2024-05-03
Stellantis assume in Brasile per risparmiare
Carlos Tavares e John Elkann (Ansa)
La casa automobilistica recluta la maggior parte degli ingegneri tra America del Sud, India e Marocco dove costano un quarto rispetto a Francia o Usa. Il governo va a Pechino per chiudere con Dongfeng: i cinesi vogliono aggirare i dazi, ma a noi conviene?Stellantis ha deciso di assumere la maggior parte dei suoi ingegneri in Paesi a basso costo come il Marocco, l’India e il Brasile. L’indiscrezione è stata rilanciata ieri dall’agenzia Bloomberg sottolineando che in centri come Parigi e Detroit il costo della forza lavoro può arrivare a cinque volte tanto. La scelta, aggiunge l’agenzia Usa, si colloca in un contesto segnato dal calo generale della domanda di veicoli elettrici e dai tentativi di portare sul mercato modelli Ev più accessibili per il grande pubblico. Colossi nell'elettrico come Tesla e Volkswagen stanno tagliando posti di lavoro e delocalizzando la produzione in regioni dove il costo del lavoro è inferiore, mentre la tedesca Bmw, leader nel segmento premium, sta guardando all’India per le assunzioni dei suoi colletti bianchi. In questo scenario, Stellantis starebbe dunque puntando a collocare a lungo termine quasi due terzi dei suoi ingegneri in Paesi a basso costo mentre si prepara a lanciare quest’anno 25 nuovi modelli, tra cui una piccola EV a prezzi accessibili, in Europa. Il compenso annuo degli ingegneri negli Stati Uniti o in Francia tende ad essere compreso tra 150.000 e 200.000 dollari bonus inclusi, mentre in Paesi come il Messico, il Brasile o l’India per le stesse mansioni l’azienda sborsa il 20-30% di quella cifra. Intanto, il mese scorso il management ha comunicato 400 tagli nel segmento ingegneristico nella sede di Auburn Hills, nel Michigan, per mansioni legate a calibrazione dei veicoli, elettronica e controlli, mentre sono state aperte posizioni per reclutare ingegneri elettronici in Messico. In Sud America, l’obiettivo del gruppo guidato da Carlos Tavares è quello di assumere 500 ingegneri che si aggiungeranno ai quasi 4.000 già presenti in Brasile, e che lavoreranno a progetti globali. Le mosse di Stellantis stanno alimentando le tensioni in Italia con i sindacati che anche ieri hanno chiesto una convocazione di un incontro istituzionale con governo e Tavares «per ottenere le giuste risposte che i lavoratori attendono da troppo tempo», si legge nel documento del coordinamento nazionale Uilm di Stellantis. Se la richiesta non verrà accolta, verrà proposto «lo sciopero nazionale del settore automotive alle organizzazioni sindacali con cui ci siamo già mobilitati unitariamente». Non solo. Tavares ha ricevuto un pacchetto di compensi da 36,5 milioni - il più alto tra gli ad di produttori tradizionali – e il proxy advisor Glass Lewis ha messo in guardia il gruppo da un potenziale «rischio reputazionale» per l’azienda a causa della differenza tra i compensi del top management e la pressione sul resto del personale (tutto questo mentre in Borsa ieri il titolo ha perso un altro 4,3% sull’onda lunga dei conti trimestrali).Nel frattempo, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ieri ha ribadito che «diverse case automobilistiche ritengono l’Italia uno dei Paesi più attrattivi dove realizzare automobili nella nuova economia globale che si definirà in maniera più compiuta con la nuova Commissione e la nuova legislazione europea». Secondo il Corriere della Sera, la settimana scorsa una delegazione del ministero guidata da Amedeo Teti (il capo del dipartimento del Mimit che si occupa di politiche per le imprese) è arrivata a Pechino per una serrata serie di incontri con vari produttori di auto cinesi. I colloqui sarebbero stati più specifici soprattutto con i manager di Dongfeng Motor, si è discusso delle modalità e dei termini in base ai quali il gruppo della Repubblica popolare potrebbe lanciare una filiera di produzione in Italia (ai cinesi interessa produrre in Europa anche per aggirare eventuali dazi sulle loro auto che ora sono in elaborazione a Bruxelles). Dongfeng, ha sede a Wuhan, è controllata al 100% dallo Stato.Nel caso dell’Italia, il Mimit detiene ancora la proprietà intellettuale di numerosi vecchi marchi italiani fuori produzione da oltre cinque anni che potrebbe cedere ai cinesi a poco prezzo, spiega il Corriere. Dove viene ricordato che sul fronte delle infrastrutture, i cinesi puntano ad utilizzare sempre di più i porti di Taranto e anche di Brindisi. Della presenza del Dragone nei porti pugliesi, e delle relazioni coltivate dalla Regione guidata da Michele Emiliano, La Verità ha scritto molto negli ultimi mesi. Per questo ci chiediamo: è davvero una buona idea replicare il «modello Emiliano» lungo la via della Seta sul fronte dell’automotive pur di non rimanere appesi alle bizze della Stellantis mezza francese degli Elkann? In quanto ormai dominanti sul mercato dell’elettrico, i cinesi ci legheranno sempre di più alla transizione green imposta da questa Commissione Ue che però tra qualche mese cambierà «azionariato» con i risultati delle elezioni europee. E se i piani verdi invertissero la marcia? Avremmo ormai fatto entrare un Dragone a quattro ruote interessato più ad assembleare che a produrre. Col rischio di far diventare il nostro mercato solo una testa di ponte, dove il settore della componentistica dell’elettrico (le batterie sono sempre made in China o made in Asia così come a Oriente si trovano le materie prime necessarie per la loro costruzione) e il relativo indotto non sarà mai equipollente a quello delle auto tradizionali. Siamo sicuri che sia la strada giusta?
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson