2021-10-05
Sfida apertissima a Torino, l’Appendino affossa il M5s
Stefano Lo Russo 43,4% - Paolo Damilano 38,8% (Ansa)
Dopo 5 anni assai deludenti di governo cittadino a 5 stelle, il Pd riconquista i favori dei torinesi. Stefano Lo Russo arriva in testa ai ballottaggi. Paolo Damilano (vicino a Giancarlo Giorgetti) spera nella rimonta perché per ora sono esclusi apparentamenti dem-pentastellati. Votanti sotto il 50%.La rivoluzione grillina di Chiara Appendino si sgonfia come un soufflé mal cucinato e il famoso Sistema Torino, quel mix di Pd, fondazioni bancarie, resti della galassia Fiat e mondo della cultura, si ricompatta intorno a Stefano Lo Russo. Il segretario cittadino del partito, 45 anni, docente del Politecnico, non esattamente un trascinatore di popolo, ma immagine da amministratore solido, rimonta i sondaggi che lo davano secondo e viaggia al 43%, quattro punti sopra a Paolo Damilano, l'imprenditore appoggiato dal centrodestra che si ferma al 39% Appuntamento ai ballottaggi tra due domeniche, con due avvertenze. La prima è che nel capoluogo piemontese più di un elettore su due è rimasto a casa, specie nei quartieri popolari e della media borghesia, e questo rende il secondo turno ancora più imprevedibile. La seconda è che anche se Damilano riteneva in cuor suo quasi decisivo arrivare in testa al primo turno, Torino è pur sempre la città dove nel 2016 Piero Fassino aveva 11 punti di vantaggio su Appendino e poi, al secondo turno, le finì nove punti dietro. Intanto, il primo bilancio delle comunali torinesi è che M5s sprofonda al 9% e non certo per colpa della generosa candidata, Valentina Sganga, 35 anni, che prende il 10% e da ex capogruppo in consiglio comunale ha solo tenuto in mano la bandiera. Il verdetto della città che nel 2016 volle punire duramente il Pd, anticipando di due anni il risultato nazionale, è che Appendino è stata una delusione. Lei, che all'epoca fu scelta dalla Casaleggio e associati al posto del naturale candidato, Vittorio Bertola (poi espulso), l'ha capito per tempo e si è ritagliata un ruolo nel partito a Roma, come vice di Giuseppe Conte. Il tutto «approfittando» della condanna in primo grado per la tragedia di Piazza San Carlo, dove le sue reali responsabilità sono tutte da verificare. I torinesi, invece, non le hanno perdonato un certo immobilismo, l'immediata frequentazione di quei salotti che da sfidante diceva di detestare, il tracollo dei trasporti nelle periferie e nessuna idea valida sulla riduzione dell'inquinamento che soffoca Torino. Ma lei si autoassolve: «Il risultato elettorale del M5s non è una critica al nostro operato, il problema è la disaffezione alla politica e l'astensionismo», azzarda. Per un partito che sembra in disfacimento, uno che ritorna ed è il Pd. Un dato indicativo è che nella coalizione di centrosinistra il Pd sfiora il 29%. Lo Russo, ex assessore all'urbanistica con Fassino, ha fatto una campagna molto concreta, non solo girando i famosi quartieri, ma avendo attenzione di garantire alle varie anime di centrosinistra il ritorno nel Palazzo e riservando gli unici toni aspri ai 5 stelle. Dal canto suo, Damilano, classe 1965, finora non ha attaccato più di tanto il Pd, e ha tenuto toni bassi. Imprenditore nel settore del vino e dell'acqua, cordiali rapporti con Sergio Chiamparino, il candidato civico appoggiato dal centrodestra ora deve rincorrere, quando invece aveva in mano sondaggi che lo davano 4-5 punti avanti. Il politico che gli è più vicino è certamente Giancarlo Giorgetti e a Torino è da notare che la lista «Torino bellissima» del candidato, Fdi e Lega hanno preso tutte il 10% (Forza Italia è al 6%). Significa che Damilano, più che prendere voti tra gli scontenti dei 5 stelle, almeno in questa prima tornata ha pescato nell'elettorato della Lega di Matteo Salvini. Lo Russo, per altro, fa finta di non sapere della liaison Damilano-Giorgetti e ieri sera ha subito richiamato i cittadini torinesi alle urne, sostenendo che «bisogna battere la destra di Salvini e Meloni». In queste due settimane, invece, il centrodestra si aspetta che Damilano, dovendo rincorrere, sfoderi magari quel colpa d'ala che ha tenuto nel cassetto, sapendo quanto sia pericoloso alzare la voce in una città come Torino. La vera sfida, per lui, cuneese, sarà quella di portare i torinesi a votare, visto che al primo turno la percentuale di votanti si è fermata per la prima volta poco sotto al 50%. Più complesso fare incursioni in quel che resta delle truppe grilline, che a Torino sembrano più vicine al profilo dell'elettore di sinistra. Poi, certo, molto dipende anche da Lo Russo, che in campagna elettorale ha picchiato duro su Appendino (in passato la denunciò anche penalmente per i bilanci della città) e che ieri ha subito escluso apparentamenti. Ma non è un mistero che i suoi rapporti con la Sganga siano più che discreti e forse basterebbe una mossa chiara di Giuseppe Conte per superare le ruggini degli ultimi anni. Sempre che M5s non sia diventato una semplice lega meridionale.
Jose Mourinho (Getty Images)