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2018-07-24
Silenzi e omissioni. Su Marchionne Torino come l’Urss
Ansa
Alla fine il giallo l'ha risolto l'Avvocato, inteso come Franzo Grande Stevens: Sergio Marchionne sta morendo di cancro ai polmoni, per «la sua incapacità di sottrarsi alla sigaretta». D'accordo con la famiglia Elkann-Agnelli, domenica pomeriggio ha scritto a un giornale non di proprietà del gruppo torinese, in questo caso Il Corriere della Sera, come sempre ha fatto la Fiat ogni volta che c'era da dare una brutta notizia. E dopo un mesto balletto di silenzi e mezze verità, sulla vicenda umana del manager italo-svizzero naturalizzato canadese cala il sipario. Che sia un grande fumatore, addirittura a getto continuo, lo sanno tutti coloro che lo hanno incontrato. E poi se era socio e consigliere di amministrazione della Philip Morris da un decennio vuol dire che gli piaceva proprio, il tabacco.
Quando si parla di multinazionali quotate a New York e a Milano non è facile gestire la malattia di un amministratore delegato. Da un lato bisogna evitare che ci siano speculazioni sul titolo della società. Dall'altro non si devono creare delle asimmetrie informative tali per cui i pochi che sanno la verità siano avvantaggiati su tutti gli altri. E poi, per via della benedetta legge sulla privacy, c'è sempre un dibattito su quale rilevanza abbiano per il mercato le notizie sulla salute di un personaggio pubblico. Quando poi si tratta di persone di enorme potere, è sempre in agguato il paragone grottesco con i presidenti dell'Unione sovietica, che di solito avevano un semplice raffreddore fino a pochi minuti prima di morire.
Dunque Marchionne scompare dai radar dopo il 26 giugno, quando a Roma partecipa alla presentazione della nuova Jeep realizzata appositamente per i carabinieri. I presenti ricordano che non era in forma e respirava male, ma faceva anche un gran caldo. Il 5 luglio, inizia a uscire il primo spiffero, su Internet. Il sito Lettera43, con un articolo di Giovanna Predoni, racconta che «da una settimana il capo di Fca ha annullato tutti gli impegni». E poi aggiunge: «Secondo indiscrezioni ora si trova in una clinica in Svizzera, dove si è sottoposto a un delicato intervento chirurgico. Un portavoce di Fca, interpellato in merito, ha precisato che Marchionne si è operato alla spalla destra ed è ora in fase di recupero. È previsto un breve periodo di convalescenza». La storia dell'operazione alla spalla, dal punto di vista della comunicazione, è una mezza verità a doppio taglio. Ha il pregio di non essere una bugia, il che poi potrebbe dare problemi con le autorità di vigilanza, ma è anche una notevole minimizzazione quando si scopre che siamo in presenza di un male incurabile. In più, a meno che la spalla sia finita sotto un trattore, di solito non si richiede una lunga convalescenza.
Con le voci sempre peggiori che s'infittiscono di giorno in giorno, la mattina di giovedì scorso, Lettera43 torna alla carica: «A oggi è molto probabile, a meno di recuperi formidabili, che l'ad di Fca non possa essere presente alla conference call sui risultati prevista per il 25 luglio». Dopo di che registra il «no comment» del gruppo e punta il dito: «C'è un problema molto serio di comunicazione ai mercati».
Un problema che ha spostato denari? In realtà, per tutta la scorsa settimana Fca si è mossa in linea con gli indici e i «guardiani» della Consob non hanno rilevato movimenti anomali. Ma è certo che lo staff di comunicazione del gruppo e di John Elkann era assai preoccupato e giovedì aveva un solo, disperato, obiettivo: arrivare indenni a sabato, ovvero poter parlare a mercati chiusi.
