
Diffuso un altro audio del portavoce di Giuseppe Conte, questa volta sul ponte Morandi: «Mi sono saltate le ferie di Ferragosto». Dopo i successi ottenuti dal M5s su Ilva e reddito di cittadinanza, l'opposizione si attacca a tutto pur di indebolire i grillini.È cominciata la caccia a Rocco, l'uomo chiamato a proteggere le spalle e soprattutto il pensiero di Giuseppe Conte. Casalino è la persona di fiducia di Luigi Di Maio, uno che ha lavorato per anni a stretto contatto con il vicepremier. E a volerlo a Palazzo Chigi è stato lo stesso ministro del Lavoro. Con lui a fare da portavoce al capo del governo è un po' come avere il controllo del premier, delle sue decisioni e delle sue dichiarazioni. Dunque, abbattere Rocco è un po' come abbattere Conte, privandolo della tutela. E allo stesso modo è un po' come azzoppare Di Maio. Al momento il leader pentastellato si fa fatica a farlo fuori, perché, nonostante finisca spesso nel mirino della stampa, ha appena incamerato due successi, ovvero la chiusura della trattativa sull'Ilva e - per quanto a noi non piaccia perché appartiene alle misure assistenzialiste - il reddito di cittadinanza. Perciò meglio optare per Casalino, confidando nel fatto che sia una preda più abbordabile.Le avvisaglie di questa caccia grossa si sono avute la scorsa settimana, quando un giornalista ha fatto circolare un messaggio audio del portavoce del presidente del Consiglio. In esso Casalino se la prendeva con i tecnici del ministero dell'Economia, accusandoli di boicottare il governo. Parole pesanti, al punto che qualcuno ha evocato l'accusa di minaccia agli organi dello Stato. Quasi come se nel passato gli scontri con i guardiani della contabilità pubblica non fossero la regola di ogni governo. Di minacce si era parlato anche settimane prima, quando un giornalista denunciò di essere stato interpellato da Rocco a proposito del futuro suo e del suo quotidiano. «Che farai, ora che il tuo giornale chiude?», fu il senso del discorso. Che ovviamente finì dato alle stampe, come oscuro avvertimento.L'ultimo episodio per Casalino è il messaggio in cui il portavoce si trasforma in un portapena, lamentandosi per l'eccessiva pressione dei colleghi, che dopo il crollo del ponte Morandi lo tempestavano di telefonate. «Lasciatemi in pace, anch'io ho bisogno di tirare il fiato, dopo che mi è saltato il ponte di Ferragosto». Uno sfogo, forse un po' isterico, ma nulla di più. E però tutto ciò è bastato per tornare a parlare di un suo allontanamento da Palazzo Chigi. Matteo Renzi, via Twitter, lo ha attaccato a testa bassa (a riprova del fatto che l'ex segretario del Pd non perde occasione per farsi notare) e una volta dettata la linea gli altri del partito lo hanno seguito a ruota. Da quel che sta accadendo vanno tratte due considerazioni. La prima è che Casalino non solo dovrebbe tenere a freno le parole, ma dovrebbe soprattutto darsi una regolata nell'uso dei mezzi di comunicazione. Il «vocale», come ormai è chiamato il messaggio registrato che si invia per non fare neppure lo sforzo di scrivere, è pericoloso, perché lascia una traccia inequivocabile. Se un sms si scrive, e dunque prima di digitare si riflette su ciò che si sta mettendo nero su bianco, il «vocale» è una sintesi parlata e come tale richiederebbe una riflessione anticipata perché, come si è visto, qualcuno ne potrebbe fare uso. Dunque, o Casalino se ne sta buono e misura le frasi, o presto qualcuno lo farà stare a casa (ammesso e non concesso che la strategia della registrazione non abbia già altri «vocali» pronti per essere resi pubblici).La seconda considerazione è più politica e attiene alla novità insita in ciò che sta accadendo. I portavoce sono soliti confidare ai colleghi giornalisti le cose più riservate e per questo di regola sono tenuti al riparo dalle polemiche. Essendo fonti preziose, nessuno si sogna di attaccarli o di attribuire loro frasi dirette. Prova ne sia che Paolo Bonaiuti (per anni portavoce di Silvio Berlusconi) e Filippo Sensi (alter ego di Matteo Renzi prima e di Paolo Gentiloni poi), pur essendo sempre in prima fila, sono passati indenni tra le forche caudine della stampa. L'unico a finire nel mirino fu anni fa Silvio Sircana, portavoce di Romano