2024-07-21
Soldi pubblici a valanga al festival antifamiglia
Le «performance» pro Lgbt organizzate a Santarcangelo
Quasi 800.000 euro (pure dal ministero della Cultura) alle performance pro Lgbt e contro mamma e papà.Fondi pubblici a pioggia contro «il mito della famiglia tradizionale, bianca, eterosessuale e cattolica» e «la violenza dell’eteronormatività», con spettacoli accomunati da una parola d’ordine: «Decostruire». È quanto avvenuto per il Santarcangelo Festival, la cui cinquantaquattresima edizione - tenutasi dal 5 al 14 luglio scorso nella cittadina romagnola guidata dal sindaco Filippo Sacchetti del Pd - ha visto vari spettacoli che, già per come sono stati presentati sul sito della manifestazione, tutt’ora consultabile, hanno un chiaro sapore ideologico. A meno che non si voglia qualificare diversamente La gouineraie di Rébecca Chaillon e Sandra Calderan, «una performance» che, per decostruire la famiglia, «mostra come il femminismo e la “gouinerie” (lesbismo) possano salvare la vita quando si cresce nella rigidità di un ambiente rurale».Altre singolari «performance» sono poi state Nurture di Samuli Laine - che «decostruisce le tradizionali attribuzioni di genere associate alla cura», con un richiamo all’«allattamento al seno», quasi esso sia una pratica da «decostruire» -, Pas de deux di Anna-Marija Adomaityte, che evoca «la violenza dell’eteronormatività», e Repertório n.2 di Davi Pontes e Wallace Ferreira, «che esplora la danza come forma di autodifesa» anche per liberarsi dai «vincoli coloniali, razziali e cis-eteropatriarcali presenti nel pensiero occidentale». There is nothing deeper than one’s own body di Elena Rivoltini è stato, invece, uno spettacolo imbastito «partendo da una prospettiva femminista, incarnata e intersezionale», mentre in Lessons for cadavers della coreografa brasiliana Michelle Moura «riecheggiano la paura e l’odio diffusi negli anni passati da un governo di estrema destra». Tutti eventi, come si accennava in apertura, pagati con i quattrini dei contribuenti e neppure pochi: quasi 350.000 euro da parte della Regione Emilia-Romagna (349.500 euro, per l’esattezza), con anche il patrocinio del Comune e dello Stato, i quali già lo scorso anno avevano stanziato rispettivamente 170.000 e 225.000 euro, e viene da immaginare che, pure in questa edizione, possano aver fatto la loro parte in misura analoga. A sollevare il caso è Matteo Montevecchi, consigliere regionale ex Lega ora del gruppo indipendente, che - incredulo dinanzi a cotanti patrocini - ha annunciato la presentazione di una interrogazione alla giunta dell’Emilia-Romagna «per chiedere se ritiene che sia stato opportuno finanziare, ancora una volta, tramite lo stanziamento di 349.500 euro, la propaganda pseudo-progressista e se ritiene di finanziare anche le prossime edizioni propagandistiche del Santarcangelo Festival o se in alternativa (e sarebbe anche ora) preferisce investire certe risorse per incoraggiare arte e cultura veramente libera». Montevecchi punta il dito contro una manifestazione che definisce di «pseudo-cultura come al solito».In effetti, posto che nessuno vuol certo porre limiti all’espressione artistica, è difficile non scorgere un filo rosso, anzi arcobaleno, in un festival in cui si è guardata la famiglia come un «mito» e si è considerata «la violenza dell’eteronormatività», con l’impegno a «decostruire» praticamente qualsiasi valore o istituzione tradizionale.Il consigliere regionale manifesta, inoltre, il suo stupore per l’appoggio a tutto ciò da parte dello Stato; in effetti, pare singolare che tra i partner istituzionali di una simile manifestazione - com’è riportato sul sito internet della stessa, Santarcangelofestival.com - figuri anche il ministero della Cultura guidato da Gennaro Sangiuliano. Un appoggio ministeriale accordato distrattamente, dato il tenore del festival, oppure, come ipotizza Montevecchi, un «caso di complesso di inferiorità culturale nei confronti di coloro che pretendono di avere il monopolio dell’arte e della cultura»? Non è chiaro, così come non è chiaro, in realtà, se il partenariato ministeriale sia stato, o meno, accompagnato dallo stesso generoso finanziamento degli scorsi anni. Quel che è certo è che il Santarcangelo Festival, con il programma, gli artisti e soprattutto i contenuti riportati poc’anzi, è senza dubbio stato ben lontano non solo da una visione conservatrice, ma anche dal senso comune. Le stesse fotografie delle «performance», nelle quali le nudità non mancano per usare un eufemismo, denotato una matrice ideologica e di finta provocazione. Nell’epoca della fluidità non solo come la intendeva il sociologo Zygmunt Bauman, ma pure della fluidità dei corpi e delle identità, non c’è nulla di più conformista che mettere alla berlina la famiglia «tradizionale, bianca, eterosessuale e cattolica» e tutto ciò che è ad essa collegata.Ciò che sfugge gli artisti con il pallino del «decostruire» - e agli amministratori pubblici, Pd in testa, che ne finanziano con entusiasmo gli spettacoli e non solo a Santarcangelo - è che oggi un’arte che volesse davvero provocare, dovrebbe non già assecondare bensì sfidare l’antropologia fluida; in una parola: ricostruire.
Francesca Albanese (Ansa)
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)