2024-10-31
Sentenza bomba sui vaccini smonta la Consulta: «Inefficaci contro i contagi»
(iStock)
Accolto il ricorso di una Oss sospesa nel 2021. In base a una perizia tecnico scientifica, la giudice ha stabilito che i sieri «non erano idonei a proteggere la salute pubblica».
Accolto il ricorso di una Oss sospesa nel 2021. In base a una perizia tecnico scientifica, la giudice ha stabilito che i sieri «non erano idonei a proteggere la salute pubblica».Un giudice del lavoro ha disposto accertamenti tecnico scientifici sui vaccini anti Covid autorizzati in Italia dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) e, sulla base delle conclusioni peritali, ha annullato il provvedimento di sospensione dal lavoro e dalla retribuzione di una sanitaria, che nel 2021 aveva presentato ricorso.Veronica Vaccaro, giudice del tribunale di Velletri, con sentenza pubblicata il 24 ottobre ha ritenuto illegittima la decisione presa dalla società San Raffaele nei confronti di una operatrice socio sanitaria (Oss) in epoca pandemica, in quanto emanata «sulla base di una normativa in contrasto con gli artt. 32 e 4 Cost, degli artt. 5 e 26 della Convenzione di Oviedo e dell’art, 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea». Finalmente un magistrato si avvale del suo potere/dovere istruttorio per «smontare» le affermazioni della Consulta. Rilevante, infatti, è quanto scrive il giudice Vaccaro a proposito di come si è espressa la Corte Costituzionale in relazione alla legittimità dell’imposizione dell’obbligo vaccinale. «La sentenza n. 15/2023», sottolinea, «ha valore dichiarativo e non costitutivo, essendo di rigetto […] e per effetto della mutevolezza nel tempo dei dati tecnico-scientifici la pronuncia ha valore erga omnes ed è vincolante, ma rebus sic stantibus, ossia fermi restando i presupposti tecnico-scientifici noti nel momento storico della pronuncia medesima; non potendosi escludere un superamento di quei dati per effetto di nuove e ulteriori conoscenze scientifiche». Il giudice Vaccaro ha disposto la consulenza tecnica d’ufficio (Ctu) medico legale, limitando l’indagine al profilo della prevenzione dal contagio, proprio per avere una risposta al quesito fondamentale. Ovvero: «I dati tecnico-scientifici in termini di sicurezza ed efficacia ai fini della prevenzione dal contagio dei vaccini anti Sars Cov 2 esistenti al momento dell’emanazione della norma […] e conosciuti dalla Corte costituzionale al momento delle sue pronunce, sono stati superati?». Perché chiarire la questione avrebbe anche giustificato o respinto l’utilizzo fatto dell’obbligo vaccinale, che limita per legge il trattamento sanitario sulla base del consenso libero e informato solo se in nome di una «tutela della salute pubblica». La conclusione del giudice del lavoro, sulla base della Ctu redatta e depositata a settembre, è una sentenza che fa giustizia. Le finalità di obbligo vaccinale «in concreto sono risultate insussistenti in termini tecnico-scientifici per inefficacia della vaccinazione anti Sars Cov 2 a prevenire la trasmissione dell’infezione dall’agente Sars Cov 2 e dunque a tutelare la salute pubblica». L’indagine del perito ha riguardato i vaccini Pfizer, Astrazeneca, Moderna e Jansenn, partendo dalla distinzione tecnico scientifica tra prevenzione dell’infezione e prevenzione della malattia, che è manifestazione dell’infezione «ma può anche non manifestarsi», pur essendo l’individuo infettato da un agente microbico. È stato citato il documento dell’Aifa che il 19 luglio scorso, a una precisa istanza dall’Associazione Arbitrium-pronto soccorso giuridico, rispondeva: «Al riguardo, si rappresenta che, allo stato attuale, nessun vaccino Covid-19 approvato presenta l’indicazione “prevenzione della trasmissione dell’infezione dall’agente Sars cov-2”». Non è questa l’indicazione terapeutica. Lo dichiarava già nelle Faq del 4 luglio 2021, che «i vaccini utilizzati in uso emergenziale non prevengono la trasmissibilità e la circolazione del virus, ma solamente la malattia Covid-19 determinata dal virus Sars Cov-2». E che gli stessi vaccinati potevano contagiare. La stessa Agenzia europea del farmaco (Ema), nella procedura centralizzata di approvazione faceva riferimento al solo utilizzo per prevenire la malattia. Quindi, non esistono vaccini che prevengono la trasmissione del virus del Covid, dalle schede tecniche risulta evidente che possono essere utilizzati a carico del Sistema sanitario nazionale solo per la prevenzione della malattia. Il perito tecnico ha confermato al giudice che gli anti Covid non erano mai stati autorizzati per prevenire l’infezione e inseriti di conseguenza, in base alla legge di riferimento 648/1996, nell’apposito elenco Aifa per «indicazioni diverse» e somministrabili solo a soggetti «affetti dalla patologia individuata», quando non esiste un’alternativa terapeutica valida. «Non sui sani, come è avvenuto nel caso di specie per la somministrazione» del vaccino anti Covid, rileva il giudice. Inoltre, le aziende produttrici non hanno compiuto studi registrativi sulla sicurezza dei vaccini dati a persone con pregressa malattia Covid 19, anche asintomatica, però pure i guariti sono stati obbligati ad accettare dosi in cambio della permanenza al lavoro e del diritto allo stipendio. E il San Raffaele non avrebbe «approvato alcun protocollo per poter utilizzare un farmaco off-label […] affinché lo si potesse utilizzare per la prevenzione della trasmissione del virus Sars Cov-2 a carico del Ssn», si legge sempre nella perizia. «Questa sentenza è espressione dell’adempimento del primario dovere di un giudice del merito: l’accertamento della “verità materiale”, purtroppo completamente omesso da troppi magistrati in questi ultimi anni», commenta l’avvocato Renate Holzeisen, che da subito si è battuta contro le somministrazioni di massa. Il legale invita la Commissione parlamentare d’inchiesta a considerare anche «l’uso illegittimo di enormi importi di soldi pubblici per l’acquisto di sostanze ai fini dell’impiego illegittimo, in una generalizzata applicazione non prevista dall’autorizzazione per l’immissione sul mercato».
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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