2022-01-18
Speranza è messo all’angolo dal Tar ma se ne frega di scusarsi per i morti
La sentenza che ha demolito il suo inutile protocollo è passata sotto silenzio e chi ne parla lo fa per attaccare i giudici «che aizzano l’anti scienza». E con questo clima il ministro in tv può ignorare le domande scomode.Ormai siamo una Repubblica fondata sul doppiopesisimo. Se un giudice, un tribunale o un organo istituzionale di qualunque tipo esprime un parere contro i temibili no vax, contro uno sportivo non vaccinato o contro qualche sgradito dissidente, la notizia campeggia sulle prime pagine. Se invece, una volta tanto, arriva una sentenza o una pronuncia che si muove in direzione contraria, la reazione è automatica: silenzio pressoché totale. Come ampiamente prevedibile e previsto, la recentissima sentenza con cui il Tar del Lazio ha accolto il ricorso del Comitato cure domiciliari e ha duramente contestato l’atteggiamento tenuto dal ministero della Salute sulle terapie precoci è stata ignorata dai più. Niente titoloni, niente editoriali: oblio totale. Anzi, per la verità qualcuno si è effettivamente occupato della vicenda, ma allo scopo di inveire contro il Tribunale amministrativo, reo di dare spago ai maledetti eversori antivaccinisti. Ieri La Stampa ha offerto uno strabiliante esempio di fedeltà al regime sanitario, strillando in prima pagina un articolo di Eugenia Tognotti contro la «sentenza anti scientifica» del Tar laziale. Secondo la Tognotti, è deprecabile la «politicizzazione spinta che la questione dei farmaci ha assunto qui da noi», come se i primi a politicizzare le scelte mediche non fossero stati proprio i papaveri del ministero, Roberto Speranza in testa. A suo dire, i giudici non sono medici e dunque non dovrebbero permettersi valutazioni su questioni scientifiche, come se il mestiere del giudice non fosse esattamente quello di giudicare. Infine, dopo avere rimbrottato le toghe, la stimata editorialista emette sentenza: «Non esistono cure per la Covid-19». A questo punto sgorgano lacrime di commozione: la devozione della signora alla Cattedrale Sanitaria è ammirevole, ed è apprezzabile pure l’ostinata ferocia con cui insiste a negare la realtà in nome dell’ideologia ufficiale. Grazie al cielo, non tutti gli italiani sono idioti, qualcuno legge perfino i giornali e guarda la televisione. Dunque si è accorto, ad esempio, che il professor Massimo Galli - trivaccinato - è stato curato con i monoclonali. Ha appreso da illustri esperti, tra cui Francesco Broccolo, che esistono farmaci funzionanti (citiamo Anakinra). Ha sentito il professor Giuseppe Remuzzi dichiarare a ripetizione: «Con gli antinfiammatori il Covid si può curare a casa nella stragrande maggioranza dei casi». Vogliamo proseguire? Potremmo citare Ema e Oms secondo cui i soli vaccini non bastano ad affrontare la pandemia. Potremmo citare fior di scienziati pronti a spiegare che le cure precoci e non l’attesa e il paracetamolo salvano vite, tra questi pure la dottoressa Salmaso, intervistata proprio dalla Stampa pochi giorni fa (ma forse la Tognotti quel dì non ha comprato il giornale per cui scrive).Certo, la commentatrice ricorda che il ministero ha inserito anche i Fans e altri medicinali nelle sue linee guida. Ma, di nuovo, non siamo scemi. Le indicazioni ministeriali sono state modificate solo nell’aprile 2021. Nel frattempo, la medicina di prossimità e l’assistenza domiciliare non sono state potenziate. Tutti i media hanno continuato a ripetere che di cure non si poteva né doveva parlare. I medici sono stati lasciati in balia della burocrazia, costretti a scegliere se rischiare grosso prescrivendo farmaci o se attenersi per quieto vivere alle indicazioni ministeriali, non vincolanti in punta di diritto ma vincolanti nei fatti (ne sanno qualcosa i medici che hanno rischiato o rischiano sospensioni, e non per aver prescritto zenzero e vermifughi).In ogni caso, la sentenza del Tar - per altro durissima - pone fine a ogni discussione. Le sentenze si possono criticare, ma si rispettano e se i giudici vagliano una pratica per mesi e poi si esprimono, sono di certo più titolati di ogni giornalista e di ogni pubblicitario di regime, gente che a questo punto farebbe bene a optare per una sincera e silenziosa costernazione. Il problema vero, tuttavia, non riguarda gli irriducibili del terrorismo mediatico, bensì i politici di governo. Ci aspetteremmo che gli invasati impegnati da mesi ad accusare giornalisti e intellettuali di avere «morti sulla coscienza» si prendessero qualche minuto per riflettere sul numero di decessi che ci saremmo risparmiati se le cure precoci (quelle riconosciute, funzionanti e utilizzabili) fossero state più sostenute e rese accessibili a tutti. Ci aspetteremmo che gli imbellettati fautori del «diritto alla salute» si ricordassero che le cure sono, appunto, un diritto costituzionale, e non un vezzo da complottisti. Ovviamente, nulla di tutto questo avviene, e non avverrà in futuro. L’ideologia e l’interesse prevalgono sul bene pubblico. Al danno, poi, si aggiungono gli sputi in faccia. Il ministro Speranza, intervenuto domenica a Controcorrente su Rete 4, si è permesso di aggirare candidamente la questione Tar. Interrogato sul tema, ha ribadito che «l’arma fondamentale è il vaccino» e che «la comunità scientifica deve deliberare su farmaci, vaccini e cure. Questo è sempre avvenuto in Italia». Beh, la comunità scientifica ha deliberato che le cure ci sono e vanno usate, e persino l’Oms ha ribadito che i soli vaccini non sono sufficienti a uscire dalla pandemia. Ma Speranza fa finta che tutto ciò non esista. Ignora o liquida il tema, e prosegue dritto per la sua strada, con il suo bel bagaglio di castronerie e clamorosi fallimenti accumulati in due anni. Giorgia Meloni, giustamente, lo ha invitato a dimettersi dopo l’ennesimo, spaventoso, disastro sulle cure domiciliari. Il ministro, dal canto suo, si permette di far quello che se ne frega, potendo al solito contare sull’appoggio della stampa amica. Roba da governo di Bananas.Il punto, comunque sia, non è difendere questa o quella posizione politica. Il punto è che gli errori reiterati e spesso dolosi dei governanti italiani hanno prodotto un cumulo di morti che non ha eguali nelle nazioni civili. È di questo che Speranza e i suoi pretoriani devono rispondere. Lo facciano ora, o lo faranno dinnanzi alla Storia.
Il Gran Premio d'Italia di Formula 1 a Monza il 3 settembre 1950 (Getty Images)
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