2022-08-01
Solo vaccino? Così fanno la guerra ai farmaci anti virus
Nelle ultime settimane sono calate vertiginosamente le prescrizioni di pillole antivirali contro il coronavirus.«Giuro di non intraprendere né insistere in procedure diagnostiche e interventi terapeutici clinicamente inappropriati ed eticamente non proporzionati, senza mai abbandonare la cura del malato». È un passo del giuramento di Ippocrate, formula ripetuta da ogni medico prima di iniziare a esercitare la professione. «Giuro di curare ogni paziente con scrupolo e impegno, senza discriminazione alcuna, promuovendo l’eliminazione di ogni forma di diseguaglianza nella tutela della salute». Anche queste parole fanno parte di quell’impegno. Ma in Italia sono state rimosse, almeno per quanto riguarda la cura del Covid: nelle ultime settimane sono calate vertiginosamente le prescrizioni di pillole antivirali contro il coronavirus. A dirlo sono i dati ufficiali. Secondo il quindicesimo rapporto dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) sull’impiego di questi medicinali somministrabili a domicilio, dal 14 al 20 luglio le richieste per Molnupiravir di Merck sono diminuite del 13,01%, e quelle per Paxlovid di Pfizer sono scese del 14,77%. Un dato preoccupante. La diminuzione nelle prescrizioni arriva nel momento in cui aumentano i contagi. Farmaci efficaci non vengono usati. Fa strano osservare che da quando è stata registrata una crescita delle infezioni, questi medicinali sono stati nascosti ai pazienti. Nascosti perché nelle farmacie non mancano: le forniture alle farmacie, infatti, sia di Molnupiravir sia di Paxlovid sono raddoppiate. L’aumento è del 100,28%. Ora la domanda da farsi è solo una. Perché con una media di 1.150 morti a settimana, invece di trattare immediatamente e sempre di più i pazienti a rischio di Covid grave con gli antivirali, si frenano le prescrizioni? Difficile trovare una risposta. I dati scientifici sulla loro efficacia sono palesi. I virologi di tutta Italia da mesi si sgolano per garantirne l’efficacia. Due esempi: «Almeno il 40% dei ricoveri può essere evitato con la pillola antivirale a domicilio», ha detto qualche settimana fa Massimo Andreoni, primario di infettivologia al policlinico Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali. Andrea Gori, primario di malattie infettive al policlinico di Milano e professore all’università Statale: «Contro il Covid abbiamo farmaci efficaci. Per i pazienti fragili dovremmo usarli di più».Insomma, gli antivirali si sono rivelati fondamentali ma ci sono ancora medici di famiglia che li negano continuando a prescrivere antibiotici. Ma c’è di più. Ignorando questi medicinali, si rischia anche un danno economico. Finora è stato utilizzato solo il 10% dei 600.000 cicli di farmaci antivirali acquistati dall’Italia per la terapia anti Covid e quelli non prescritti scadranno entro l’anno. In cinque mesi potremmo veder bruciare circa 500 milioni di euro. Con l’inizio di novembre moltissime scatole di queste medicine inizieranno a scadere ed è veramente assurdo che non si faccia nulla per correggere il tiro. Eppure, se utilizzati nel modo giusto, gli antivirali potrebbero aiutare a evitare molti ricoveri, che sono in risalita, e anche a limitare il numero dei decessi. A oggi ne sono stati utilizzati poco più di 70.000, appunto circa il 10% di quelli ordinati dall’Italia. Ancora più assurdo pensare che tra meno di 6 mesi scadranno tutti. Le distonie non si fermano qui. Un altro problema è il loro mero utilizzo medico. Questi farmaci, infatti, vanno somministrati entro 5 giorni dalla comparsa dei sintomi e sono indicati per trattare le forme lievi e moderate. Invece sta accadendo troppo spesso che i medici di medicina generale tendano a prescriverli quando i sintomi sono gravi. E come se non bastasse, negli ospedali la somministrazione è molto bassa perché i pazienti arrivano di solito dopo i 5 giorni dalla comparsa dei sintomi. Tradotto: è tutto sbagliato. Un caos.I medici di famiglia sono poco informati perché questi farmaci sono esclusi dagli aggiornamenti formativi: i farmaci autorizzati in maniera non definitiva all’immissione in commercio non possono essere accompagnati da corsi di formazione. E qui arriviamo all’ennesima stortura della nostra Agenzia del farmaco che ha autorizzato i farmaci anti Covid in via emergenziale