2021-10-17
«Sciogliere i gruppi neofascisti». Lo show pre elettorale della Cgil
Alla faccia del silenzio prima del voto, i sindacati riuniscono la sinistra a Roma in nome dell'antifascismo. Presenti anche Enrico Letta, Giuseppe Conte e tutti i big giallorossi. Tra assembramenti e slogan truci («tornate nelle fogne»).Si temeva che potesse essere un nuovo teatro di scontri come quelli avvenuti la settimana scorsa dopo la manifestazione di piazza del Popolo. Invece, il clima tra la maggior parte dei manifestanti che ieri a Roma a piazza San Giovanni hanno partecipato alla manifestazione indetta dai sindacati confederati contro la presunta emergenza democratica, più che quello della resistenza contro il fascismo, era da scampagnata tra amici. L'imponente servizio d'ordine, schierato in testa al corteo (indetto dalla sola Cgil) con i componenti disposti in cordone, si è rivelato superfluo. Ma al tempo stesso indicativo del timore che frange estreme, come quelle dei centri sociali, potessero ripetere i disordini scatenati proprio in quella piazza 10 anni fa, azzerando l'effetto mediatico dell'irruzione nella sede del sindacato di sabato scorso. E vanificando l'occasione di ricompattare le truppe del centrosinistra alla vigilia dei ballottaggi delle amministrative, con una manifestazione indetta nel giorno del silenzio elettorale. Alla quale erano presenti, ma senza intervenire sul palco e senza rilasciare dichiarazioni su temi elettorali, numerosi big del Pd. Dal segretario Enrico Letta (che non ha rilasciato commenti), al suo predecessore e presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, al ministro del Lavoro, Andrea Orlando, a Laura Boldrini. In piazza anche tutto lo stato maggiore del Pd romano, compreso il candidato sindaco Roberto Gualtieri. Oltre a lui, presente Marta Leonori, ex assessore della giunta guidata da Ignazio Marino e oggi capogruppo in Regione. Con loro numerosi candidati al consiglio comunale e alle presidenze dei municipi. Tra i 5 stelle sono stati notati l'ex premier Giuseppe Conte, (che lasciando la manifestazione ha parlato di «una grande festa democratica senza colore politico»), il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, Alfonso Bonafede e Paola Taverna. Per Leu presenti Massimo D'Alema, il ministro della Salute Roberto Speranza e Pierluigi Bersani. Partito dal quartiere Esquilino scortato da due blindati della Polizia, il corteo della Cgil era un concentrato di slogan legati al nome della manifestazione: «Mai più fascismi». A cominciare dal primo striscione del corteo, con la minacciosa scritta «Noi con i fascisti abbiamo finito di parlare il 25 aprile 1945», per arrivare alle pettorine rosse di alcuni partecipanti, con sopra la scritta Fpcgil, che rappresenta il comparto Funzione pubblica, mutato per l'occasione in «funzione partigiana». Tanti i cori che intonavano «Bella ciao» (suonata anche dagli altoparlanti alla fine della manifestazione), e gruppi di partecipanti che scandivano evergreen degli slogan da manifestazione anni Settanta, come «ora e sempre resistenza», «el pueblo unido jamás será vencido» e «fascisti carogne, tornate nelle fogne». Dal palco, dopo aver chiesto verità sulla morte di Giulio Regeni, il segretario della Cgil, Maurizio Landini, ha gridato: «No ai fascismi, i gruppi vanno sciolti, le forze che si richiamano al fascismo e che usano violenza devono essere sciolte. Questa piazza chiede atti concreti e non chiacchiere o impegni. Dalla solidarietà si deve passare all'azione concreta. È il momento che lo Stato dimostri la sua forza democratica nel far applicare le leggi e la Costituzione». A dargli man forte nella battaglia il suo omologo della Uil Pierpaolo Bombardieri: «In questa piazza c'è la nuova Resistenza. Cgil Cisl e Uil sono organizzazioni antifasciste e non c'è spazio né per gli squadristi né per i violenti». Ma nella piazza, come detto, i manifestanti, più che sentirsi sulle montagne in lotta contro il nemico, sembravano studenti in gita scolastica. Lungo via Merulana, una militante in felpa della Cgil si è soffermata a lungo a immortalare un piccione che beveva da una fontanella. Mentre molti suoi colleghi, riconoscibili dall'abbigliamento brandizzato, attendevano il passaggio del corteo seduti ai tavolini dei bar della zona. In piazza la situazione non era diversa. La maggior parte dei presenti, riuniti in capannelli, chiacchierava, fumava. Alcuni bivaccavano seduti per terra con un panino e una bottiglia di vino, di cui commentavano la qualità. Senza alcuna forma di distanziamento, del resto impossibile da mantenere nella calca di persone in piazza e spesso anche senza mascherina. Uno degli effetti raggiunti è quindi quello di aver provocato, in nome dell'antifascismo, il più imponente assembramento di persone visto in Italia durante lo stato di emergenza per la pandemia. Ieri in piazza San Giovanni a Roma c'erano infatti migliaia di persone (50.000 secondo fonti della Questura, il doppio secondo gli organizzatori). Nulla di male, se non fosse che alla manifestazione erano presenti molti dei leader politici sostenitori della linea del massimo rigore. Poco più di un mese fa, alla presentazione della lista a sostegno di Virginia Raggi, Conte aveva chiesto l'obbligo di green pass nei luoghi in cui si formavano assembramenti: «Pregherei tutti gli esponenti politici di prendere posizione in modo molto chiara perché il vaccino è l'unica via per superare questa situazione. Sull'obbligatorietà dobbiamo spingere in tutte quelle situazioni dove ci sono assembramenti». A luglio, invece, dopo i festeggiamenti per gli europei, Letta aveva risposto a chi gli chiedeva se fosse stato commesso un errore nel consentire gli assembramenti e in alcune iniziative autorizzate a Roma dopo la vittoria: «L'impressione è di sì, speriamo di non pagarne il prezzo». Chissà se vedendo le immagini della piazza di ieri dirà la stessa cosa.