2019-01-27
Se non altro «Il primo re» non è africano
È arrivato nelle sale l'atteso film sulla leggenda di Romolo e Remo. In un'epoca di pellicole soporifere, di polpettoni politicizzati e di serie tv in cui persino l'Achille omerico diventa scuro, il coraggio di ricreare certe atmosfere senza compromessi va premiato.Ma se l'Enea «profugo turco» ci insegna ad aprire le porte agli immigrati, la storia di Romolo e Remo ci deve indurre a depenalizzare il fratricidio? Il quesito viene spontaneo e la battuta ci sta, dopo che per mesi una certa intellighenzia non ha esitato ad attingere persino all'Eneide (senza peraltro leggerla) al fine di perorare la causa dell'invasione. Il fatto è che la mitologia è materia rovente, tirarla per la giacca è sempre operazione a rischio. E, soprattutto, non è mai materia «neutra», buona per tutte le stagioni e per tutte le cause. Prova ne sia Il primo re, il film in uscita in tutte le sale, diretto da Matteo Rovere e interpretato da Alessandro Borghi e Alessio Lapice. Una pellicola ambiziosa, dedicata appunto agli eventi leggendari che precedono la fondazione di Roma, con dialoghi in latino arcaico e ambientazioni che riportano a una sana violenza primitiva. Già solo per aver pensato un film del genere, in effetti, il regista andrebbe premiato. Finalmente una pellicola che sovverte i canoni del cinema italiano e che fuoriesce da quelli che sembravano essere gli unici modelli possibili: il polpettone esistenzialistico sui quarantenni in crisi di identità, il romanzone civile per dire ai sessantottini che la loro ribellione giovanile non è stata inutile, il gangster movie di borgata ammantato da film di denuncia ma che in realtà vuole solo fare cassa con tanto piombo, tante donne seminude e tanti Clint Eastwood dialettali. Il riferimento obbligato, qui, è piuttosto Mel Gibson, quello più politicamente scorretto, quello che ha messo sulla pellicola il cristianesimo tragico e sanguinante di The Passion, quello che ha fatto a pezzi il mito del buon selvaggio in Apocalypto. La produzione del film è sembrata peraltro sin da subito ben consapevole di questo aspetto dirompente, rispetto agli stilemi italiani, tanto da giocarci anche un po' su, come quando è stato diffuso il video del regista che, all'inizio, delle riprese, dice alla troupe: «Fino al 20 di agosto potete decidere di andarvene, di scappare. I posti sono difficili, pioverà sempre, gireremo con la pioggia, gireremo col fango. Il film l'avete letto, ha tanto difficoltà dentro. Non lo nascondo, ve lo dico sinceramente». Il tutto mentre i protagonisti tirano di boxe e scolpiscono fisici in palestra. Quanto ci sia di artificioso in questa aura di leggenda costruita attorno alla pellicola non conta: nessuno si chiede se davvero Stanley Kubrick maltrattasse gli attori per avere reazioni più drammatiche sul set, il cinema è mito sia davanti che dietro la macchina da presa, e va bene così.Di questi tempi, poi, rende quasi stupefatti quel rigore filologico basico che dovrebbe essere il minimo sindacale, ma che invece oggi è merce rara e quasi sovversiva: ma come, un film sulle origini di Roma senza neanche un attore africano? Dopo l'Achille nero di Troy: fall of a city, dopo il governatore romano della Britannia dalla pelle scura nel cartone della Bbc del 2014, dopo il Lancillotto scuro della serie C'era una volta e la Ginevra della Guyana di Merlin, aver scampato il blackwashing non è cosa da poco. Perché un po' ce lo aspettavamo, un Romolo del Maghreb sponsorizzato dagli immancabili studiosi in vena di dimostrare l'indimostrabile pur di fare a pezzi la nostra identità. E invece così non è stato. Sulla verosimiglianza storica, sull'attenzione alle fonti, sulla concordanza con la lettera e con lo spirito della leggenda di fondazione, gli esperti si accapiglieranno il giusto. E certo suona un po' blasfema una certa attenzione, più volte ribadita in fase di promozione, alle ragioni di Remo, il fratello ribelle, nonché alla sua rivolta contro i numi e il destino. Moderno, troppo moderno è questo pathos per la sfida titanica al divino, per l'affermazione di una libertà individualistica. Nella leggenda originaria, i due fratelli, in effetti, incarnano due progetti di civiltà differenti. Romolo voleva fondare la nuova città sul Palatino e chiamarla Roma. Remo voleva invece far crescere il suo insediamento sul colle Aventino e chiamarlo Remoria. Remo voleva quindi fondare la città su un luogo rurale, fuori dal centro abitato, nel luogo dove si svolgeva il noviziato degli iniziandi. Remo è il non-iniziato, colui che non è divenuto adulto, cittadino. Egli, dice Andrea Carandini, è un «eterno iniziando che non si integra nella comunità». Remo, continua, «non riesce a superare la marginalità che l'iniziazione comporta – per la sua selvatica esemplarità e che non arriva a integrarsi nella comunità degli adulti». È per questo che la sua città è una contro-città, una città invertita. La sua colpa, alla fine, è simbolizzata dall'attraversamento rituale di una frontiera, dalla violazione di un confine. E l'ordine, la civiltà, la bellezza sono concepibili solo a patto che venga preservato quel confine. Questa è la leggenda del primo re. E non c'è interpretazione moderna che possa attenuare la portata dirompente di questo messaggio.
Giorgia Meloni al Forum della Guardia Costiera (Ansa)
«Il lavoro della Guardia Costiera consiste anche nel combattere le molteplici forme di illegalità in campo marittimo, a partire da quelle che si ramificano su base internazionale e si stanno caratterizzando come fenomeni globali. Uno di questi è il traffico di migranti, attività criminale tra le più redditizie al mondo che rapporti Onu certificano aver eguagliato per volume di affari il traffico di droga dopo aver superato il traffico di armi. Una intollerabile forma moderna di schiavitù che nel 2024 ha condotto alla morte oltre 9000 persone sulle rotte migratorie e il governo intende combattere. Di fronte a questo fenomeno possiamo rassegnarci o agire, e noi abbiamo scelto di agire e serve il coraggio di trovare insieme soluzioni innovative». Ha dichiarato la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni durante l'intervento al Forum della Guardia Costiera 2025 al centro congresso la Nuvola a Roma.
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