2023-02-04
Così schedano i medici: «Scusi, è pro gay?»
Un’associazione sostenuta dalla Regione Lazio ha scritto ai dottori per sapere la loro opinione sull’omosessualità e fornire al mondo Lgbt l’elenco dei professionisti «amici». Una mappatura che sa di caccia al dissenziente. Pro Vita: «Il Pd si dissoci».Nuove frontiere della schedatura a Roma. In questi giorni un’associazione che si occupa di contrasto all’Aids, sostenuta dalla Regione Lazio, sta scrivendo a tutti i medici di base della capitale per sapere se sono «gay friendly» e sono disponibili a essere inseriti in un’apposita «mappa» di professionisti a cui la comunità dei pazienti maschi sessualmente a rischio può rivolgersi in via preferenziale. Un’iniziativa sorprendente e che apre diverse questioni. Tra queste, il rischio che il medico che non aderisce all’iniziativa passi per un presunto omofobo. Ma anche lo sdoganamento dell’idea paradossale per cui se si finisce tra le mani di un dottore devoto alla famiglia tradizionale si rischi di esser lasciati morire di Aids. Contraria l’Associazione Pro Vita, che chiede al candidato del Pd alla Regione Alessio D’Amato di prendere le distanze e condannare l’iniziativa. A scrivere ai medici è l’associazione «Roma Checkpoint», ovvero il centro di screening per l’Aids in ambito non ospedaliero rivolto principalmente alla comunità «Msm», ovvero di maschi che fanno sesso con altri maschi, indipendentemente dalle inclinazioni sessuali. L’associazione, con il suo centro al Testaccio, offre la possibilità di accedere al test rapido Hiv gratuitamente e anonimamente. «Con un semplice prelievo capillare sul dito è possibile conoscere il proprio stato sierologico in circa 20 minuti», spiega il sito internet del Roma Checkpoint. Che riassume brevemente anche la propria storia, che nasce «dall’esperienza di testing Hiv realizzata nel corso degli anni da Gay Center e Arcigay Roma, con il sostegno di tante realtà, e oggi, con il supporto diretto della Regione Lazio». La lettera che sta arrivando ai medici di base è tanto garbata, quanto inedita. «Egregio dottore, per informarla che il servizio Roma Checkpoint, servizio di screening Hiv supportato da Regione Lazio e cogestito dal Gaycenter», inizia la missiva, «sta procedendo nella costruzione di una mappa di medici di base Lgbt e gay friendly». Proprio così, una «mappa» di dottori «amici» e ben disposti nei confronti della comunità. Lo scopo dichiarato del rivoluzionario elenco è che «le persone possano rivolgersi preferenzialmente» ai medici che ne fanno parte e che, naturalmente, «possa fungere soprattutto da supporto in caso di infezioni sessualmente trasmissibili e tematiche relative a Hiv/Aids». La lettera dell’associazione romana mette i medici di base a parte di un nuovo fenomeno: «È sempre più frequente il numero di richieste (sic) in tal senso che pervengono ai servizi suddetti». Insomma, al di là della prosa un pochino tortuosa, sarebbero pazienti e utenti del Roma Checkpoint a chiedere sempre di più di essere indirizzati a medici sensibili alle battaglie gay e Lgbt. Per questo motivo, si chiede a ogni singolo medico «la disponibilità per essere inserito sulla mappa, che sarà poi apposta sul sito di Roma Checkpoint».Assai duro il commento dell’Associazione Pro Vita, che in una nota parla di «iniziativa gravissima». «Un’associazione sostenuta dalla Regione Lazio sta schedando i medici di famiglia in base all’essere o meno “gay friendly”», protesta l’Associazione, «con l’ovvia conseguenza che chi non comparirà sulla lista dei “Medici Lgbt” sarà additato come presunto omofobo e potrà subire danni economici e professionali dovuti alla disiscrizione o alla mancata iscrizione di pazienti». Non solo, ma Pro Vita apre inevitabilmente anche un fronte politico, visto che nella missiva contestata Roma Checkpoint sottolinea subito di essere «supportata» dalla Regione Lazio, per la quale si vota nelle giornate del 12-13 febbraio. Pro Vita chiede al candidato del Pd D’Amato, che rappresenta la maggioranza uscente di centrosinistra, «di biasimare e prendere le distanze da questa vergognosa schedatura politica dei medici di famiglia del Lazio». L’innovativa schedatura dei medici in base alle loro personali posizioni sui diritti e sulle battaglie della comunità gay e Lgbt apre diversi interrogativi e questioni. Il criterio rappresentato dall’essere più o meno «friendly», una mozione di simpatia autocertificata, è per fortuna anche molto vago e suscettibile di esiti potenzialmente bizzarri. Non ultimo quello che la dicitura «gay friendly» diventi un mero strumento di marketing di massa. S’immagina che se poi un medico che si è dichiarato «friendly» in realtà non lo è, ci saranno segnalazioni dei pazienti in tal senso, con tanto di esclusione dalla mappa e pubblica gogna. L’iniziativa rischia di essere anche doppiamente discriminatoria, perché introduce un criterio che poco ha a che fare con la scienza medica e la preparazione dei dottori e crea una nuova categoria di medici «pro gay» a cui si deve appartenere o non appartenere. Magari a qualche medico è un tema che non interessa proprio, oppure è ritenuto una questione personale e privata. Infine, fermo restando che ogni schedatura è una faccenda maledettamente seria, se oggi tocca ai medici, aspettiamo il momento in cui qualcuno penserà bene di preparare una mappa di architetti, avvocati, notai e direttori di banca «gay friendly». Se due uomini vanno a fare un mutuo per la casa, bisogna sapere come la pensa il funzionario. Non sia mai che applichi loro un tasso più alto perché manca la donna.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)