questo motore, infatti debuttò nel 1962 il primo (e finora più fortunato) modello denominato Giulia. Per i tempi fu una vettura rivoluzionaria che costrinse i concorrenti (a cominciare da Bmw) a riscrivere la gamma. Quel motore, affidato alle cure dell’Autodelta (divisione sportiva della casa) divenne imbattibile sui campi di gara dapprima con i coupè Gta e poi equipaggiando la TZ2 che resta una delle icone del made in Italy a quattro ruote. Un motore a benzina da 1.600 cc su un Alfa (anche se costruito in Usa) potrebbe essere un segnale di rinascita.
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