La scelta, sabato, è stata di rispettare al massimo la riservatezza di Marchionne e dei suoi cari. E quindi nessuna notizia sul suo male. Al mattino vengono riuniti d'urgenza tutti i cda delle società coinvolte (Fca, Cnh, Ferrari) e vengono scelti i successori del manager che aveva salvato Fiat da morte certa. In serata, ecco un comunicato sulle sue condizioni di salute con l'ammissione che «sono intervenute complicazioni inattese durante la convalescenza post-operatoria, aggravatesi ulteriormente nelle ultime ore. Per questi motivi Marchionne non potrà riprendere la sua attività lavorativa». E anche adesso il manager si trova sempre in terapia intensiva all'Universitätsspital di Zurigo, dove è entrato il 28 giugno per un dichiarato intervento alla spalla destra. Ma quello che conta, per i mercati, è che Fca non abbia nascosto l'impedimento assoluto del suo numero uno. E non l'ha fatto.
Neppure nel weekend, però, da Torino spiegano che cosa ha veramente. E allora, come sempre accade quando ci si chiude a riccio, fioriscono le illazioni. Si pensa a un errore, o a un imprevisto, in sede di anestesia, oppure a un ictus o a qualche tumore che ha invaso la spalla. È un altro sito, Dagospia, a fare lo scoop: «Marchionne colpito da un tumore ai polmoni». Questo la mattina di domenica, quando i giornali sono pieni di commemorazioni in vita del povero Marchionne, complice il fatto che lo stesso Elkann ne parla al passato («Non torna, è stato il migliore»). Ieri mattina, infine, ci pensa Grande Stevens a raccontare la verità, con una lunga lettera al Corriere di Urbano Cairo, nella cui parte finale scrive: «Quando ho saputo che era ricoverato a Zurigo, pensai purtroppo che fosse in pericolo di vita. Perché conoscevo la sua incapacità di sottrarsi al fumo continuo delle sigarette (…). Poi ebbi la conferma da Zurigo che i suoi polmoni erano stati aggrediti e capii che era vicino alla fine».
Francesco Bonazzi
Il nuovo ad e l’addio di Altavilla allarmano i mercati e gli analisti
L'importanza di Sergio Marchionne all'interno di Fca si vede anche in questo momento di transizione per i vertici del gruppo Fca. Alfredo Altavilla, braccio destro di Marchionne e tra i favoriti a prendere il posto di ceo di Fca, ieri ha lasciato la carica di direttore operativo Europa, Africa e Medioriente del Lingotto. La carica ad interim sarà assunta da Mike Manley che da meno di ventiquattro ore è stato nominato amministratore delegato del Lingotto dopo il precipitare delle condizioni di salute di Sergio Marchionne, considerate «irreversibili» e pertanto molto gravi. Altavilla lavorerà con il neo amministratore delegato fino alla fine di agosto per assicurare il proprio supporto durante la transizione. Le deleghe di Altavilla, dunque, verranno divise tra Manley e Richard Palmer, il direttore finanziario (terzo nome in lista per la poltrona operativa più alta di Fca) che si occuperà di curare a livello globale tutte le attività di sviluppo a livello commerciale.
Ufficialmente, si legge nel comunicato di Fca, Altavilla lascia il gruppo automobilistico per perseguire altri interessi professionali. In realtà sono in molti a sostenere che dietro il passo indietro di Altavilla ci sia proprio la nomina di Manley alla guida del gruppo. Altavilla è stato nominato direttore operativo Emea il 12 novembre 2012, ma ha iniziato la sua carriera al Lingotto molto tempo prima. Nel 1990, infatti, è stato assunto in Fiat auto, dove inizialmente si è occupato di operazioni internazionali nell'ambito delle attività di pianificazione strategica e sviluppo prodotto. Nel 1995 è stato nominato responsabile dell'ufficio Fiat auto di Pechino e nel 1999 responsabile delle attività in Asia. Dal 2001 si è occupato di sviluppo commerciale, assumendo nel 2002 il coordinamento delle attività riguardanti l'alleanza con General motors e, nel 2004, l'incarico di gestione di tutte le alleanze. A luglio 2009 è entrato nel cda di Chrysler e a ottobre 2009 è stato nominato vicepresidente esecutivo dello sviluppo commerciale del gruppo Fiat. Da novembre 2010 a novembre 2012 è stato anche presidente e ad di Iveco.
