2021-09-02
Lo scrittore buonista vuole randellare chi dissente da lui
Nel suo ultimo libello, Edoardo Albinati si scaglia contro Francesco Borgonovo: va punito per le critiche al ddl Zan con insulti e un fracco di legnate.Ci risiamo: a chi dà fastidio La Verità? Non solo ai vari Andrea Romano e Alessandro Sallusti, che non sopportano la nostra indipendenza e la nostra libertà di giudizio, ma anche a tal Edoardo Albinati, che di noi si occupa nel suo ultimo libercolo. Vi state chiedendo chi sia costui e perché mi prenda la briga di occuparmene? Più che per le sue opere, l'uomo è noto per una frase che pronunciò nell'estate di tre anni fa, durante la presentazione del diario di un suo viaggio in Niger. Alla libreria Feltrinelli di Milano, il vincitore del premio Strega 2016 (avendo scritto un testo sul declino della borghesia romana non poteva che finire sul podio del circolo letterario di sinistra) si lasciò andare alla seguente esternazione: «Ho desiderato che morisse qualcuno sulla nave Aquarius. Ho detto: adesso, se muore un bambino io voglio vedere che cosa succede per il nostro governo».L'Aquarius era una nave che Matteo Salvini, all'epoca ministro dell'Interno, aveva fermato in acque internazionali, vietando lo sbarco di oltre 600 migranti in quanto a sovrintendere alle operazioni avrebbe dovuto essere Malta. Ma ad Albinati non interessava che fosse rispettato il diritto internazionale, né che il governo spagnolo si fosse offerto di accogliere gli extracomunitari: lo scrittore sognava di riuscire a mettere in difficoltà Salvini e l'esecutivo, tanto da auspicare la morte di un bambino a bordo della nave per poter assistere alle conseguenze. Sì, il cinismo dell'intellettuale politicamente impegnato, del buonista favorevole all'accoglienza indiscriminata (immaginiamo però non a casa sua), è arrivato ad augurarsi il decesso di un minore pur di raggiungere i propri scopi.Ma ora il cinico Albinati si è superato, infilando nella sua ultima opera alcune paginette che dimostrano non solo il livore che lo anima e che lo spinge a desiderare la morte di qualcuno, ma anche il disprezzo per qualsiasi opinione che non sia la sua. In Velo pietoso, un titolo che meglio di qualsiasi altro si adatta alle considerazioni sparse in poco più di un centinaio di pagine, l'insegnante del carcere di Rebibbia (è questo il suo vero lavoro) se la prende con il nostro Francesco Borgonovo, reo di non pensarla come lui sul disegno di legge Zan, quello che vorrebbe introdurre nel nostro codice penale il reato di omofobia e istituire nelle scuole - anche in quelle elementari - la giornata contro la omotransfobia, cioè una specie di gay pride nelle ore di studio. A scatenare le ire di Albinati è stata una trasmissione tv, dove il nostro vicedirettore ha pronunciato parole di buon senso in nome della libertà di pensiero. «Andrebbe studiato il fatto che a reclamare libertà, a inneggiare alla libertà» scrive l'intellettuale che si è augurato la morte di un bambino,«siano soprattutto elementi di destra e di estrema destra: nelle piazze la bandiera della libertà viene spesso sventolata da veri e propri energumeni che, fino a non molto tempo fa (e anche adesso, in fondo) adoravano la dittatura e invocavano i dittatori». Il metodo è chiaro ed è quello che usano tutti i sinceri democratici che combattono la dittatura e i dittatori. Siccome non sei d'accordo con me, non mi confronto con le tue opinioni, ma cerco solo di denigrarti, di delegittimarti, per sostenere che non hai diritto di parola, e lo faccio con i metodi più biechi e contraddittori di cui dispongo. Così, dopo aver dato dell'energumeno a Borgonovo pur senza citarlo, Albinati lo descrive, senza neppure rendersi conto di smentire il suo stesso racconto. «È un tipo magrolino, pacato