2020-09-12
Sogin: 900 milioni da smantellamento centrali nucleari
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L'immagine dei Ragazzi di via Panisperna è la nota nostalgica di partenza ma poi la presentazione del Piano industriale 2020-2025 da parte dell'ad Emanuele Fontani è fatta di concetti chiari e concreti: efficienza, cambiamento, responsabilizzazione, nessuna gara deserta, niente fermi di cantiere, tecnologia, valore di produzione in linea con il piano dei costi.Con il nuovo piano, infatti, Sogin ha fissato gli obiettivi strategici per rafforzare il know-how e migliorare l'avanzamento nel decommissioning nucleare (il 92% del valore di produzione) attraverso un nuovo modello organizzativo. Lo smantellamento delle centrali nucleari italiane e la gestione dei rifiuti radioattivi resta, infatti, il core business della società interamente partecipata dal Ministero dell'Economia che opera in base agli indirizzi strategici del Governo. Nata nel 1999 Sogin è diventata Gruppo nel 2004 con l'acquisizione del 60% di Nucleco SpA, l'operatore nazionale qualificato per la raccolta, il trattamento, il condizionamento e lo stoccaggio temporaneo dei rifiuti e delle sorgenti radioattive provenienti dalle attività di medicina nucleare e di ricerca scientifica e tecnologica. L'accelerazione sull'opera di decommissioning parte dallo smantellamento dei vecchi reattori nucleari delle centrali di Trino Vercellese e del Garigliano e, in particolare l'ad Fontani ha messo in programma «avanzamenti nel decommissioning per oltre 900 milioni di euro, con un picco di attività nel biennio 2022-2023» dovuto, appunto, all'avvio dei lavori nei due siti piemontesi e campano e alla realizzazione del Complesso Cemex a Saluggia. Tale pianificazione consentirà il raggiungimento degli obiettivi previsti dal nuovo Piano a Vita Intera, determinando una crescita del valore medio delle attività, dai 62 milioni di euro registrati nel periodo 2013-2019 ai 151 milioni di euro nell'arco di Piano (+144%). Peraltro, nel confronto delle centrali nucleari comparabili con quelle gestite da Sogin si evidenzia che le stime dei costi di decommissioning per i siti italiani sono assolutamente in linea con quelli esteri. «Il nuovo Piano Industriale del Gruppo Sogin» ha detto Fontani presentandolo, «punta a migliorare le nostre performance nel decommissioning nucleare e a integrare i principi di sostenibilità sociale, ambientale ed economica nei nostri processi industriali e produttivi, in un'ottica di economia circolare e di valorizzazione delle competenze distintive del Gruppo. Questo Piano ci consentirà, inoltre, di accrescere il nostro presidio a servizio del Paese nel settore del decommissioning e delle riqualificazioni ambientali. Sono certo che le donne e gli uomini Sogin, tecnici altamente qualificati, sapranno rispondere con professionalità e determinazione alle sfide che ci attendono nei prossimi anni». L'obiettivo del Gruppo è quello di valorizzare le competenze ad alto profilo tecnico, responsabilizzare "ogni professionalità" sempre nell'ottica della salvaguardia dell'ambiente e la sicurezza dei cittadini, organizzare, dunque, risorse e processi, ma soprattutto innovare i processi (industria 4.0) anche dopo l'esperienza fatta durante il lockdown per l'epidemia da Covid 19. Nel frattempo c'è l'impegno a rafforzare l'esperienza all'estero: Sogin opera in 17 Paesi nelle attività di decommissioning nucleare e gestione dei rifiuti radioattivi, contando circa 700 clienti in portafoglio negli ultimi 5 anni.L'unica attività del Gruppo "ferma" è il Deposito Nazionale considerato nella dettagliata analisi programmatica del Gruppo una "criticità esterna". «Rimane un punto interrogativo» ha ammesso l'ad in attesa del via libera alla Cnapi (la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee)». «Noi siamo il braccio operativo che rispetta la volontà di ministeri e governi che decidono l'azione». Parlare di tempi è inutile: «Il deposito nazionale è un progetto già fatto, definito tecnicamente ma manca un elemento essenziale: dove sarà realizzato. È ovvio che la non decisione può creare problemi, ma il deposito nazionale è una necessità ed è un diritto degli italiani averlo», ha affermato convinto l'ing. Fontani.
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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Piergiorgio Odifreddi (Getty Images)