Altavilla è stato uno degli uomini chiave della fusione con Chrysler, l'operazione che ha portato al rilancio del gruppo automobilistico italiano. In molti pensavano che potesse essere proprio lui a raccogliere il testimone del manager italocanadese; una scelta che poi il cda ha deciso di far ricadere su Manley. Tra l'altro, il manager a maggio scorso è diventato membro del cda di Tim, indicato dal fondo americano Elliott dopo il riassetto dell'azienda di tlc alla luce dello scontro con il socio francese Vivendi.
Ad ogni modo, le dimissioni di Altavilla e l'impasse che stanno attraversando i vertici del Lingotto non sembrano convincere agli analisti. In realtà, i quattro titoli del gruppo quotati in Borsa hanno perso terreno, ma senza esagerare. Il problema riguarda più il futuro del gruppo nel lungo periodo. Ferrari è quella che ha perso più di tutti (-5,22% a 113,45 euro), seguita dalla capogruppo Exor (-3,64% a 54,54 euro), da Fca (-2,73% a 15,968 euro) e da Cnh Industrial (-2,09% a 8,638 euro).
Banca Akros ha ridotto la raccomandazione sul titolo del Cavallino rampante da «accumulate» a «neutral» (da accumulare a neutrale), con prezzo obiettivo che scende da 132,5 a 120 euro. Per gli esperti «il mercato aveva aspettative molto alte sui risultati che Sergio Marchionne avrebbe portato a Ferrari nei prossimi cinque anni. Ora riteniamo che al nuovo ceo, Louis Camilleri, servirà del tempo per conoscere la società e non saremmo sorpresi se posticipasse il Capital markets day in agenda a settembre». Giudizio simile da Banca Akros anche su Fca. In questo caso il prezzo obiettivo scende da 25 a 22,5 euro: «Il peggioramento delle condizioni di salute di Marchionne ha accelerato un processo già in atto», evidenziano gli analisti, che però si dicono «non certi al 100% che l'esito di tale processo sarebbe stato identico. Ad ogni modo, la notizia giunge come una sorpresa negativa. È possibile che riparta una qualche speculazione di fusione e acqusizione (da altri gruppi, ndr) ora che la leadership di Fca si è indebolita in modo così brusco».
Per Equita sim (che consigliano di mantenere il titolo senza venderlo con prezzo obiettivo a 21,8 euro su Fca), «alla luce dei successi degli ultimi 14 anni l'uscita di Marchionne è indubbiamente una grave perdita. Riteniamo che ciò possa pesare soprattutto su Fca», con gli analisti della sim che invece pensano si possa allontanare «il potenziale di una eventuale acquisizione (conoscendo le qualità di negoziatore di Marchionne)».
Mediobanca securities (prezzo obiettivo a 22,7 euro su Fca) ritiene che l'uscita del manager italocanadese «aumenti la volatilità del titolo». Il gruppo di Piazzetta Cuccia crede che «il mercato si aspettasse che Marchionne sorprendesse ancora con un ultimo fusione prima del suo ritiro». Al momento, quindi, Piazza Affari appare piuttosto incerta sul futuro del gruppo Fiat Chrysler. Gli analisti credono che un matrimonio come quello prospettato con Hyundai per sviluppare il settore delle auto elettriche ora possa saltare. Sarebbe un peccato, oltre che un grande danno per la più importante azienda del Paese.
