2021-11-18
Sì alla fiducia, però la Lega fibrilla
Il Carroccio vota il decreto sul lasciapassare con 19 defezioni. Frecciatine di Claudio Borghi a Massimiliano Fedriga, Fdi incalza il governo sull'emergenza e lamenta: «Parlamento esautorato».Nessun «rompete le righe», ma neppure un voto militarizzato. Nell'Aula di Montecitorio, ieri, i deputati leghisti hanno affrontato l'appuntamento col voto di fiducia sul decreto green pass con quello che si potrebbe definire un mix tra gli obblighi di responsabilità connessi a una forza di maggioranza e il proprio punto di vista critico sull'obbligo della certificazione verde per tutti i lavoratori, imposto dall'ala più intransigente dell'esecutivo Draghi. Al termine delle due chiame, all'ora di pranzo, i tabulati indicavano che, su 133 deputati del Carroccio, 19 non avevano preso parte al voto, anche in virtù della libertà di coscienza loro accordata dal segretario Matteo Salvini, che in ogni caso non contemplava il no alla fiducia. Una pattuglia di «non allineati» al pensiero dominante sull'obbligo di green pass (in predicato di trasformarsi in «super green pass») all'interno della maggioranza, del quale fanno parte, tra gli altri, Claudio Borghi, Massimo Bitonci e Claudio Durigon, che ha assunto posizioni non conformiste anche nel corso del voto degli ordini giorno. A partire dal citato Borghi, il quale ha animato la giornata politico-parlamentare dichiarando, dopo non aver preso parte al voto di fiducia, la propria astensione anche sugli odg appoggiati dal governo. Non solo: Borghi ha anche ironizzato via Twitter sul compagno di partito e governatore del Friuli Venezia-Giulia Massimiliano Fedriga, in ragione del favore espresso da quest'ultimo a un'ulteriore stretta sui non vaccinati, definendolo «creativo» per le perifrasi usate nell'esprimere il proprio pensiero senza evocare apertamente il lockdown per i no-vax. Dal canto loro, gli esponenti di Fdi si sono mostrati particolarmente attivi nell'incalzare il governo su temi sensibili quali la durata dello stato d'emergenza, la tutela della privacy dei lavoratori e il green pass per i guariti dal Covid. Quanto ai numeri complessivi della fiducia sul provvedimento che converte definitivamente (era stato già approvato al Senato) in legge l'ultima stretta sul green pass in vigore fino a fine anno, questa è passata agevolmente con 453 voti favorevoli, 42 contrari e nessun astenuto. A monte delle votazioni di ieri, in ogni caso, era palpabile l'imbarazzo bipartisan di molti deputati per l'ennesimo episodio di prevaricazione delle prerogative del Parlamento, costretto ancora una volta a subire il blitz del governo, sotto forma di maxiemendamento paracadutato da Palazzo Chigi, con la scusa del rischio decadenza (fissata al 20 novembre) e con l'obiettivo di mettere in fuori gioco ogni ipotesi - talvolta ragionevole - di correzione del decreto attraverso l'esame degli emendamenti. Uno schema che se ancora un paio di legislature fa poteva essere inteso come l'eccezione, ora si configura come una regola che sarà applicata a breve anche per la legge di Bilancio, per la quale è ormai invalso l'uso di una sorta di monocameralismo di fatto. Al momento della richiesta della fiducia da parte del ministro Federico D'Incà (la ventiseiesima dell'era Draghi), molte erano state le voci che si sono levate per protestare contro la compressione del dibattito, provenienti prevalentemente da Fratelli d'Italia (tra cui il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, che ha ieri diretto i lavori d'Aula per larga parte della seduta) in quanto non vincolati dall'appartenenza alla maggioranza, ma la mestizia per l'andazzo è stata indiscutibilmente trasversale.
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)
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