2024-06-10
Se Mattarella trascura la parola «nazione»
Nel discorso per la festa del 2 giugno, il presidente ha definito l’Italia una «collettività», cioè un insieme di persone con interessi simili. Una bocciofila, in pratica. Ma noi abbiamo una storia comune che non deve essere banalizzata con termini impropri.Pesare le parole. Vuol dire che le parole devono essere misurate, non si può tirare fuori la prima che ci capita in testa, perché hanno un significato e quindi un effetto. L’altrui mestiere è una raccolta di articoli pubblicati da Primo Levi, chimico e scrittore, sul quotidiano La Stampa. L’ultimo piccolo saggio si intitola Dedicato a un lettore e contiene le istruzioni per diventare scrittore: tenere sempre sul tavolo un dizionario dei sinonimi e contrari e un dizionario etimologico e consultarli a ogni rigo perché i cosiddetti sinonimi non hanno tutti lo stesso significato, bisogna pesare le parole con la precisione del bilancino di laboratorio, quello che arriva anche ai microgrammi. Per inciso, ho deciso di diventare scrittore dopo aver letto quel piccolo saggio. Mi aveva affascinato l’ultima riga: per poter scrivere occorre avere qualcosa da dire. Per scrivere occorre avere fede in qualcosa, occorre avere qualcosa per cui battersi, anche solo la piccola battaglia di far sorridere qualcuno o di aiutarlo a ritrovare il coraggio quando lo ha perduto, altrimenti quelle scritte sono parole inutili, se pubblicate diventano alberi inutilmente abbattuti. Alcuni editor hanno la pessima abitudine di «purgare» il testo dello scrittore dal sinonimo che lui aveva scelto in quanto l’unica parola perfetta per quel contesto, e sostituirlo con una parola meno desueta e più usata, con una precisa politica di banalizzazione. Ho conservato l’abitudine di analizzare, spesso con il dizionario, anche i testi altrui, perché le parole esplorano l’animo umano, e comunicano quello che c’è, non possono comunicare quello che non c’è. La Costituzione statunitense comincia con le orgogliose parole «We the People», noi il popolo. Definizione di popolo (Treccani): «Complesso degli individui di uno stesso Paese che, avendo origine, lingua, tradizioni religiose e culturali, istituti, leggi e ordinamenti comuni, sono costituiti in collettività etnica e nazionale». Si sente in queste parole l’orgoglio di essere americani, la volontà di continuare a esserlo. Il capo dello Stato Sergio Mattarella, per ricordare la nascita della Repubblica con il referendum del 2 giugno, ha fatto un discorso molto interessante dal punto di vista linguistico, un discorso dal quale si possono dedurre un enorme numero di informazioni, e dove non si sente nessuna fierezza. Particolarmente interessante questo passo: «Fare memoria del lascito ideale di quegli avvenimenti fondativi è dovere civico e preziosa opportunità per riflettere insieme sulle ragioni che animano la vita della nostra collettività, inserita oggi nella più ampia comunità dell’Unione europea cui abbiamo deciso di dar vita con gli altri popoli liberi del continente e di cui consacreremo, tra pochi giorni, con l’elezione del Parlamento europeo, la sovranità». La famosa frase ha scatenato l’indignazione di Claudio Borghi, e in effetti un pochetto mi sono irritata anche io perché è oggettivamente in contrasto con l’articolo 1 della nostra Costituzione che afferma che la sovranità appartiene al popolo, quindi anche a me. «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». La sovranità può essere limitata, non ceduta. Riassumo per chi sia poco pratico di sinonimi: limitare, «rinuncio a un pezzetto». Non c’è un numero preciso, ma limitare è un qualcosa che si aggira attorno al 15%, eccezionalmente 20, obbligatoriamente minore del 50% perché altrimenti i termini corretti sono amputare o ridurre, che vogliono dire «rinuncio a un pezzo grosso». Cedere è rinunciare al 100%. Nella Costituzione è scritto come la sovranità, o per lo meno più del 50% della suddetta appartiene a noi che siamo il popolo. Io comincio a essere parecchio seccata, ma proprio tanto, che il presidente Mattarella, con il suo stile impeccabile e innegabile, continui a consegnare ad altri la mia sovranità. La mia sovranità mi è già stata tolta per rinchiudermi in casa e concedermi di uscire solo per necessità impellenti e irrinunciabili e solo con un bavaglio sulla faccia. Il dottor Fauci ha appena candidamente confessato che il lockdown e la mascherina erano scemenze che si erano inventati lui e i suoi compagni di merenda. Scusate, lo avevo detto anche io e lo avevo detto subito. Non esisteva nessun lavoro scientifico che ne dimostrasse l’utilità, ed era evidente che fossero dannosi; evidente oltre che, questo sì, documentato da lavori scientifici inoppugnabili che ho pubblicato e ripubblicato sulla Verità e sul mio blog nell’indifferenza generale. La nostra sovranità di uscire a fare due passi solo per respirare all’aria aperta, senza doverci inventare di dover andare in farmacia e senza farci prestare il cane dalla vicina è stata presa a calci e abbattuta a colpi di ascia grazie alle ingiustificabili decisioni prese dal cosiddetto comitato tecnico scientifico su istigazione di Fauci e degli amichetti suoi. La mia elementare sovranità sul mio corpo è stata negata. Il sistema immunitario è mio e me lo gestisco io. L’Ordine dei medici di Torino ha osato sospendermi senza nessuna possibilità di guadagno (anche la telemedicina mi è stata vietata), con la sempre comprovata tecnica di abbattere i dissidenti per fame, per aver rifiutato un farmaco in fase sperimentale di cui nessuno si è preso il disturbo di analizzare la composizione, effetti sulla cancerogenesi e teratogenesi, con i contratti di acquisto secretati e senza nessuna capacità di fermare il contagio, quindi la sua imposizione non è stato il rispetto del diritto alla salute sancito dalla Costituzione, ma pura persecuzione del dissidente in stile squisitamente sovietico. Sono stata radiata per aver detto che il rapporto rischi benefici non giustificava l’uso del farmaco. La mia sovranità sul mio diritto di parola non è stata difesa. Dei disastri della gestione pandemica ha parlato in televisione solo il giornalista Mario Giordano. L’onorevole Sergio Berlato e la scrittrice Francesca Totolo sono tra i pochi che hanno fatto sentire la propria voce per difendere la sovranità sanitaria dell’individuo. È interessante il termine «collettività», per indicare la roba di cui Mattarella si dichiara presidente. Collettività secondo i dizionari indica una «pluralità di persone considerate dal punto di vista dei loro rapporti sociali ed economici»: si conoscono e hanno un qualche interesse economico in comune. Un esempio potrebbe essere una bocciofila. Perché esiste un reato di vilipendio al presidente della Repubblica se per sua stessa ammissione la sua figura ha la dignità del presidente di una bocciofila, una grande bocciofila ma senza alcun affetto in comune per la stessa religione, la stessa storia, la stessa lingua, lo stesso Dante, la stessa cultura: una bocciofila. Magdi Cristiano Allam è di origine egiziana, ma ama appassionatamente l’Italia e la sua cultura, quindi appartiene al popolo italiano, con cui vuole condividere il passato e il futuro. Stato, nazione, patria, popolo erano i sinonimi che il presidente Mattarella ha scartato. Avrebbe potuto anche dire «italiani, fratelli, popolo mio», un po’ retorico, ma suonava bene, e invece no, ci ha chiamato «collettività».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)