Gianluca Baldini
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Dal male alla spalla al necrologio di John Elkann. La casa madre esce dall'impasse grazie a Grande Stevens: tumore ai polmoni.Il responsabile delle attività europee lascia, deluso dalla scelta di Manley, e il titolo soffre senza crollare Il Cavallino perde più di tutti (-5,22%), seguito da Exor (-3,64%), Fca (-2,73%) e Cnh industrial (-2,09%).Lo speciale contiene due articoliAlla fine il giallo l'ha risolto l'Avvocato, inteso come Franzo Grande Stevens: Sergio Marchionne sta morendo di cancro ai polmoni, per «la sua incapacità di sottrarsi alla sigaretta». D'accordo con la famiglia Elkann-Agnelli, domenica pomeriggio ha scritto a un giornale non di proprietà del gruppo torinese, in questo caso Il Corriere della Sera, come sempre ha fatto la Fiat ogni volta che c'era da dare una brutta notizia. E dopo un mesto balletto di silenzi e mezze verità, sulla vicenda umana del manager italo-svizzero naturalizzato canadese cala il sipario. Che sia un grande fumatore, addirittura a getto continuo, lo sanno tutti coloro che lo hanno incontrato. E poi se era socio e consigliere di amministrazione della Philip Morris da un decennio vuol dire che gli piaceva proprio, il tabacco. Quando si parla di multinazionali quotate a New York e a Milano non è facile gestire la malattia di un amministratore delegato. Da un lato bisogna evitare che ci siano speculazioni sul titolo della società. Dall'altro non si devono creare delle asimmetrie informative tali per cui i pochi che sanno la verità siano avvantaggiati su tutti gli altri. E poi, per via della benedetta legge sulla privacy, c'è sempre un dibattito su quale rilevanza abbiano per il mercato le notizie sulla salute di un personaggio pubblico. Quando poi si tratta di persone di enorme potere, è sempre in agguato il paragone grottesco con i presidenti dell'Unione sovietica, che di solito avevano un semplice raffreddore fino a pochi minuti prima di morire. Dunque Marchionne scompare dai radar dopo il 26 giugno, quando a Roma partecipa alla presentazione della nuova Jeep realizzata appositamente per i carabinieri. I presenti ricordano che non era in forma e respirava male, ma faceva anche un gran caldo. Il 5 luglio, inizia a uscire il primo spiffero, su Internet. Il sito Lettera43, con un articolo di Giovanna Predoni, racconta che «da una settimana il capo di Fca ha annullato tutti gli impegni». E poi aggiunge: «Secondo indiscrezioni ora si trova in una clinica in Svizzera, dove si è sottoposto a un delicato intervento chirurgico. Un portavoce di Fca, interpellato in merito, ha precisato che Marchionne si è operato alla spalla destra ed è ora in fase di recupero. È previsto un breve periodo di convalescenza». La storia dell'operazione alla spalla, dal punto di vista della comunicazione, è una mezza verità a doppio taglio. Ha il pregio di non essere una bugia, il che poi potrebbe dare problemi con le autorità di vigilanza, ma è anche una notevole minimizzazione quando si scopre che siamo in presenza di un male incurabile. In più, a meno che la spalla sia finita sotto un trattore, di solito non si richiede una lunga convalescenza. Con le voci sempre peggiori che s'infittiscono di giorno in giorno, la mattina di giovedì scorso, Lettera43 torna alla carica: «A oggi è molto probabile, a meno di recuperi formidabili, che l'ad di Fca non possa essere presente alla conference call sui risultati prevista per il 25 luglio». Dopo di che registra il «no comment» del gruppo e punta il dito: «C'è un problema molto serio di comunicazione ai mercati». Un problema che ha spostato denari? In realtà, per tutta la scorsa settimana Fca si è mossa in linea con gli indici e i «guardiani» della Consob non hanno rilevato movimenti anomali. Ma è certo che lo staff di comunicazione del gruppo e di John Elkann era assai preoccupato e giovedì aveva un solo, disperato, obiettivo: arrivare indenni a sabato, ovvero poter parlare a mercati chiusi. La scelta, sabato, è stata di rispettare al massimo la riservatezza di Marchionne e dei suoi cari. E quindi nessuna notizia sul suo male. Al mattino vengono riuniti d'urgenza tutti i cda delle società coinvolte (Fca, Cnh, Ferrari) e vengono scelti i successori del manager che aveva salvato Fiat da morte certa. In