2021-02-03
La sinistra a Milano vuole rimettere a piede libero centinaia di immigrati
Il fronte cattocomunista invoca la chiusura del centro di via Corelli dove sono detenuti gli «ospiti» da espellere. La polizia ha già dovuto sedare sei rivolte, ma l'unica soluzione che garantisce la sicurezza è adeguare il Cpr.La bomba che sta per scoppiare tra le mani del ministro dell'Interno Luciana Lamorgese è il Cpr di via Corelli a Milano. All'esterno la miccia è stata innescata dall'ultrasinistra, Cgil, Arci e Acli in testa, che ne chiedono la chiusura. E dalla galassia anarchica che incita i detenuti alla rivolta (come dimostra un alert lanciato dall'intelligence che si occupa di minaccia interna e che parla di un possibile collante dell'area anarchica, legata alla Federazione anarchica informale e al Fronte rivoluzionario internazionale, intorno al Cpr di via Corelli). All'interno la situazione è incandescente, al punto che gli operatori delle coop sono costretti a entrare scortati dalla polizia e a parlare con i reclusi dalle finestre che affacciano sul cortile dell'ora d'aria. L'ipotesi di una chiusura, con tutti gli altri Cpr d'Italia stracolmi, potrebbe rimettere in circolazione immigrati considerati pericolosi e, pertanto, da espellere. Ma il fronte che ne chiede la chiusura si sta allargando. L'ultimo appello è stato lanciato da una rete di oltre 20 realtà cattocomuniste milanesi, che va da Fondazione casa della carità alla Cgil. «Negli anni», sostengono gli antagonisti dei Centri di permanenza per il rimpatrio, «i vari Cpr si sono dimostrati luoghi in cui le condizioni delle persone trattenute sono drammatiche, da un punto di vista del rispetto dei diritti e della dignità delle persone, oltre che sotto il profilo delle condizioni igienico sanitarie, della salute fisica e mentale e della sicurezza per i trattenuti e i lavoratori». E a leggere le ultime relazioni del Garante dei detenuti sembrano non avere torto. Ma la chiusura, anziché un adeguamento, significherebbe buttare il bambino con l'acqua sporca. Anche perché, stando a quanto denunciato, non si tratta di questioni irrisolvibili. «Le poche informazioni disponibili», sostiene il fronte della chiusura, «dimostrano le tante criticità che si stanno riscontrando riguardanti le condizioni materiali del trattenimento, il diritto alla difesa, le comunicazioni con l'esterno attraverso l'utilizzo di telefoni, l'assistenza sanitaria, la tutela dei soggetti vulnerabili». L'europarlamentare di Fratelli d'Italia Carlo Fidanza ha un'opinione opposta: «La richiesta di chiusura dimostra che in Italia c'è ancora chi vorrebbe un'immigrazione senza regole e controlli. Negli ultimi mesi il Cpr è stato oggetto di violenze e devastazioni. Chi chiede di chiudere queste strutture, in nome dei diritti e della dignità di chi entra in Italia senza permesso, dimostra di vivere su un altro pianeta». Il ministero sulla questione Cpr sembra dimostrare non poca sciatteria. Anche di fronte alle preoccupanti e documentate segnalazioni dei sindacati di polizia. Il Sap, per esempio, ha elencato al prefetto di Milano non poche criticità. A partire dall'insufficienza del personale dell'ente gestore all'interno della struttura: «L'impiego di uno, o due operatori al massimo, non consente di soddisfare le numerose quanto legittime richieste avanzate dagli ospiti», sottolineava il Sap. Una condizione che sarebbe alla base delle numerose lamentele dei detenuti che, spesso fomentati da quelli più facinorosi, attuano proteste, anche violente. C'è poi una questione sanitaria, dettata da una «saltuaria presenza di personale medico». E l'agibilità della struttura, valutata dal Sap come «pericolosa per polizia e ospiti». La polizia, insomma, opera in questo scenario. Ed è chiamata a dirimere le liti fra ospiti e personale dell'ente gestore, a sedare risse tra i detenuti e a svolgere un'attività di vigilanza per evitare fughe dal centro. L'ultimo tentativo risale al novembre 2020: due marocchini e un tunisino nel corso di una rivolta hanno tentato di scappare salendo sul tetto, mentre altri immigrati avevano cominciato a danneggiare il centro. Solo un mese prima, sempre durante una protesta sui tetti, due tunisini hanno tentato la fuga dal retro della struttura. Sono stati acciuffati dopo qualche centinaio di metri e riportati all'interno dagli agenti del commissariato Lambrate, cui è stata assegnata la vigilanza quotidiana in via Corelli. Un'altra rivolta è scoppiata a dicembre. Un migrante ha cercato di impiccarsi e subito dopo si sono verificati incidenti. La stampa locale ha contato almeno sei rivolte dal giorno di apertura del Cpr. Prima di Natale sembra ci fosse un solo padiglione agibile, sugli otto della struttura. E il 29 gennaio, quando è stata consentita una visita di Redattore sociale, i padiglioni agibili erano solo tre, di cui uno (vuoto) riservato a eventuali malati di Covid-19. I danneggiamenti sembra siano all'ordine del giorno: porte divelte, finestre rotte, estintori svuotati. Stando ai conti fatti dal quotidiano il Giorno, in soli tre mesi sarebbero stati spesi 178.000 euro per gli interventi urgenti, di cui 76.000 riservati in maniera specifica a riparare i danni provocati dagli ospiti.