nei modi e rigido negli argomenti, che vorrebbe apparire dialogante e beneducato (quanto spesso sotto l'educazione cova l'odio, e non c'è nulla di più micidiale dell'odio tenuto a bada, quando ha modo di scatenarsi…) con la barbetta curata, insomma un tipo che una volta avrebbe preso la tonaca, aria da seminarista e logica capziosa». Talmente roso dal suo anticlericalismo - avendo studiato dai preti, l'uomo credo abbia un problema irrisolto e un'ossessione per le tonache - Albinati evidentemente ritiene che dar del seminarista a qualcuno sia la peggiore delle offese. Dunque, non solo gli rimprovera di «scaldarsi appena», cioè di non insultare nessuno mentre sostiene i suoi argomenti, ma a Borgonovo (che non cita ma fa in modo che tutti capiscano di chi parla) rimprovera anche altro. «C'è un dato nascosto dal suo aspetto di novizio, ma naturalmente nessuno ha la sfacciatezza di farlo emergere. Visto che questo apostolo della libertà di parola vorrebbe, in sostanza, che si fosse liberi di chiamare frocio un frocio, forse l'unico modo per scuotere le sue convinzioni o forse di far emergere la sua vera natura, la segreta ragione per cui si oppone a una legge che tutela omosessuali&Co, gli altri ospiti dovrebbero interromperlo (…) e gridargli: “A froooociooo!". Ma i suoi colleghi non possono, è ovvio, arrivare a tanto. Lo faccio io al posto loro». E giù un altro «A frooociooo» con tre punti esclamativi, oltre a un altro richiamo al «pretino di estrema destra». Che dire? Questo è un intellettuale di sinistra, pluripremiato e impegnato, tipico esempio del culturame prodotto dai compagni. Un tizio che si augura la morte di un bambino e che, grazie all'educazione di una scuola cattolica dove una famiglia benestante lo ha mandato, oggi dà del prete, del frocio, dell'energumeno, del fascista e del sostenitore di dittatori a chiunque non condivida i suoi argomenti. Non c'è interesse per le opinioni altrui. Non c'è cultura, né amore per la libertà di parola e per il dibattito, mito in cui la sinistra romana, culla di Albinati, è cresciuta, storpiando il sostantivo con l'aggiunta di un paio di b, tanto che il tic è esempio della povertà di un intero ceto intellettuale. Sì, lo scrittore su cui bisognerebbe stendere un «Velo pietoso» sa solo desiderare la morte e insultare usando le stesse parole che vorrebbe vietare. Albinati è uno di quelli che si lamentano dell'odio e lo vorrebbero vietare per legge, ma soltanto agli altri, per poi poter continuare a essere i soli a odiare i preti, i politici e i giornalisti che non la pensano come loro. Del resto, nel libro svela il rancore che cova dietro le sue parole. «Ecco dove ci condurrà la nuova legge anti-discriminazioni (cioè la legge Zan, ndr): a discriminare quelli come lui (cioè Borgonovo, ndr) che la contestano. Ma dài, su, bello mio ringrazia! Finora ti ha detto piuttosto bene, prima o poi potrebbero darti un fracco di legnate per esserti opposto a una legge che protegge omosessuali e trans». Da qui si vede il sincero democratico, quello che si augura la morte per raggiungere il suo obiettivo. Lo scrittore che vuole la legge anti discriminazioni, sotto sotto sogna la discriminazione dell'altro di cui non condivide le opinioni e per cui prova odio. E così, la logica conclusione di un tipo che accusa l'altro di adorare la dittatura, è il metodo usato da qualsiasi dittatore: un fracco di legnate. Sì, il solo modo per raddrizzare le idee, come piaceva a stalinisti, maoisti e castristi. Perché sotto il «velo pietoso» di questi buonisti, cresciuti nell'agio della buona borghesia che condannano, c'è sempre la solita dottrina: il comunismo. Una tara che pesa più dell'educazione impartita dalla scuola cattolica.
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