
Gli amministratori progressisti si schierano contro le nuove regole sugli stranieri per colpire Matteo Salvini. In realtà, stanno boicottando misure pensate per tutelare i loro concittadini. Che li ripagheranno alle urne.Anni fa un sociologo serio e di sinistra di nome Luca Ricolfi scrisse un libro dal titolo Perché siamo antipatici. Il succo del delizioso tomo era che i compagni soffrono di un complesso di superiorità: si sentono migliori degli altri e per questo alla fine la maggioranza degli italiani non li sopporta. Oggi se avesse tempo e soprattutto voglia il professor Ricolfi dovrebbe scrivere un seguito al suo saggio, intitolandolo Perché ci vogliamo suicidare. Protagonisti del volume ovviamente sempre i soliti progressisti, i quali dopo essere riusciti a farsi detestare paiono fortemente impegnati a sopprimersi. L'ultima mossa di questo straordinario processo di autodistruzione è la decisione di opporsi al decreto sicurezza. Essendo stato partorito da Matteo Salvini, molti sindaci di sinistra si rifiutano di applicarlo. A lanciare l'idea è stato Leoluca Orlando, primo cittadino di Palermo, uno che nella quarantennale carriera politica è riuscito a metter fine a tutto ciò che ha toccato. È stato così con la Dc, nelle cui file militò tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli anni Novanta; con la Rete, movimento che contribuì a fondare e ad affondare, e pure con l'Italia dei Valori, di cui fu portavoce. Nel 2013 si avvicinò a Rivoluzione civile di Antonio Ingroia, divenendone presidente, e si sa come finì. Adesso, nella sua terza o quarta vita, Orlando si è iscritto al Pd e c'è da attendersi una prossima débacle del Partito democratico. Per accelerare i tempi il sindaco di Palermo ha recentemente promosso l'iniziativa di una ribellione contro il decreto sicurezza. In pratica ha annunciato l'intenzione di continuare a iscrivere all'anagrafe del capoluogo siciliano qualsiasi migrante faccia richiesta di asilo, nonostante le nuove normi lo vietino. Essendo una decisione fuorilegge, ovviamente l'idea ha fatto subito proseliti, raccogliendo l'adesione del sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, di quello di Firenze, Dario Nardella, e dell'assessore alle politiche sociali del comune di Milano, Pierfrancesco Majorino. È probabile che entro il fine settimana altri si associno, pronti a ribellarsi al provvedimento voluto dal ministro leghista.Che cosa sperino di ottenere Orlando e i suoi seguaci non è ben chiaro. Forse, essendo stanchi della poltrona che occupano, desiderano essere rimossi, perché, come è chiaro a chiunque, rifiutarsi di applicare una legge dello Stato ha una sola conseguenza, ovvero l'intervento dello Stato. Che tramite il suo rappresentante, ossia il prefetto, può annullare la decisione di un sindaco o, se ne ravveda i termini, anche rimuoverlo. Di certo, a prescindere da ciò che deciderà il governo e di conseguenza il funzionario che ha l'obbligo di controllo sulle attività dei municipi, un risultato i «nuovi resistenti» lo otterranno presto: la rivolta degli italiani contro di loro, con il risultato che prospettavamo all'inizio, cioè la soppressione definitiva della sinistra. Quello messo in scena da Orlando e compagni è infatti un suicidio collettivo e per capirlo è sufficiente guardare a che cosa si stiano opponendo i sindaci progressisti. Leoluca, involontario becchino dei partiti in cui ha militato, rifiuta il divieto di iscrivere i profughi nell'anagrafe comunale. Secondo lui non farlo, come impone il decreto, sarebbe incostituzionale e aprirebbe un vulnus, perché ai migranti verrebbero negati i diritti della persona. Premesso che non spetta a un sindaco stabilire cosa sia costituzionale e che cosa non lo sia, in realtà agli extracomunitari che chiedono asilo non verrebbe negato alcun diritto della persona, perché quelli fondamentali, come ad esempio essere curati, sarebbero assicurati. Semmai a chi non sia munito della protezione umanitaria verrebbe negata la residenza, cioè di iscriversi nelle liste per ottenere un alloggio popolare, oppure negli elenchi per mandare i figli all'asilo nido. Tradotto, se il profugo si ammala, i contribuenti italiani continuano a pagare anche per lui, anche se costui potrebbe non averne diritto. Il decreto che Orlando e gli altri respingono, invece, impedirà agli immigrati senza diritto d'asilo di ottenere le case popolari e i sussidi per pagare bollette e affitto, scavalcando gli italiani. Al che il capopopolo di Palermo ha tuonato: «È una legge disumana e criminogena», e subito la sinistra si è accodata, annunciando una rivolta generale. Così, come ha fatto negli ultimi quarant'anni, suonando la trombetta il pifferaio siciliano, sull'esempio di quello di Hamelin, sta portando i compagni al suicidio. Perché c'è una cosa che gli italiani non sopportano ed è di dover pagare per chi è appena arrivato, mentre a loro sono negate case e aiuti. Ma tutto ciò chi ha un complesso di superiorità non lo può capire.
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
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In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.