rendendo, così, troppo farraginoso il percorso per poterli usare. Un sottoutilizzo inspiegabile, visto che l’accordo dello scorso febbraio per la fornitura di 600.000 dosi l’anno messo a punto da ministero della Salute e Aifa era frutto di una stima prudenziale. In altre parole, l’ordine di questi medicinali era stato effettuato senza voler esagerare nei numeri per evitare sprechi e mancati utilizzi. La quantità scelta era stata tarata sull’andamento dei casi e sulle stime di quanto sarebbero aumentati nel corso dell’anno.Non c’è motivo, dunque, a queste mancate prescrizioni. Neanche quella economica. L’idea di risparmiare risorse pubbliche, infatti, utilizzando un trattamento in meno non ha nessun supporto logico visto che parliamo di farmaci pre-acquistati. E non si può neppure avere paura degli effetti collaterali. Tutti gli scienziati sono stati chiari. Non se ne vedono, se non disordine intestinale e un certo sapore metallico in bocca nei primi due giorni. In compenso la replicazione del virus si abbatte. I miglioramenti sono repentini. Le polmoniti che causano insufficienza respiratoria grave ormai sono rare. Quindi, ora il coronavirus uccide indirettamente le persone molto fragili, in cui tre giorni di febbre a 39 rompono un equilibrio che non si recupera più. Per queste persone i farmaci antivirali sarebbero importantissimi.In Italia pare ci sia quasi un embargo per l’espressione «farmaco anti Covid». Oggi gli antivirali, ieri Anakinra, l’altro ieri gli anticorpi monoclonali. In nome del vaccino, in Italia la cura è stata dimenticata. Si parla soltanto di prevenzione vaccinale, mai di cura nonostante la scienza medica si occupi di entrambe. Era il settembre 2021 quando la trasmissione di Rete 4 Fuori dal coro fece conoscere a tutta Italia Anakinra, farmaco in commercio da vent’anni, usato per trattare l’artrite reumatoide e altri gravi patologie infiammatorie, e che - nessuno diceva - riusciva a ridurre la mortalità da Covid del 50%. Chi di dovere sapeva da mesi di questo medicinale, c’erano due richieste ufficiali ad Aifa di altrettanti ospedali italiani, ma stranamente erano rimaste nei cassetti dell’Agenzia del farmaco. In questi documenti c’era scritto tanto, troppo. La diminuzione della mortalità relativa arrivava al 55%. La percentuale dei pazienti che avevano ottenuto la guarigione entro 28 giorni superava il 50% mentre il numero di pazienti con malattia grave stazionaria era stato ridotto del 54%. Incredibilmente tutto questo fu ignorato. Servì un’inchiesta giornalistica per farlo emergere. E nonostante ciò, esso è rimasto un farmaco inutilizzato. La storia degli anticorpi monoclonali, poi, è ancora più assurda. Il 29 ottobre 2020 una famosa casa farmaceutica offrì gratuitamente 10.000 dosi di monoclonali al nostro ministero della Salute che, inspiegabilmente, rifiutò. Dopo qualche mese, sotto la pressione mediatica, tutte quelle fiale furono comprate dal ministro Roberto Speranza a peso d’oro, tanto che la Corte dei conti, altro scoop di Fuori dal coro, aprì un fascicolo per danno erariale.Una follia, visto che già a ottobre 2020 decine di studi certificavano l’efficacia dei monoclonali. Un’assurdità scoprire, poi, che più passava il tempo e meno venivano usati nonostante ne fossero state acquistate migliaia di dosi. E qui sì che abbiamo fatto scadere molte fiale, le abbiamo buttate via e persino le abbiamo regalate ad altre nazioni. Una sorte che sembra destinata agli attuali antivirali. Sbagliando s’impara, diceva qualcuno. Non in Italia e non per il Covid. O forse, tutto è sacrificabile in nome del vaccino. La medicina, però, è chiara. Per ogni malattia può esistere un vaccino ma parallelamente esistono cure. Perché in Italia quando si parla di Covid sembra che questa regola non valga? Eppure è la scienza a parlare. Ma in questa pandemia più che gli scienziati abbiamo sentito parlare i politici. Peggio. Hanno deciso i politici. Allora può far bene rimembrare un’antica frase: «Le verità scientifiche non si decidono a maggioranza». Parola di Galileo Galilei.
«Murdaugh: Morte in famiglia» (Disney+)
In Murdaugh: Morte in famiglia, Patricia Arquette guida il racconto di una saga reale di potere e tragedia. La serie Disney+ ricostruisce il crollo della famiglia che per generazioni ha dominato la giustizia nel Sud Carolina, fino all’omicidio e al processo mediatico.