2025-07-18
Bibi: «Se serve, altri raid in Siria». Ma Riad condanna le operazioni
Damasco, il palazzo del ministero della Difesa danneggiato dal raid israeliano (Ansa)
Sono almeno 516 le vittime degli scontri tra drusi e beduini a Sweida, nel Sud del Paese. Al-Sharaa punta il dito contro il premier ebraico: «Vuole disgregarci». L’esercito regolare si ritira e affida la sicurezza a forze locali.In Siria, almeno 516 persone hanno perso la vita nella provincia meridionale di Sweida durante i violenti scontri tra la comunità drusa e i beduini, che hanno visto anche il coinvolgimento delle forze governative. Il nuovo bilancio delle vittime è stato reso noto dall’Osservatorio siriano per i diritti umani (Osdh), con sede nel Regno Unito. In un discorso televisivo trasmesso in concomitanza con gli ultimi sviluppi nel Sud del Paese, il presidente siriano Ahmed al-Sharaa - meglio conosciuto con il suo nome da jihadista Abu Mohammad al-Jolani - ha puntato il dito contro Israele, accusandolo di voler seminare instabilità all’interno dei confini siriani. «L’entità sionista», ha affermato, «non ha mai cessato di tentare di compromettere la nostra stabilità e di alimentare conflitti interni sin dalla caduta del regime di Assad». Secondo al-Sharaa, il vero intento di Israele sarebbe quello di trasformare la Siria in un territorio disgregato e in preda al caos. Anche l’erede al trono saudita, Mohammed bin Salman, in un colloquio con al-Sharaa ha condannato gli attacchi di Israele sul territorio siriano e «l'ingerenza nei suoi affari interni». Il presidente ha affermato che, di fronte alla possibilità di uno scontro diretto con lo Stato ebraico, Damasco avrebbe scelto di tutelare l’interesse nazionale, affidando la sicurezza dell’area di Sweida alle forze locali e ai vertici religiosi della comunità drusa. «La difesa dei vostri diritti», ha dichiarato rivolgendosi ai drusi, «rappresenta per noi una priorità assoluta». Affermazione grottesca, se si pensa che disse lo stesso a proposito degli oltre 1.200 alawiti massacrati dalle sue milizie nei mesi scorsi. Al-Sharaa ha poi lanciato un avvertimento contro quelle fazioni che, a suo dire, «cospirano per spingere la Siria verso scenari pericolosi». Aspetto non secondario è la strategia dell’esecutivo che prevede l’inserimento nelle forze armate di miliziani appartenenti ad alcune delle fazioni jihadiste più temute al mondo. Tra questi figurano circa 3.000 combattenti del Partito islamico del turkestan (Tip) - una formazione jihadista guidata da uiguri e affiliata ad al-Qaeda - che sono stati arruolati nel nuovo esercito siriano sotto il coordinamento diretto di Al-Sharaa.Il presidente siriano ha quindi confermato il ritiro delle forze governative da Sweida: «Abbiamo affidato la sicurezza della provincia alle componenti locali e ai leader religiosi drusi, riconoscendo la delicatezza del momento e la necessità di evitare che la Siria venga trascinata in una nuova guerra». Ha ribadito le accuse a Israele di voler alimentare divisioni interne, sostenendo che «il popolo siriano non teme un nuovo conflitto», ma che l’interesse del Paese viene prima della distruzione. Le sue dichiarazioni sono giunte poche ore dopo che una fonte del ministero della Difesa siriano, citata dall’emittente Sham Fm, ha confermato l’avvio del ritiro delle truppe governative dalla città di Sweida. Contemporaneamente, la sicurezza è stata affidata a forze interne composte da membri della popolazione locale. Pronta la risposta di Benjamin Netanyahu, che in un video diffuso dal suo ufficio ha affermato che Israele proseguirà nell’impiego della forza militare per garantire il rispetto delle sue due linee rosse in Siria: «Smilitarizzare l’area a sud di Damasco, dalle alture del Golan fino ai monti drusi, e tutelare i fratelli dei nostri fratelli, i drusi». Il premier ha accusato il regime guidato da al-Sharaa di aver infranto entrambe le linee: «Ha schierato un esercito a Sud di Damasco e ha dato inizio al massacro dei drusi. Era per noi del tutto inaccettabile». Secondo Netanyahu, il cessate il fuoco proclamato dal regime «è stato imposto con la forza». E ha aggiunto: «Continueremo a intervenire, se necessario». Netanyahu ha concluso il suo intervento condividendo un appello che lo ha profondamente colpito negli ultimi giorni: «Lo sceicco Muafak Tarif, guida spirituale della comunità drusa in Israele, mi ha contattato e mi ha detto: “Durante l’Olocausto, quando stavano massacrando voi ebrei, avete chiesto aiuto ma nessuno è venuto. Oggi stanno massacrando noi, i drusi, e chiediamo l’aiuto dello Stato di Israele”». Il premier ha commentato: «Aveva ragione. Siamo intervenuti e continueremo a intervenire, ogni volta che sarà necessario». Lo sceicco Yosef Jarboua, rappresentante della guida spirituale dei drusi siriani, ha confermato che è stato raggiunto un accordo di cessate il fuoco tra le forze governative e le milizie druse presenti nella provincia di Sweida. Secondo Jarboua, l’intesa prevede l’integrazione della provincia all’interno della struttura statale siriana. In parallelo, il ministero dell’Interno ha annunciato l’installazione di posti di blocco agli ingressi della città per ristabilire il pieno controllo governativo. Tuttavia, all’interno della comunità drusa non manca il dissenso. Lo sceicco Hikmat al-Hijri, esponente della corrente più intransigente della leadership religiosa drusa, ha negato l’esistenza di un’intesa. «Non esiste alcun cessate il fuoco», ha dichiarato. «Esortiamo alla resistenza contro le bande armate e terroristiche che sono venute a massacrare il nostro popolo e a cancellare la nostra identità». Al-Hijri ha quindi rivolto un appello diretto ai gruppi armati: «Le milizie devono deporre le armi e arrendersi. Chi lo farà sarà posto sotto la nostra protezione e non subirà né umiliazioni né ritorsioni».
Il ministro della Salute Orazio Schillaci (Imagoeconomica)
Orazio Schillaci e Giuseppe Valditara (Ansa)