serata, ecco un comunicato sulle sue condizioni di salute con l'ammissione che «sono intervenute complicazioni inattese durante la convalescenza post-operatoria, aggravatesi ulteriormente nelle ultime ore. Per questi motivi Marchionne non potrà riprendere la sua attività lavorativa». E anche adesso il manager si trova sempre in terapia intensiva all'Universitätsspital di Zurigo, dove è entrato il 28 giugno per un dichiarato intervento alla spalla destra. Ma quello che conta, per i mercati, è che Fca non abbia nascosto l'impedimento assoluto del suo numero uno. E non l'ha fatto. Neppure nel weekend, però, da Torino spiegano che cosa ha veramente. E allora, come sempre accade quando ci si chiude a riccio, fioriscono le illazioni. Si pensa a un errore, o a un imprevisto, in sede di anestesia, oppure a un ictus o a qualche tumore che ha invaso la spalla. È un altro sito, Dagospia, a fare lo scoop: «Marchionne colpito da un tumore ai polmoni». Questo la mattina di domenica, quando i giornali sono pieni di commemorazioni in vita del povero Marchionne, complice il fatto che lo stesso Elkann ne parla al passato («Non torna, è stato il migliore»). Ieri mattina, infine, ci pensa Grande Stevens a raccontare la verità, con una lunga lettera al Corriere di Urbano Cairo, nella cui parte finale scrive: «Quando ho saputo che era ricoverato a Zurigo, pensai purtroppo che fosse in pericolo di vita. Perché conoscevo la sua incapacità di sottrarsi al fumo continuo delle sigarette (…). Poi ebbi la conferma da Zurigo che i suoi polmoni erano stati aggrediti e capii che era vicino alla fine». Francesco Bonazzi<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/silenzi-e-omissioni-su-marchionne-torino-come-lurss-2589492597.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-nuovo-ad-e-laddio-di-altavilla-allarmano-i-mercati-e-gli-analisti" data-post-id="2589492597" data-published-at="1765510789" data-use-pagination="False"> Il nuovo ad e l’addio di Altavilla allarmano i mercati e gli analisti L'importanza di Sergio Marchionne all'interno di Fca si vede anche in questo momento di transizione per i vertici del gruppo Fca. Alfredo Altavilla, braccio destro di Marchionne e tra i favoriti a prendere il posto di ceo di Fca, ieri ha lasciato la carica di direttore operativo Europa, Africa e Medioriente del Lingotto. La carica ad interim sarà assunta da Mike Manley che da meno di ventiquattro ore è stato nominato amministratore delegato del Lingotto dopo il precipitare delle condizioni di salute di Sergio Marchionne, considerate «irreversibili» e pertanto molto gravi. Altavilla lavorerà con il neo amministratore delegato fino alla fine di agosto per assicurare il proprio supporto durante la transizione. Le deleghe di Altavilla, dunque, verranno divise tra Manley e Richard Palmer, il direttore finanziario (terzo nome in lista per la poltrona operativa più alta di Fca) che si occuperà di curare a livello globale tutte le attività di sviluppo a livello commerciale. Ufficialmente, si legge nel comunicato di Fca, Altavilla lascia il gruppo automobilistico per perseguire altri interessi professionali. In realtà sono in molti a sostenere che dietro il passo indietro di Altavilla ci sia proprio la nomina di Manley alla guida del gruppo. Altavilla è stato nominato direttore operativo Emea il 12 novembre 2012, ma ha iniziato la sua carriera al Lingotto molto tempo prima. Nel 1990, infatti, è stato assunto in Fiat auto, dove inizialmente si è occupato di operazioni internazionali nell'ambito delle attività di pianificazione strategica e sviluppo prodotto. Nel 1995 è stato nominato responsabile dell'ufficio Fiat auto di Pechino e nel 1999 responsabile delle attività in Asia. Dal 2001 si è occupato di sviluppo commerciale, assumendo nel 2002 il coordinamento delle attività riguardanti l'alleanza con General motors e, nel 2004, l'incarico di gestione di tutte le alleanze. A luglio 2009 è entrato nel cda di Chrysler e a ottobre 2009 è stato nominato vicepresidente esecutivo dello sviluppo commerciale del gruppo Fiat. Da novembre 2010 a novembre 2012 è stato anche presidente e ad di Iveco. Altavilla è stato uno degli uomini chiave della fusione con Chrysler, l'operazione che ha portato al rilancio del gruppo automobilistico italiano. In molti pensavano che