2019-09-08
Se c’è da difendere la morte di Stato l’islamofobia non vale
Criticare il Corano è tabù. Tranne che per chi chiede l'eutanasia per Tafida Raqeeb: cercano di scavalcare la madre perché musulmana.Tafida Raqeeb è una bimba inglese di 5 anni, è in coma da mesi in seguito a un grave malore e il Royal London hospital di Londra vorrebbe staccarle i supporti vitali. I genitori si oppongono. Una storia simile a quella di Charlie Gard e Alfie Evans, i piccoli malati soppressi nel Regno Unito nel loro «miglior interesse» (così dicono le corti di giustizia). E infatti la Fondazione Bart, che sovrintende al nosocomio londinese, ha chiesto di revocare la rappresentanza legale alla madre di Tafida nel processo che deciderà la sorte di sua figlia. Ma la triste vicenda, rispetto al precedente dei Gard e degli Evans, mette in luce una contraddizione nella sottocultura di morte che impera in Occidente.Il motivo per cui il Royal London hospital ce l'ha con la signora Shelina Begum, madre di Tafida, è che la donna è musulmana. E la religione islamica proibisce l'eutanasia. Eccolo, il cortocircuito. Nella Londra dove gli islamici hanno costruito una sistema parallelo di tribunali, applicando la sharia nel cuore della City; nella Londra del sindaco Sadiq Khan, che si dichiara musulmano praticante e che aveva lanciato una crociata (anzi, una «califfata») contro i manifesti pubblicitari che mostrano donne in abiti succinti (lui l'ha venduta come una battaglia femminista, ma chissà che non ci fosse una curiosa convergenza tra Me too e maschilismo islamico); in questa Londra, insomma, di solito hanno tutti paura di pestare i piedi ai fedeli di Maometto. In fondo, la Gran Bretagna è il Paese in cui già nel 1989, quando una fatwa dell'ayatollah Ruhollah Khomeyni colpì l'autore de I versi satanici, Salman Rushdie, indiano naturalizzato inglese, diversi politici si schierarono con i musulmani indignati dal libro anti islamico e che volevano (letteralmente) la testa dello scrittore.Eppure, se c'è di mezzo l'uccisione di una bambina in un letto d'ospedale, improvvisamente nessuno si preoccupa di passare per islamofobo. Anzi, i legali della clinica londinese insistono: proprio in quanto musulmani, i genitori della piccola Tafida non possono occuparsi in modo equilibrato della questione. Non possono garantire il «miglior interesse del bambino».Sarà. La sensazione è che l'islam vada benissimo quando si riduce a un puntello del sistema capitalistico. Quando equivale a flussi di capitali (anche se di dubbia provenienza) per la Borsa, quando compra squadre di calcio, quando propone un modello di società fondato sulla ricchezza immensa di pochi (non) eletti e sulla servitù obbediente dei molti - il sogno di qualche magnate occidentale! - o quando coincide con la fede degli immigrati che arrivano sui barconi, il credo maomettano è un bene da proteggere o, alla peggio, un male da tollerare. Pazienza se ogni tanto un passante viene accoltellato da un fanatico, o se un fondamentalista falcia i pedoni con un furgone. Quando però l'islam fa la religione, opponendosi alla deriva nichilistica dell'Europa, improvvisamente i cultori della morte affilano le spade. D'altro canto, se la brama dell'Occidente è di suicidarsi, consegnarsi all'islam significa estinguersi gradualmente. Sopprimere con l'eutanasia le vite «indegne» è un metodo molto più veloce.
Il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Getty Images)
Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco