2022-02-19
Se davvero seguite la scienza
togliete le restrizioni subito
Andrea Crisanti: «La copertura vaccinale dura poco, approfittiamone per abolire i divieti ora». Maria Rita Gismondo: «Via il green pass». Gian Vincenzo Zuccotti: «Liberiamo i bimbi». Ma la banda Speranza vuole prorogare l’obbligo per gli over 50.Cincischiare è controproducente: bisogna agire ora. Andrea Crisanti dovrebbe spiegarlo a Mario Draghi, che sulle riaperture non ha proprio le idee chiarissime. Intanto, lo spiega alla Verità: le restrizioni anti Covid vanno eliminate tutte e subito, «perché la copertura dei vaccini dura poco e quindi, paradossalmente, più si ritarda e peggio è». Abolendo adesso i divieti, l’alto livello di protezione collettiva ci permetterebbe di riassorbire l’eventuale impatto della liberazione sulle infezioni; dopodiché, andando verso l’estate, si confiderebbe nella tregua, «legata alla stagionalità del virus». Il microbiologo dell’Imperial College è un pazzo? Un irresponsabile? Di sicuro, è in buona compagnia. Anche Maria Rita Gismondo sconsiglia ulteriori tentennamenti: «Tutto ci lascia supporre che la pandemia stia finendo; la certezza l’avremo solo a settembre-ottobre, il periodo in cui, di solito, si registra una recrudescenza del virus. Ma oggi ci troviamo nella necessità assoluta di vivere». Vivere, non sopravvivere: riprenderci la nostra quotidianità, la nostra socialità, i nostri diritti. «In questo momento», osserva la professoressa, «il virus sta circolando meno; le infezioni, salvo che nei pazienti particolarmente fragili, sono blande; quindi, dobbiamo eliminare tutte le misure. Non c’è motivo, ad esempio, di mantenere il green pass». Che non è uno strumento di profilassi sanitaria. E che non ha più nulla da dare nemmeno come obbligo vaccinale surrettizio: «Da quel punto di vista, abbiamo già ottenuto il massimo; il resto è solo un intralcio alla vita normale». La Gismondo cancellerebbe anche l’imposizione della puntura agli over 50, che invece la banda di Roberto Speranza vorrebbe prorogare oltre il 15 giugno: «Alcuni degli ultracinquantenni non vaccinati stanno semplicemente aspettando il Novavax, che doveva arrivare entro il 24 febbraio. Detto ciò, se uno non si vaccina entro la primavera, non cambierà idea perché rimane in piedi la norma. Basta: lasciamo lavorare la gente».Un’altra incosciente? Sarà. Fatto sta che il mito del lasciapassare è insidiato da un crescente scetticismo. Il redento Matteo Bassetti sostiene che mantenerlo dopo marzo sarebbe solo «un mostrare i muscoli in un gioco che non vale la candela». Il presidente della Società italiana di virologia, Arnaldo Caruso, bacchetta Walter Ricciardi, che lo vorrebbe conservare per tutto il 2022. L’infettivologo Massimo Andreoni, intervistato dal Corriere della Sera, ammette che la card «ha perso significato, tanto più se intendiamo andare verso uno scenario di libertà che prevede stadi pieni e discoteche in attività». E «la strada del pieno ritorno alla normalità» è «corretta, dopo due anni di pandemia. Partiamo da basi solide. La popolazione è al 90% immunizzata, abbiamo farmaci e bisogna usarli al meglio». Su Libero, l’immunologo Francesco Le Foche propone, più timidamente, di «svincolare qualcosa» dal green pass: «Penso ai ristoranti, ai bar, ad altre professioni come i parrucchieri». Ad ogni modo, il medico dell’Umberto I di Roma conferma che il foglio verde non è «uno strumento scientifico». E snobba l’obbligo vaccinale: «Serviva prima», semmai, però «io mi sono sempre battuto per la vaccinazione attraverso la persuasione». Persino il Cts, argomenta, è un organismo obsoleto: «Se non c’è più l’emergenza…». Era già stato uno dei suoi membri, Sergio Abrignani, a preconizzarne la soppressione il 31 marzo. Possibile che costoro siano degli squilibrati? Dei negazionisti? Draghi e Speranza prendano appunti: gli esperti, quelli che si vantavano sempre di seguire, invocano la normalità. La «vecchia» normalità, che esisteva prima della pandemia; non quella «nuova», fondata su apartheid vaccinale, tesserine digitali, codici a barre. Il governo rivendica continuamente di prendere decisioni basate sulla scienza: ora cosa fa? Dà retta ai «competenti» solo se gli conviene? Li usa come foglie di fico e li ignora quando non stanno più al gioco? O, magari, seleziona il consulente più allineato? Quello che propugna «gradualità e prudenza»? Tipo l’irriducibile Franco Locatelli, coordinatore del pur pensionando Comitato, che s’è incaponito: «Non deve passare il messaggio di un liberi tutti». Guai a pensare che la libertà ci spetti per natura, anziché per gentile concessione dei «virocrati». Invero, una svolta sarebbe particolarmente salutare per i bambini, i meno vulnerabili al Sars-Cov-2, ma i più penalizzati dalle restrizioni. Il pediatra Gian Vincenzo Zuccotti, dell’ospedale Buzzi di Milano, chiede «un po’ di buon senso. Cominciamo abolendo la distinzione tra alunni vaccinati e non vaccinati, le quarantene e i tamponi agli asintomatici. Limitiamoci a tenere a casa i bambini che manifestano sintomi, come abbiamo sempre fatto». La «vecchia» normalità, appunto. E le mascherine in classe? «Potremmo procedere così: eliminiamo le altre restrizioni e se entro due settimane la situazione è sotto controllo, togliamo pure quelle». Ecco: la battaglia per una tabella di marcia precisa è sacrosanta. La scelta più giusta, nonché la più scientificamente fondata, sarebbe quella di darci immediatamente un taglio con le regole folli, le discriminazioni, la guerra di religione tra sì vax e no vax. Ma se l’esecutivo non vuole ammettere i propri errori, almeno dia delle certezze. A quanti contagi, quanti morti, quanti ricoveri, si potrà smontare il baraccone Covid? Numeri, parametri, date. Non basta mica revocare lo stato d’emergenza, se poi le conquiste di libertà sono una manciata di spettatori in più allo stadio e il permesso di mangiare i pop corn al cinema. «Va bene la gradualità», incalza Zuccotti, «purché sia una gradualità programmata. Non sono sufficienti gli impegni generici: “Vedremo”, “Valuteremo”, “Decideremo”…». Tuttavia, a quelli è fermo Mario Draghi. Ieri, in conferenza stampa, il premier ha dribblato la domanda della nostra Flaminia Camilletti: se ne deduce che il presidente del Consiglio non sia in grado di chiarire come mai il mondo riparte, mentre l’Italia rimane al palo. «Voglio uscire il più presto possibile» dall’emergenza, ha giurato lui, e «limitare le restrizioni al più presto possibile». Ammettendo, al contempo, che «non abbiamo una road map specifica, ma è questione di giorni». Quanti giorni? E quando sarebbe «il prima possibile»? Siete i «migliori» e non sapete fissare un appuntamento?