2018-05-26
Sotto Gentiloni lo spread era un toccasana
La differenza di rendimento tra titoli di Stato italiani e tedeschi sfonda quota 200. Proprio come quando governava la sinistra. Solo che oggi i devoti dell'Europa gridano all'Apocalisse. Per loro niente si può discutere, dobbiamo solo eseguire gli ordini.Lo spread sfonda quota 200, riportano i notiziari, non era così alto dal giugno 2017. E a me viene subito un dubbio: scusate, non è che un anno fa, nel giugno 2017, era già premier Giuseppe Conte? Non è che già allora si allungava pericolosa l'ombra del governo gialloblù? Non è che già allora i mercati fibrillavano per la coppia barbara Salvini-Di Maio? Non è già allora si paventava l'arrivo del reddito di cittadinanza, della flat tax, delle cavallette, della pioggia di fuoco e dell'invasione delle rane, proprio come accade ora? Strano, perché a me pare di ricordare che, quando nel giugno 2017 lo spread sfondò quota 200, sulla tolda di comando c'era il celebrato e rassicurante premier Gentiloni. E al ministero dell'economia c'era l'Ue-devoto Padoan. E perché allora quota 200 non spaventava nessuno e invece adesso è quasi l'Apocalisse? Diciamocelo: questa storia dello spread continua a non convincere una cippa lippa. A parteil fatto che ieri, per dire, lo spread stava crescendo in tutta Europa, dalla Francia all'Olanda, dall'Irlanda al Portogallo, e in Spagna cresceva addirittura 5 volte più di noi; e a parte il fatto che i report di importanti istituti bancari avevano previsto una sua impennata ben prima della pubblicazione del contratto Lega-5 stelle, e indipendente da esso; a parte tutto questo, dicevamo, resta una questione fondamentale: lo spread non si muove in base ai meccanismi sacri del Dio mercato, come ogni tanto qualcuno vuol farci credere. Si muove in base a decisioni politiche. Perché il Giappone può sopportare un debito pubblico che sfiora il 240 per cento del Pil? Perché ha una banca centrale, che stampa moneta e, se c'è bisogno, compra tutti i titoli di Stato che servono. I nostri titoli di Stato, invece, li deve comprare la Bce. La quale agisce sulla base dei report delle agenzie di rating, che come ci informa l'economista preveggente Francesco Giavazzi, la prossima settimana ci bocceranno sonoramente. Non è fantastico?Ora, io ho massimo rispetto per le capacità divinatorie del professor Giavazzi, cui solo il mago Otelma probabilmente tiene testa. Ma ne ho un po' di meno per le agenzie di rating che negli ultimi decenni si sono mostrate delle centrali di errori mefistofelici (mai azzeccato una previsione) e torbidi interessi. E soprattutto mi pongo una domanda: ma se, a priori, ancora prima che il governo s'insedi, ancora prima che sia scelto il ministro dell'Economia, ancor prima che sia presentato ufficialmente il programma, si è già decisa la bocciatura, allora che diavolo perdiamo tutto questo tempo? Perché star lì a parlare di maggioranze, Parlamento, voto di fiducia, inutili riti della democrazia rappresentativa del cosiddetto popolo sovrano? Se l'unica politica possibile è quella del rigor Montis, benissimo: facciamoci mandare un fax da Giavazzi, vidimato da Standard's & Poor e via. Risparmiamo anche un sacco di tempo…L'altra sera in tv quell'esemplare di giornalismo tartine&champagne che è Federico Fubini, vice direttore del Corriere della Sera e membro dell'European advisory board della Open society foundation di George Soros, diceva che il ministro dell'Economia italiano deve fare una sola cosa: «Vendere titoli del debito pubblico». In altre parole, deve essere una specie di piazzista, un tele imbonitore dei Btp. Purtroppo il collega, troppo abituato ai salotti soft&drink, non ha accettato di dibattere (quando non si hanno argomenti si preferiscono i monologhi) e così non gli ho potuto proporre la mia idea, che avrebbe trovato sicuramente interessante: se davvero il ministro dell'Economia ha come unico compito quello di fare il televenditore di titoli pubblici, perché anziché Paolo Savona non mandiamo in via XX Settembre Giorgio Mastrota? Pensate che idea geniale: comprate questo materasso, vi spediremo insieme anche uno stock di Btp pluriennali…E noi, illusi, che pensavamo che il ministro dell'Economia dovesse occuparsi per l'appunto dell'economia di un Paese, cioè magari anche di farla crescere, di aumentare la ricchezza delle famiglie, di dare impulso alle imprese, di ridurre la disoccupazione… Non è così, lo abbiamo scoperto grazie a Fubini-Open society: il ministro dell'Economia deve soltanto piazzare titoli di debito pubblico. E il resto? Il resto non lo può decidere. Tanto niente può cambiare. Lo spiega chiaramente anche il presidente emerito della Corte costituzionale, Ugo De Siervo, in un'intervista a Repubblica: il principio della stabilità nell'Unione europea è sacro e i trattati non si possono nemmeno mettere in discussione. Se qualcuno per caso si facesse venire in mente qualcosa del genere, il presidente della Repubblica ha il dovere di intervenire per «tutelare la Costituzione». La quale, evidentemente, secondo l'esimio professore, stabilisce all'Articolo 1 che l'Italia è una Repubblica fondata sull'Europa, la sovranità appartiene a Bruxelles che la esercita nei modi e nelle forme previste dalla Commissione Juncker.Ma vi pare? Devo dire che è piuttosto divertente vedere come questi signori, custodi dell'Ordine europeo costituito, stiano sbroccando di fronte all'ipotesi di un governo 5 stelle-Lega. Ora, per carità, io non so se Di Maio e Salvini ce le faranno o se si schianteranno, non so se Paolo Savona diventerà davvero ministro e non so cosa riuscirà a fare. Ma è incredibile come soltanto l'idea di un cambiamento della nostra politica finora succube a Bruxelles, porti a reazioni così scomposte. E mi domando: ma se davvero avessero ragione costoro, se nulla può cambiare, se i trattati sono immodificabili, se l'1,5 per cento del deficit è una legge scritta nella pietra, se il debito è sovrano al posto del popolo, se le agenzie di rating e lo spread decidono chi può diventare ministro e chi no, e se il ministro scelto da agenzie di rating e spread non deve far altro che il Mastrota dei Btp, allora mi domando: ma perché diavolo andiamo ancora a votare? Risparmiamoci la fatica e lasciamo decidere a loro, a Bce, Giavazzi, Fubini, Moddy's e Fitch. Mentre, ovviamente, ci danno la quotidiana lezione di democrazia…
Nucleare sì, nucleare no? Ne parliamo con Giovanni Brussato, ingegnere esperto di energia e materiali critici che ci spiega come il nucleare risolverebbe tutti i problemi dell'approvvigionamento energetico. Ma adesso serve la volontà politica per ripartire.