potesse essere proprio lui a raccogliere il testimone del manager italocanadese; una scelta che poi il cda ha deciso di far ricadere su Manley. Tra l'altro, il manager a maggio scorso è diventato membro del cda di Tim, indicato dal fondo americano Elliott dopo il riassetto dell'azienda di tlc alla luce dello scontro con il socio francese Vivendi. Ad ogni modo, le dimissioni di Altavilla e l'impasse che stanno attraversando i vertici del Lingotto non sembrano convincere agli analisti. In realtà, i quattro titoli del gruppo quotati in Borsa hanno perso terreno, ma senza esagerare. Il problema riguarda più il futuro del gruppo nel lungo periodo. Ferrari è quella che ha perso più di tutti (-5,22% a 113,45 euro), seguita dalla capogruppo Exor (-3,64% a 54,54 euro), da Fca (-2,73% a 15,968 euro) e da Cnh Industrial (-2,09% a 8,638 euro). Banca Akros ha ridotto la raccomandazione sul titolo del Cavallino rampante da «accumulate» a «neutral» (da accumulare a neutrale), con prezzo obiettivo che scende da 132,5 a 120 euro. Per gli esperti «il mercato aveva aspettative molto alte sui risultati che Sergio Marchionne avrebbe portato a Ferrari nei prossimi cinque anni. Ora riteniamo che al nuovo ceo, Louis Camilleri, servirà del tempo per conoscere la società e non saremmo sorpresi se posticipasse il Capital markets day in agenda a settembre». Giudizio simile da Banca Akros anche su Fca. In questo caso il prezzo obiettivo scende da 25 a 22,5 euro: «Il peggioramento delle condizioni di salute di Marchionne ha accelerato un processo già in atto», evidenziano gli analisti, che però si dicono «non certi al 100% che l'esito di tale processo sarebbe stato identico. Ad ogni modo, la notizia giunge come una sorpresa negativa. È possibile che riparta una qualche speculazione di fusione e acqusizione (da altri gruppi, ndr) ora che la leadership di Fca si è indebolita in modo così brusco». Per Equita sim (che consigliano di mantenere il titolo senza venderlo con prezzo obiettivo a 21,8 euro su Fca), «alla luce dei successi degli ultimi 14 anni l'uscita di Marchionne è indubbiamente una grave perdita. Riteniamo che ciò possa pesare soprattutto su Fca», con gli analisti della sim che invece pensano si possa allontanare «il potenziale di una eventuale acquisizione (conoscendo le qualità di negoziatore di Marchionne)». Mediobanca securities (prezzo obiettivo a 22,7 euro su Fca) ritiene che l'uscita del manager italocanadese «aumenti la volatilità del titolo». Il gruppo di Piazzetta Cuccia crede che «il mercato si aspettasse che Marchionne sorprendesse ancora con un ultimo fusione prima del suo ritiro». Al momento, quindi, Piazza Affari appare piuttosto incerta sul futuro del gruppo Fiat Chrysler. Gli analisti credono che un matrimonio come quello prospettato con Hyundai per sviluppare il settore delle auto elettriche ora possa saltare. Sarebbe un peccato, oltre che un grande danno per la più importante azienda del Paese. Gianluca Baldini
Il motore è un modello di ricavi sempre più orientato ai servizi: «La crescita facile basata sulla forbice degli interessi sta inevitabilmente assottigliandosi, con il margine di interesse aggregato in calo del 5,6% nei primi nove mesi del 2025», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert Scf. «Il settore ha saputo, però, compensare questa dinamica spingendo sul secondo pilastro dei ricavi, le commissioni nette, che sono cresciute del 5,9% nello stesso periodo, grazie soprattutto alla focalizzazione su gestione patrimoniale e bancassurance».
La crescita delle commissioni riflette un’evoluzione strutturale: le banche agiscono sempre più come collocatori di prodotti finanziari e assicurativi. «Questo modello, se da un lato genera profitti elevati e stabili per gli istituti con minori vincoli di capitale e minor rischio di credito rispetto ai prestiti, dall’altro espone una criticità strutturale per i risparmiatori», dice Gaziano. «L’Italia è, infatti, il mercato in Europa in cui il risparmio gestito è il più caro», ricorda. Ne deriva una redditività meno dipendente dal credito, ma con un tema di costo per i clienti. La «corsa turbo» agli utili ha riacceso il dibattito sugli extra-profitti. In Italia, la legge di bilancio chiede un contributo al settore con formule che evitano una nuova tassa esplicita.
