
Confermato il transalpino Chery che Giorgetti vuol sostituire. Ma nel consiglio non c’erano italiani. Il gruppo: 2.800 esuberi.C’è un episodio che racconta meglio di ogni altro il livello dello scontro italo-francese che ha raggiunto la partita Stm. Due giorni fa, tarda serata, ultima riunione del consiglio di sorveglianza del colosso dei semiconduttori che ha un controllo paritetico Parigi-Roma. Si tratta dell’organo di 9 membri (3 italiani, 3 francesi e 3 indipendenti) che ha il compito di supervisione e controllo sulle scelte strategiche del board. Mai come in questo momento l’Italia ha i consiglieri contati, dopo le dimissioni di Maurizio Tamagnini e il mancato via libera alla sostituzione con Marcello Sala, anche Simonetta Acri che prenderà il posto di Donatella Sciuto a maggio non è ancora effettiva, quindi c’è il solo Paolo Visca a rappresentare l’Italia. Visca aveva chiesto di rinviare il consiglio essendo impossibilitato presenziare. Richiesta respinta al mittente. Il vertice si tiene e ne esce fuori un comunicato che rinnova la fiducia all’ad francese, Jean-Marc Chéry. A Visca non vengono consegnati neanche i verbali del cda. Chery è in carica dal 2018 e negli ultimi mesi è entrato nel vortice delle critiche per più di un motivo. Pesano i numeri: la multinazionale ha chiuso il 2024 con ricavi in calo del 23,2% a 13,3 miliardi e un utile in flessione del 63%. In un anno il valore del titolo in Borsa si è più che dimezzato. Pesa il rapporto ormai logoro con il Mef e con il ministro italiano dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Giorgetti si sente tradito perché nelle decisioni che contano, quelle sull’occupazione, sugli investimenti e sulle strategie del gruppo non è stato coinvolto, peggio è stato tagliato fuori a discapito degli interessi dei siti italiani. Per questo da un anno circa chiede un cambiamento profondo della governance (la sostituzione di Chery in primis) e anche sulla figura di Lorenzo Grandi, il direttore finanziario che a un certo punto si è schierato con l’ad francese, invoca un passo indietro. E pesa la class action che è stata depositata a New York. Nell’azione collettiva la società è accusata di aver nascosto il peggioramento del mercato dei semiconduttori rilasciando delle dichiarazioni fuorvianti su risultati economici, mentre i diretti concorrenti evidenziavano con maggior chiarezza le criticità del mercato. Non solo. Perché secondo la tesi accusatoria, Chery e Grandi avrebbero approfittato del prezzo gonfiato del titolo per vendere consistenti di azioni in momenti propizi.I diretti interessati negano sdegnati, ma che ci siano dei gravi problemi industriali e che i rapporti con l’Italia siano arrivati ai minimi termini è dimostrato dai fatti. Ieri al tavolo al Mimit l’azienda ha confermato fino a 2.800 tagli a livello globale nei prossimi tre anni (piano 2025-2027) e ha garantito che la maggior parte degli investimenti andranno nel nostro Paese: 4 miliardi su un totale di 6,5 miliardi a livello europeo. Con Catania, circa 2,6 miliardi, a fare da capofila. Un modo per recuperare il terreno perduto. «La ricerca e lo sviluppo tecnologico, la progettazione e la produzione in grandi volumi in Italia e in Francia continueranno a essere centrali per le nostre attività operative globali e saranno rafforzate attraverso investimenti pianificati in tecnologie mainstream», ha provato a rassicurare l’ad Jean-Marc Chery. C’è da fidarsi? «Positivo aver iniziato al ministero un percorso di confronto che possa portare a definire un protocollo d’intesa sul futuro industriale e occupazionale di Stmicroelectronics», ha sottolineato il segretario nazionale Fim-Cisl Massimiliano Nobis, «così come abbiamo apprezzato che il ministro Urso consideri strategico il settore per l’intero tessuto manifatturiero italiano». Poi però ci sono i contenuti e sui contenuti restano tutti i problemi della vigilia. «Riteniamo il piano industriale», continua il sindacalista, «insoddisfacente per mancanza di chiarezza circa le risorse da impiegare ad Agrate per il completamento del Plant di “ag300”, che doveva essere già completato nel 2025 e che ad oggi produce 2.500 wafer a settimana sugli 8.000 previsti dal progetto di sviluppo». Ma non solo. «Non abbiamo avuto alcuna conferma», spiega Nobis, dell’attuale livello occupazionale e in particolare sui 2.400 dipendenti nella produzione dei wafer a 8, vorremmo sapere quale sarà il loro destino una volta terminato il progetto dei wafer a 12». E poi su Catania. «In Sicilia», conclude il segretario nazionale Fim, «non è ancora chiaro in che tempi avverrà il passaggio dei lavoratori dalla fabbrica a 6' a quella ad 8'. Ad oggi non conosciamo ancora nel dettaglio il piano industriale 2025-27 presentato dal board al Capital Market dello scorso novembre, dove si parlava di un intervento di saving a tre cifre. Quanto incide sui siti italiani, quanto sul livello occupazionale? Poco serio e rispettoso per i presenti al tavolo aver saputo dall’azienda solo alla fine dell’incontro che il taglio occupazionale mondiale sarà di 2.800 dipendenti». E del resto si possono presentare tutti i piani industriali di questo mondo ma quando viene meno il rapporto di fiducia resta molto complicato, per non dire impossibile, trattare. Lo ha detto in chiaro il sindacalista e lo pensa da tempo il ministro Giorgetti. La sfida Italia-Francia su Stm deve ancora entrare nel vivo.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.