2021-08-07
Spunta pure la gogna di Stato per gli alunni non vaccinati
Le scuole potranno abolire le mascherine se in classe avranno tutti due dosi: ennesimo invito a discriminare e a violare la privacy. Con un controsenso: per gli «immuni» venuti in contatto coi positivi resta la quarantena.Il pensiero unico entra nelle scuole. E ci entra con la sensibilità di un panzer. All'articolo 1 comma 3 dell'ultimo decreto del governo, sta scritto che si potrà fare a meno delle mascherine in classe «qualora alle attività didattiche e curriculari partecipino esclusivamente studenti che abbiano completato il ciclo vaccinale o che abbiano un certificato di guarigione». Proprio così: a scuola si potranno togliere le mascherine, a patto che sui banchi regni l'unanimità vaccinale. E stavolta nel palazzo fanno sul serio: non esistono scappatoie, non c'entrano green pass né tamponi. O vaccino o mascherina. E se anche un solo bambino rifiutasse (o non potesse fare) l'iniezione? Allora nisba. Per colpa della piccola (parliamo di over 12) pecora nera, tutti imbavagliati per l'anno scolastico a venire. Un po' come nel film Full metal jacket, quando l'intero plotone è costretto ad ammazzarsi di flessioni perché la recluta «Palla di lardo», derisa da tutti, aveva infranto le regole mangiando un pasticcino. Eppure, il ministro dell'Istruzione, Patrizio Bianchi, esulta: «Invitiamo sempre a tenere la mascherina, ma se in classe sono tutti vaccinati sarà una gioia per tutti toglierla».Più che una gioia, è un trucchetto psicologico per spingere al vaccino, che è chiaro a tutti nella sua follia. Già ci immaginiamo le dita puntate, in classe, contro i ragazzini non vaccinati: guastafeste che obbligano l'intera scolaresca a indossare l'odiata mascherina. Decida il lettore come chiamare questa pazzia: gogna scolastica a norma di legge? Delazione minorile con bollino governativo? La parte surreale della faccenda è che nello stesso decreto, due righe più in alto, si specifica graziosamente che queste decisioni servono «ad assicurare il valore della scuola come comunità e tutelare la sfera sociale e psico-affettiva della popolazione scolastica». Alla faccia: per tutelare la sfera sociale dei bambini, discriminiamo quelli senza vaccino? È il metodo Montessori del governo: non potendo - o non volendo - imporre l'obbligatorietà vaccinale a un dodicenne, non resta che rovinargli la vita sociale, nella speranza di farlo sentire in colpa. I piccoli reprobi possono tranquillamente frequentare in presenza: purché dietro la lavagna, con le orecchie d'asino in testa, potenziali untori, una palla al piede per tutti. E pensare che abbiamo passato l'estate a riempirci la bocca di belle parole: inclusività, accoglienza, rispetto delle diversità. Ricordiamocelo, alla prossima campagna governativa di sensibilizzazione contro il bullismo: perché, se questo non è bullismo di Stato, poco ci manca.Senza contare un leggerissimo effetto collaterale: la riservatezza dei dati sanitari andrà a farsi benedire. Ditemi che senso ha continuare a stipendiare un Garante della privacy, nel momento in cui ogni bambino dovrà dichiarare al mondo il suo stato di salute, l'immunità vaccinale, l'eventuale guarigione, ivi comprese quelle fragilità che magari gli impediscono di assumere il siero. Persino ai ragazzi più problematici questa norma impone di squadernare urbi et orbi la propria condizione, per far sì che gli altri possano condannarti o applaudirti. Ogni mamma che abbia messo piede in una scuola italiana sa già come andrà a finire: già al primo giorno di lezione tutti sapranno chi è vaccinato e chi no. E al secondo giorno, sarà già scattata la caccia alle streghe no vax, magari con l'ausilio nefasto delle chat di classe di genitori e amichetti. Con il rischio che alla gogna scolastica si aggiunga la gogna social. Quale sarà il prossimo passo? La vaccinazione inserita in pagella? Farà media nei giudizi insieme a storia, italiano e matematica? Oppure l'inoculazione Pfizer influirà sul voto in condotta? Ricordiamoci poi un piccolo particolare: i protagonisti di questo scempio sono quasi tutti minorenni, e dunque non hanno facoltà di decidere in autonomia sul vaccino (anche se il Comitato di bioetica ha fatto capire che, solo se si vaccinano, possono contraddire la volontà dei genitori). Questo vuol dire che un ragazzo pagherà in termini sociali una decisione che ovviamente spetta comunque in buona parte ai genitori. E parliamo di milioni di studenti. Attualmente i ragazzi nella fascia 12-19 anni immunizzati con due dosi di vaccino sono poco più del 20% del totale: questo vuol dire che 3 milioni e 600.000 ragazzi italiani saranno drammaticamente esposti, loro malgrado, al giudizio dell'Inquisizione vaccinale. Alcuni di loro nascono in famiglie di squinternati no vax, e non si capisce perché i figli debbano pagare per le storture dei padri. Ma molti altri hanno dei genitori che semplicemente si sono presi tempo per riflettere, anche sulla base del fatto che gli scienziati inglesi e tedeschi non hanno promosso il vaccino in età scolare.Ma, a quanto pare, riflettere è un'attività sconsigliata dal Cts. Bisogna agire e basta, con la massima urgenza. Anche sacrificando le basi della logica. Ci hanno detto per settimane che bisogna fermare il contagio delle scuole, che tutto passa dalle scuole, che bisogna tenere d'occhio le scuole. E loro cosa fanno? Tolgono le mascherine dalle scuole. Proprio in classe, dove si sta gomito a gomito per otto ore di fila. Qual è il senso? Se, come è ormai chiaro, i vaccinati contagiano e sono contagiati, perché togliamo la mascherina agli alunni? Con quale coerenza scientifica nello stesso decreto mettiamo i vaccinati in quarantena se a contatto con un positivo (ritenendoli contagiosi: altrimenti perché?) ma consentiamo agli studenti vaccinati di girare a scuola a volto scoperto (ritenendoli in questo caso non contagiosi)? Anziché rispondere a queste domande, i virologi alla Matteo Bassetti liquidano la questione a modo loro: «Siamo in guerra: a mali estremi, estremi rimedi». Ecco, premesso che questa storia del clima di guerra sta giustificando ogni nefandezza, la domanda è un'altra: siamo proprio sicuri di voler portare la guerra anche nelle scuole? Siamo proprio sicuri di voler mandare in trincea gli alunni, schierando le famiglie le une contro le altre? Siamo proprio sicuri - lo chiediamo agli psicologi e ai pediatri italiani - che fare leva sui sensi di colpa di un adolescente sia davvero la strada più giusta? Siamo proprio sicuri che questi metodi da Germania Est possano convincere una eventuale madre no vax a vaccinare il figlio?
C’è anche un pezzo d’Italia — e precisamente di Quarrata, nel cuore della Toscana — dietro la storica firma dell’accordo di pace per Gaza, siglato a Sharm el-Sheikh alla presenza del presidente statunitense Donald Trump, del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, del turco Recep Tayyip Erdogan e dell’emiro del Qatar Tamim bin Hamad al-Thani. I leader mondiali, riuniti per «un’alba storica di un nuovo Medio Oriente», come l’ha definita lo stesso Trump, hanno sottoscritto l’intesa in un luogo simbolo della diplomazia internazionale: il Conference Center di Sharm, allestito interamente da Formitalia, eccellenza del Made in Italy guidata da Gianni e Lorenzo David Overi, oggi affiancati dal figlio Duccio.
L’azienda, riconosciuta da anni come uno dei marchi più prestigiosi dell’arredo italiano di alta gamma, è fornitrice ufficiale della struttura dal 2018, quando ha realizzato anche l’intero allestimento per la COP27. Oggi, gli arredi realizzati nei laboratori toscani e inviati da oltre cento container hanno fatto da cornice alla firma che ha segnato la fine di due anni di guerra e di sofferenza nella Striscia di Gaza.
«Tutto quello che si vede in quelle immagini – scrivanie, poltrone, arredi, pelle – è stato progettato e realizzato da noi», racconta Lorenzo David Overi, con l’orgoglio di chi ha portato la manifattura italiana in una delle sedi più blindate e tecnologiche del Medio Oriente. «È stato un lavoro enorme, durato oltre un anno. Abbiamo curato ogni dettaglio, dai materiali alle proporzioni delle sedute, persino pensando alle diverse stature dei leader presenti. Un lavoro sartoriale in tutto e per tutto».
Gli arredi sono partiti dalla sede di Quarrata e dai magazzini di Milano, dove il gruppo ha recentemente inaugurato un nuovo showroom di fronte a Rho Fiera. «La committenza è governativa, diretta. Aver fornito il centro che ha ospitato la COP27 e oggi anche il vertice di pace è motivo di grande orgoglio», spiega ancora Overi, «È come essere stati, nel nostro piccolo, parte di un momento storico. Quelle scrivanie e quelle poltrone hanno visto seduti i protagonisti di un accordo che il mondo attendeva da anni».
Dietro ogni linea, ogni cucitura e ogni finitura lucidata a mano, si riconosce la firma del design italiano, capace di unire eleganza, funzionalità e rappresentanza. Non solo estetica, ma identità culturale trasformata in linguaggio universale. «Il marchio Formitalia era visibile in molte sale e ripreso dalle telecamere internazionali. È stata una vetrina straordinaria», aggiunge Overi, «e anche un riconoscimento al valore del nostro lavoro, fatto di precisione e passione».
Il Conference Center di Sharm el-Sheikh, un complesso da oltre 10.000 metri quadrati, è oggi un punto di riferimento per la diplomazia mondiale. Qui, tra le luci calde del deserto e l’azzurro del Mar Rosso, l’Italia del saper fare ha dato forma e materia a un simbolo di pace.
E se il mondo ha applaudito alla firma dell’accordo, in Toscana qualcuno ha sorriso con un orgoglio diverso, consapevole che, anche questa volta, il design italiano era seduto al tavolo della storia.
Continua a leggereRiduci
Silvia Salis (Imagoeconomica)