«È un dato di fatto che il governo italiano stia cercando una soluzione morbida per incassare liquidità da un settore in forte attivo, mentre in altri Paesi europei si discute apertamente di tassare questi extra-profitti in modo più deciso», dice l’esperto. «Ad esempio, in Polonia il governo ha recentemente aumentato le tasse sulle banche per finanziare le spese per la Difesa. È curioso notare come, alla fine, i governi preferiscano accontentarsi di un contributo una tantum da parte delle banche, piuttosto che intervenire sulle dinamiche che generano questi profitti che ricadono direttamente sui risparmiatori».
Come spiega David Benamou, responsabile investimenti di Axiom alternative investments, «le banche italiane rimangono interessanti grazie ai solidi coefficienti patrimoniali (Cet1 medio superiore al 15%), alle generose distribuzioni agli azionisti (riacquisti di azioni proprie e dividendi che offrono rendimenti del 9-10%) e al consolidamento in corso che rafforza i gruppi leader, Unicredit e Intesa Sanpaolo. Il settore in Italia potrebbe sovraperformare il mercato azionario in generale se le valutazioni rimarranno basse. Non mancano, tuttavia, rischi come un moderato aumento dei crediti in sofferenza o gli choc geopolitici, che smorzano l’ottimismo».
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Il 29 luglio del 2024, infatti, Axel Rudakubana, cittadino britannico con genitori di origini senegalesi, entra in una scuola di danza a Southport con un coltello in mano. Inizia a colpire chiunque gli si pari davanti, principalmente bambine, che provano a difendersi come possono. Invano, però. Rudakubana vuole il sangue. Lo avrà. Sono 12 minuti che durano un’eternità e che provocheranno una carneficina. Rudakubana uccide tre bambine: Alice da Silva Aguiar, di nove anni; Bebe King, di sei ed Elsie Dot Stancombe, di sette. Altri dieci bimbi rimarranno feriti, alcuni in modo molto grave.
Nel Regno Unito cresce lo sdegno per questo ennesimo fatto di sangue che ha come protagonista un uomo di colore. Anche Michael dice la sua con un video di 12 minuti su Facebook. Viene accusato di incitamento all’odio razziale ma, quando va davanti al giudice, viene scagionato in una manciata di minuti. Non ha fatto nulla. Era frustrato, come gran parte dei britannici. Ha espresso la sua opinione. Tutto è bene quel che finisce bene, quindi. O forse no.
Due settimane dopo, infatti, il consiglio di tutela locale, che per legge è responsabile della protezione dei bambini vulnerabili, gli comunica che non è più idoneo a lavorare con i minori. Una decisione che lascia allibiti molti, visto che solitamente punizioni simili vengono riservate ai pedofili. Michael non lo è, ovviamente, ma non può comunque allenare la squadra della figlia. Di fronte a questa decisione, il veterano prova un senso di vergogna. Decide di parlare perché teme che la sua comunità lo consideri un pedofilo quando non lo è. In pochi lo ascoltano, però. Quasi nessuno. Il suo non è un caso isolato. Solamente l’anno scorso, infatti, oltre 12.000 britannici sono stati monitorati per i loro commenti in rete. A finire nel mirino sono soprattutto coloro che hanno idee di destra o che criticano l’immigrazione. Anche perché le istituzioni del Regno Unito cercano di tenere nascoste le notizie che riguardano le violenze dei richiedenti asilo. Qualche giorno fa, per esempio, una studentessa è stata violentata da due afghani, Jan Jahanzeb e Israr Niazal. I due le si avvicinano per portarla in un luogo appartato. La ragazza capisce cosa sta accadendo. Prova a fuggire ma non riesce. Accende la videocamera e registra tutto. La si sente pietosamente dire «mi stuprerai?» e gridare disperatamente aiuto. Che però non arriva. Il video è terribile, tanto che uno degli avvocati degli stupratori ha detto che, se dovesse essere pubblicato, il Regno Unito verrebbe attraversato da un’ondata di proteste. Che già ci sono. Perché l’immigrazione incontrollata sull’isola (e non solo) sta provocando enormi sofferenze alla popolazione locale. Nel Regno, certo. Ma anche da noi. Del resto è stato il questore di Milano a notare come gli stranieri compiano ormai l’80% dei reati predatori. Una vera e propria emergenza che, per motivi ideologici, si finge di non vedere.