Prodi, perché un fotografo lo ritrasse in auto mentre si fermava accanto a un viado. Lo scatto finì in un fascicolo giudiziario, con il sospetto di un ricatto ai suoi danni da parte dell'agenzia fotografica, ma quando la vicenda fu rivelata dal Giornale, la stampa adorante difese il portavoce, facendo scudo come un sol uomo. Fosse stato per i valorosi cronisti che si battono contro Rocco, oggi Sircana sarebbe ancora al suo posto (anche se poi gli italiani ci avrebbero pensato da soli, nel 2008, a pensionare Romano Prodi), perché a chi ti passa le notizie è consentito tutto, anche di esplorare vie mai frequentate. Che la stampa libera e democratica, sempre politicamente corretta, abbia eletto a nemico pubblico numero uno Rocco Casalino, fotografandolo fin sulla spiaggia con il compagno, rappresenta dunque una novità, se non un salto di qualità. Di cui il primo a doverne tener conto è lo stesso portavoce, insieme con il resto del governo. Che già è sotto attacco con l'accusa di premiare con la manovra chi vive a scrocco, ci manca solo che finisca nei guai per Rocco.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Dopo aver predicato il rigore assoluto sulla spesa, ora l’opposizione attacca Giancarlo Giorgetti per una manovra «poco ambiziosa». Ma il ministro la riporta sulla terra: «Quadro internazionale incerto, abbiamo tutelato i redditi medi tenendo i conti in ordine».
Improvvisamente, dopo anni di governi dell’austerity, in cui stringere la cinghia era considerato buono e giusto, la sinistra scopre che il controllo del deficit, il calo dello spread e il minor costo del debito non sono un valore. Così la legge di Bilancio, orientata a un difficile equilibrio tra il superamento della procedura d’infrazione e la distribuzione delle scarse risorse disponibili nei punti nevralgici dell’economia puntando a far scendere il deficit sotto il 3% del Pil, è per l’opposizione una manovra «senza ambizioni». O una strategia per creare un tesoretto da spendere in armi o per la prossima manovra del 2027 quando in ballo ci saranno le elezioni, come rimarcato da Tino Magni di Avs.
Da sinistra, Antonio Laudati e Pasquale Striano. Sotto, Gianluca Savoini e Francesca Immacolata Chaouqui (Ansa)
Pasquale Striano e Antonio Laudati verso il processo. Assieme a tre cronisti di «Domani» risponderanno di accessi abusivi alle banche dati. Carroccio nel mirino: «attenzionati» tutti i protagonisti del Metropol, tranne uno: Gialuca Meranda.
Quando l’ex pm della Procura nazionale antimafia Antonio Laudati aveva sollevato la questione di competenza, chiedendo che l’inchiesta sulla presunta fabbrica dei dossier fosse trasferita da Perugia a Roma, probabilmente la riteneva una mossa destinata a spostare il baricentro del procedimento. Il fascicolo è infatti approdato a Piazzale Clodio, dove la pm Giulia Guccione e il procuratore aggiunto Giuseppe Falco hanno ricostruito la sequenza di accessi alle banche dati ai danni di esponenti di primo piano del mondo della politica, delle istituzioni e non solo. Il trasferimento del fascicolo, però, non ha fermato la corsa dell’inchiesta. E ieri è arrivato l’avviso di chiusura delle indagini preliminari.
Angelina Jolie a Kherson (foto dai social)
La star di Hollywood visita Kherson ma il bodyguard viene spedito al fronte, fino al contrordine finale. Mosca: «Decine di soldati nemici si sono arresi a Pokrovsk».
Che il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, trovi escamotage per mobilitare i cittadini ucraini è risaputo, ma il tentativo di costringere la guardia del corpo di una star hollywoodiana ad arruolarsi sembra la trama di un film. Invece è successo al bodyguard di Angelina Jolie: l’attrice, nota per il suo impegno nel contesto umanitario internazionale, si trovava a Kherson in una delle sue missioni.
I guai del Paese accentuati da anni di Psoe al governo portano consensi ai conservatori.
A proposito di «ubriacatura socialista» dopo l’elezione a sindaco di New York di Zohran Mamdani e di «trionfo» della Generazione Z (il nuovo primo cittadino avrebbe parlato «a Millennial e giovani»), è singolare la smentita di tanto idillio a sinistra che arriva dalle pagine di un quotidiano filo governativo come El País.





