2021-05-22
Sprint alla campagna. Palazzo Chigi arruola per le vaccinazioni pure la sanità privata
La novità nella bozza del dl Sostegni bis. Le dosi restano gratis Lombardia, Piemonte e Veneto però non possono accelerare«Le Regioni e le province autonome possono prevedere anche il coinvolgimento degli erogatori privati accreditati nell’attività di somministrazione dei vaccini» contro il Covid. Il comma che compare nella bozza del decreto Sostegni bis e che dà copertura normativa, a quanto spiegano fonti governative, all’attività di somministrazione di vaccini già in atto anche con il coinvolgimento della sanità privata. Se sarà confermato nel testo definitivo, verrà in sostanza consentito di effettuare la somministrazione anche in deroga alla quota ora assegnata per i vaccini.Per le Regioni si tratta di una buona notizia perché possono andare extra budget e finanziare con più facilità la procedura. Per il vaccinando non cambia nulla, nel senso che le dosi restano gratuite e la piattaforma di prenotazione è la stessa. Dal punto di vista della capacità di somministrazione, arriveranno forze di vaccinatori in più. Chi viaggia già alla velocità di crociera indicata dalla struttura commissariale - come Lombardia, Piemonte e Veneto - in questa fase non potrà utilizzare le risorse aggiuntive per accelerare ancora perché deve comunque tarare la catena logistica anche sulle forniture programmate, ma quando in autunno il numero di hub potrebbe essere ridotto con il passare dell’emergenza, allora si potrebbe passare a un sistema più capillare (e comunque, per esempio in Lombardia, gli hub vaccinali già oggi sono realizzati con il contributo della sanità privata degli IRCCS).Intanto, proprio ieri, è stato pubblicato uno studio della Fondazione Sanità Futura che per la prima volta mette a confronto i risultati della rete sanitaria pubblica e privata lombarda con il sistema sanitario nazionale e con quello delle singole Regioni, elaborando i dati del Piano Nazionale Esiti di Agenas 2017-2019 (quindi del ministero della Salute). Misurando l’efficacia delle prestazioni sanitarie relative al periodo 2016-2018, il sistema pubblico-privato lombardo registra gli esiti migliori in 34 indicatori sui 42 analizzati, pari o superiore nell’88% dei casi alla media nazionale. Un risultato al quale contribuisce tanto la sanità pubblica, superiore nel 62% dei casi rispetto alla media nazionale (26 indicatori su 42), quanto la sanità privata che ottiene una percentuale di qualità superiore alla media nazionale (32 indicatori su 42) nel 76% dei casi. La Lombardia, come sistema sanitario regionale, risulta 9 volte su 10 superiore alla media nazionale e ha un saldo attivo di oltre 100.000 pazienti provenienti da altre regioni. «La ricerca - si legge nella premessa dello studio - non intende stabilire graduatorie o classifiche di merito tra pubblico e privato o tra le varie regioni, ma valutare se e in quale misura i diversi modelli organizzativi regionali, la diversa dimensione delle strutture ospedaliere, la casistica affrontata e le differenze delle loro gestioni incidano sulla qualità delle prestazioni sanitarie erogate». Soprattutto considerando che nei prossimi mesi, quando si spera il Covid sarà diventato endemico, la vera urgenza diventerà gestire l’«arretrato non Covid» su tutte le altre patologie. L’obiettivo dello studio è infatti anche quello di invitare a una riflessione costruttiva su un sistema come quello lombardo messo in discussione dall’emergenza Covid senza una adeguata attenzione alla misurazione effettiva delle prestazioni e della qualità dei servizi. Fino al rallentamento dettato dalla pandemia Covid-19, infatti, le strutture lombarde - in base alle SDO, le schede di dimissione ospedaliera 2018 - accoglievano per oltre il 22% del totale i fuori regione, con un saldo di mobilità positivo (la differenza tra chi è uscito e chi è entrato nella regione alla ricerca di prestazioni sanitarie) di 100.641 pazienti. Sullo sfondo, la campagna vaccinale continua in ordine sparso. Tanto che, secondo indiscrezioni raccolte dal Corriere.it, il commissario Francesco Paolo Figliuolo avrebbe scritto al presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, intimando di smetterla con «annunci di azioni non coordinate preventivamente con la struttura commissariale e non inserite in un piano coerente a livello nazionale». Il rischio è «confondere l’opinione pubblica e minare la fiducia tra Regioni». Vaccinare «soggetti fragili, over 60 e cittadini che presentano comorbilità» resta la priorità, ma «questi ultimi giorni tale focus appare un po' perso di vista, nonostante in molti casi le categorie citate non siano state messe completamente in sicurezza», ha sottolineato il generale. Il problema è che è stato lo stesso Figliuolo ad autorizzare l’apertura nei confronti di una più ampia platea di soggetti, come gli under 50. Inoltre, le iniziative «eccentriche» non vengono sanzionate né indicate con nomi e cognomi. La platea dei vaccinandi prioritari aumenta ogni giorno. In alcune regioni, come in Lazio e Sicilia, stanno per partire le prenotazioni per vaccinare gli studenti che devono affrontare l’esame di maturità. E il caos continua.
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