2024-10-23
Scarpinato sbugiardato dalle carte. Passò a Natoli la domanda chiave
Roberto Scarpinato (Ansa)
Le intercettazioni depositate all’Antimafia smentiscono il senatore M5s. Che consigliava l’ex collega: «Non devi essere emotivo». La Colosimo presenta la legge contro i conflitti di interessi dei commissari.Le intercettazioni tra Gioacchino Natoli, ex pm in pensione accusato di favoreggiamento della mafia, e il collega e senatore grillino Roberto Scarpinato, non sono più (del tutto) segrete. Da giovedì sono, infatti, consultabili da parte dei membri della commissione Antimafia. Una lettura istruttiva che sta facendo capire ai parlamentari chi abbia ragione tra Scarpinato e La Verità. L’11 ottobre avevamo titolato: «L’ex pm grillino beccato ad “aggiustare” l’audizione dell’indagato in Antimafia». Scarpinato sia sui giornali che in tv ci ha accusato di dire falsità. «Che cosa dovevamo aggiustare?» ha domandato, per esempio, due giorni fa, durante la trasmissione Lo stato delle cose condotta da Massimo Giletti. Ma purtroppo per lui le bugie confermato di avere le gambe corte e il contenuto delle sue conversazioni telefoniche ha iniziato a circolare nei palazzi delle istituzioni. Il fascicolo con le intercettazioni, una trentina, è composto da circa 200 pagine. Le captazioni della Procura di Caltanissetta effettuate ai danni di Natoli sarebbero iniziate nel dicembre del 2022 e sarebbero proseguite per oltre un anno. Quindi, su migliaia di chiamate registrate, è verosimile che le trenta di cui stiamo parlando siano effettivamente casuali. Nel maggio del 2023 Scarpinato si lamenta della composizione della commissione, in cui evidentemente non gli piaceva la presenza di parlamentari della maggioranza. L’ex pm prevede che questi ritireranno fuori la storia del generale dei carabinieri Mario Mori, messo sotto processo per la presunta trattativa Stato-mafia, ma soprattutto convinto difensore dell’informativa «mafia e appalti», capitolo controverso della lotta alle cosche, oggi considerato possibile movente della morte di Paolo Borsellino.Secondo Scarpinato i commissari rispolvereranno la storia dell’ufficiale, ma vaticina che «non vanno da nessuna parte». Per l’ex pm «mafia e appalti» è un tarlo e annuncia di voler «seppellire sotto una montagna di documenti» la presidente della commissione Chiara Colosimo, che alla pista individuata dai carabinieri crede. I due intercettati danno, persino, l’impressione, secondo chi ha letto le carte, di criticare il loro vecchio procuratore Giancarlo Caselli per una relazione inviata all’Antimafia nel 1999 proprio su «mafia e appalti». Un fascicolo che andava ridimensionato e non avallato. Scarpinato e Natoli discutono tra loro, facendo puntuale riferimento a carte giudiziarie, evidentemente nella disponibilità di entrambi. Il primo, a un certo punto, suggerisce al secondo di leggere da una certa pagina a una successiva. Come a scuola. La coppia fa riferimento a un «documento 13» e a delle «richieste» del 27 ottobre 1997. Scarpinato, come un personal trainer, dà consigli all’amico su come affrontare l’audizione.Il senatore grillino raccomanda all’amico di attenersi a fatti precisi per evitare un «effetto boomerang». Nelle loro conversazioni citano più volte vecchi colleghi, per esempio quel Felice Lima che aveva avuto per le mani un procedimento gemello di «mafia e appalti». