2024-11-30
Pd, collettivi, Arcigay e pro Pal. L’ex Fiom salda l’ammucchiata rossa
Elly Schlein in corteo a Roma durante lo sciopero generale del 29 novembre (Getty Images)
La Schlein intona «Bella ciao» con i manifestanti, ma non condanna gli studenti che provocano disordini e chi sparge odio contro Israele. Si punta a mettere insieme atenei e antagonisti ma è tutta una contraddizione.Il Pd, i collettivi studenteschi, i centri sociali, i pro Pal: ci voleva un ex metalmeccanico - Maurizio Landini - per completare la saldatura della sinistra, dopo una lunga diaspora, sotto l’egida del sindacato.L’immagine simbolo della giornata somiglia al remake di una vecchia pellicola: Elly Schlein intona l’intramontabile Bella ciao con i manifestanti di Cgil e Uil, al corteo romano che ha sfilato tra l’Esquilino e i Fori imperiali. La segretaria dem ieri è scesa in piazza a sostegno dello sciopero generale: «Parte da una difficoltà di lavoratrici e lavoratori che il governo continua a ignorare», ha tuonato, bocciando «una manovra che taglia la sanità pubblica, che taglia la scuola, che ha mancato le promesse di aumento sulle pensioni, che non ha investimenti per il futuro, che non prevede il rinnovo di quei 5 milioni di lavoratori e lavoratrici che attendono il rinnovo contrattuale. Il governo, da quando si è insediato, non ha fatto che rendere più precario il lavoro». L’esecutivo avrà preso esempio dai progressisti: le leggi sul precariato le hanno concepite, promosse e approvate loro, diversi anni or sono.I conti con il passato forse non sono chiusi, il cerchio dell’opposizione sicuramente sì. Il suggello è la convergenza delle multiformi organizzazioni sociali chiamate a raccolta dalla Schlein. La quale, al prezzo di ribaltare la realtà, si è seduta al tavolo con l’Udu, ha accusato la destra di voler reprimere il dissenso e, intanto, ha ignorato la censura dei pro vita alla Statale di Milano. Allo stesso modo, ieri, non ha trovato parole per condannare i disordini di Torino, dove, assieme ai lavoratori, hanno protestato studenti e attivisti anti Israele. Era il codazzo di «opposizione sociale» della manifestazione, indignato per «il genocidio in Palestina» e in verità critico pure con i sindacati stessi: «Non hanno capito», scandiva la leader del movimento di irrequieti, «che la causa della crisi è l’economia di guerra. Siamo contro governo, Europa e Nato». E pure contro le forze dell’ordine, a giudicare dagli striscioni che chiedevano «Verità e giustizia per Ramy», il diciannovenne egiziano morto al Corvetto di Milano, a causa di un incidente, dopo l’inseguimento di una pattuglia dei carabinieri. Proprio il capoluogo lombardo ha offerto l’ennesima prova della varietà ideologica espressa nel maxi sciopero: i Cobas hanno ricordato il ragazzo «ammazzato dai carabinieri», invitando il sindaco a vergognarsi per aver abbandonato le periferie e assicurando al governo che «non abbiamo bisogno di 600 carabinieri i più», tutti «possibili assassini». In città, come a Torino, non potevano mancare 1.500 pro Pal, capaci di mescolare la lotta per il «salario» a quella per fermare la guerra in Medio Oriente, la marcia per «diritti e dignità» a quella per la «resistenza contro uno dei regimi più atroci e sanguinari della storia»: Israele. Quale sia il progetto dell’inquilina del Nazareno lo ha spiegato bene ieri, in queste stesse pagine, Giorgio Gandola. Dopo lo scarso successo dell’assalto agli ospedali, tra una sollevazione con scarse adesioni e i promessi presidi rimasti quasi lettera morta, si tratta di recuperare il rapporto con gli atenei. Unendo ragazzi e docenti nella contestazione della riforma Bernini e del «decreto Bandecchi» per le università telematiche. Lì c’è un bacino elettorale. Un mondo che aveva abbandonato la sinistra parlamentare. A intuirlo per primi sono stati i vertici di Avs, che alle Europee avevano candidato l’occupante di case Ilaria Salis: qualche settimana fa, lei e Nicola Fratoianni sono comparsi in assemblea alla Sapienza. I Bonelli boys aspirano a diventare i principali interlocutori del Pd, dati il tracollo del Movimento 5 stelle e l’irrilevanza del centro.Ecco perché, nel messaggio lanciato dalla Schlein, la questione sociale si intreccia con quella dei «diritti», nell’ormai consueto stile «intersezionale» progressista: ieri, al corteo di Mestre di Cgil e Uil campeggiava uno striscione sulla violenza di genere; a Napoli, intanto, in piazza scendeva Antinoo Arcigay: «Gli attacchi al welfare e alla sanità pubblica da parte di questo governo», ha spiegato il presidente dell’associazione partenopea, «colpiscono in particolare i più fragili e quei pezzi della popolazione, come le persone Lgbtqia+, che non hanno ancora il pieno riconoscimento di tutti i diritti e che anzi sono oggetto costante di attacchi politici e istituzionali di questa maggioranza».Sono solo un ricordo i fasti del popolo viola, dei girotondi, di Sergio Cofferati, dei tre milioni di lavoratori in agitazione contro Silvio Berlusconi e l’abolizione dell’articolo 18 - poi abolito da un esecutivo di sinistra. Lo spirito, però, è quello del 1993. Quello della canzone di Jovanotti, che all’epoca sognava «una grande Chiesa che passa da Che Guevara e arriva fino a Madre Teresa, passando per Malcom X attraverso Gandhi e San Patrignano». È il Pd che, mentre riacchiappa voti dai grillini, torna all’usato sicuro: quel che resta dei sindacati (Acli, comprese: da voi «mi sento a casa», le ha lisciate ieri Schlein), gli studenti, i baroni, gli antagonisti, le regioni rosse. Dopodiché, arriva la diagnosi dell’ex Ignazio Marino: per capire il partito, ironizza, «ci vuole un grande psichiatra. Da un lato c’è Schlein che dice di investire sulla sanità ma poi in Europa si vota spostando le risorse del Pnrr che servivano alla sanità pubblica per acquistare missili e bombe. Poi dicono di volere la pace ma votano tutte le risoluzioni che invece invitano ad allargare la guerra e bombardare il suolo russo». Abbiate pazienza: una saldatura alla volta, nell’officina Landini.
Emmanuel Macron (Getty Images). Nel riquadro Virginie Joron
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.
Kim Jong-un (Getty Images)