2023-03-28
La sinistra inventa diritti «à la carte» per calpestare la sovranità popolare
I progressisti tacciano di disumanità chiunque non sottoscriva la loro agenda politica, dai migranti ai gay. È un modo per presentare certi dogmi come necessità storiche, a cui i Parlamenti non possono opporsi.batte su questo stesso tasto, come ha ben sintetizzato ieri sulla Stampa Donatella Stasio. A Giorgia Meloni viene rimproverato dall’editorialista di mettere da parte il suo cuore di mamma e di calpestare i diritti «dei figli delle coppie gay, dei figli delle madri detenute e dei migranti naufragati al largo di Cutro». Il quadro è chiaro: la destra crudele non si limita ad avere una visione diversa riguardo ad alcuni problemi particolarmente pressanti che richiedono soluzione. No: essa, spietata, vuole togliere ad altri esseri umani giudicati di serie B (gay, migranti, minoranze in genere) la dignità e la possibilità di vivere come si conviene, cioè con le stesse possibilità di cui godono gli eterosessuali bianchi conservatori. L’utilizzo della parola diritti serve esattamente a questo: a screditare ogni azione politica che non sia approvata dagli illuminati progressisti. Proviamo a spiegare come funzioni il meccanismo. Per prima cosa, i sedicenti buoni scelgono un punto della propria agenda politica e stabiliscono che debba per forza concretizzarsi. Discuterne semplicemente non è possibile: se i progressisti vogliono una cosa significa che essa non è (come dovrebbero invece essere tutte le faccende politiche) opinabile o emendabile, ma coincide con la necessità storica. L’umanità, ci dicono, è destinata a migliorare costantemente la propria condizione con il passare del tempo, ma tale miglioramento può avvenire soltanto se a guidare il processo di cambiamento sono le forze di sinistra. Queste ultime indicano le tappe attraverso cui l’ineluttabile sviluppo deve passare, e non c’è verso di fare altrimenti, perché chiunque si opponga sta ostacolando la naturale evoluzione della società. In questa prospettiva, ogni pretesa dei progressisti diviene un diritto umano, cioè qualcosa che non si può violare a meno che non si voglia risultare disumani. È una sorta di perversione del giusnaturalismo secondo cui esisterebbe una sorta di legge superiore a cui tutti sono tenuti a conformarsi, solo che a scrivere questa legge non è né Dio né la natura: sono i gruppi di potere che si sentono in grado, per elezione, di guidare l’intera umanità verso il paradiso in Terra. Sono questi gruppi a stabilire quali siano i presunti diritti e, soprattutto, quali siano i limiti di questi diritti, a prescindere dalle leggi formulate dai Parlamenti che dovrebbero esprimere la volontà popolare. Esempio emblematico è quello dell’utero in affitto. La legge italiana lo proibisce severamente, e così fanno le leggi della maggioranza delle nazioni occidentali. Eppure i progressisti hanno deciso che si tratti di un diritto, ergo chiunque si opponga alla pratica sta «violando i diritti dei bambini delle coppie gay». In realtà, questi bambini - per legge - non hanno un diritto in meno di tutti gli altri, come è giusto che sia. Ciò che viene meno, semmai, è la possibilità per il «genitore intenzionale» di farsi riconoscere quale genitore biologico. Dove sta scritto che questa equiparazione debba avvenire? Da nessuna parte. Anzi, le leggi vigenti spiegano chiaramente che ciò non può avvenire, e non importa che si tratti di gay o etero. Ma per la sinistra e per alcuni autoproclamati liberali tutto ciò non ha importanza: loro hanno deciso che esista un diritto al riconoscimento e pretendono che sia rispettato. Nella realtà, tale «diritto» del tutto immaginario cancella altri diritti largamente riconosciuti, cioè quello del bambino a stare con i propri genitori naturali e quello delle donne a non essere sfruttate come strumenti per la procreazione. Però, appunto, i progressisti se ne fregano, poiché madri e bambini sono al di fuori della loro sfera di interesse. Analogo discorso si può fare per la migrazione. Il diritto inalienabile, in questo caso, sarebbe quello degli individui a spostarsi qui e là per il mondo. I migranti, dunque, hanno il diritto di andare dove vogliono, le Ong hanno il diritto di aiutarli e non ci può essere legge che tenga: tali «diritti» (in quanto stabiliti dagli illuminati sinistrorsi) devono prevalere sulle leggi vigenti. Di nuovo, tutto ciò che non è ricompreso nel perimetro tracciato dai «buoni» non conta. Non conta che la migrazione di massa svuoti le nazioni di origine e ponga gravi problemi a quelle di approdo. Non conta che lo spostamento illegale metta a rischio la vita delle persone. Non conta nemmeno la sovranità degli Stati e il loro diritto (vero) a difendere i confini: chi non si fa andare bene il diritto (inesistente) a varcare illegalmente le frontiere è un maledetto razzista, un ottuso reazionario. Come ha ben spiegato ormai parecchi anni fa Alain De Benoist, «nel corso della sua storia l’Occidente ha costantemente cercato di controllare il mondo imponendogli di riconoscere come “universali” valori, tematiche, modi di organizzazione politica e sociale che erano a lui propri. Il metodo utilizzato per arrivare a questo scopo è sempre stato quello dell’ingiunzione mascherata». Questa imposizione (che ultimamente è sempre meno mascherata) secondo De Benoist è «una limitazione della sovranità popolare, poiché ne ammette il pieno esercizio solo nella misura in cui essa non metta in discussione i suoi principali postulati (un voto popolare che contraddica i diritti dell’uomo è considerato nullo e non avvenuto)». Siamo di fronte, in buona sostanza a «l’ultimo dei tentativi miranti a sottomettere la politica alla morale attraverso il diritto». Ecco l’enorme inganno: oggi i dogmi della morale progressista vengono spacciati per diritti universali e chi li contesta è trattato da criminale. A partire da chi vorrebbe soltanto fare rispettare le leggi vigenti.