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Una fotografia limpida e concreta di imprese, giustizia, legalità e creatività come parti di un’unica storia: quella di un Paese, il nostro, che ogni giorno prova a crescere, migliorarsi e ritrovare fiducia.
Un percorso approfondito in cui ci guida la visione del sottosegretario alle Imprese e al Made in Italy Massimo Bitonci, che ricostruisce lo stato del nostro sistema produttivo e il valore strategico del made in Italy, mettendo in evidenza il ruolo della moda e dell’artigianato come forza identitaria ed economica. Un contributo arricchito dall’esperienza diretta di Giulio Felloni, presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio, e dal suo quadro autentico del rapporto tra imprese e consumatori.
Imprese in cui la creatività italiana emerge, anche attraverso parole diverse ma complementari: quelle di Sara Cavazza Facchini, creative director di Genny, che condivide con il lettore la sua filosofia del valore dell’eleganza italiana come linguaggio culturale e non solo estetico; quelle di Laura Manelli, Ceo di Pinko, che racconta la sua visione di una moda motore di innovazione, competenze e occupazione. A completare questo quadro, la giornalista Mariella Milani approfondisce il cambiamento profondo del fashion system, ponendo l’accento sul rapporto tra brand, qualità e responsabilità sociale. Il tema di responsabilità sociale viene poi ripreso e approfondito, attraverso la chiave della legalità e della trasparenza, dal presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Giuseppe Busia, che vede nella lotta alla corruzione la condizione imprescindibile per la competitività del Paese: norme più semplici, controlli più efficaci e un’amministrazione capace di meritarsi la fiducia di cittadini e aziende. Una prospettiva che si collega alla voce del presidente nazionale di Confartigianato Marco Granelli, che denuncia la crescente vulnerabilità digitale delle imprese italiane e l’urgenza di strumenti condivisi per contrastare truffe, attacchi informatici e forme sempre nuove di criminalità economica.
In questo contesto si introduce una puntuale analisi della riforma della giustizia ad opera del sottosegretario Andrea Ostellari, che illustra i contenuti e le ragioni del progetto di separazione delle carriere, con l’obiettivo di spiegare in modo chiaro ciò che spesso, nel dibattito pubblico, resta semplificato. Il suo intervento si intreccia con il punto di vista del presidente dell’Unione Camere Penali Italiane Francesco Petrelli, che sottolinea il valore delle garanzie e il ruolo dell’avvocatura in un sistema equilibrato; e con quello del penalista Gian Domenico Caiazza, presidente del Comitato «Sì Separa», che richiama l’esigenza di una magistratura indipendente da correnti e condizionamenti. Questa narrazione attenta si arricchisce con le riflessioni del penalista Raffaele Della Valle, che porta nel dibattito l’esperienza di una vita professionale segnata da casi simbolici, e con la voce dell’ex magistrato Antonio Di Pietro, che offre una prospettiva insolita e diretta sui rapporti interni alla magistratura e sul funzionamento del sistema giudiziario.
A chiudere l’approfondimento è il giornalista Fabio Amendolara, che indaga il caso Garlasco e il cosiddetto «sistema Pavia», mostrando come una vicenda giudiziaria complessa possa diventare uno specchio delle fragilità che la riforma tenta oggi di correggere. Una coralità sincera e documentata che invita a guardare l’Italia con più attenzione, con più consapevolezza, e con la certezza che il merito va riconosciuto e difeso, in quanto unica chiave concreta per rendere migliore il Paese. Comprenderlo oggi rappresenta un'opportunità in più per costruire il domani.
Per scaricare il numero di «Osservatorio sul Merito» basta cliccare sul link qui sotto.
Merito-Dicembre-2025.pdf
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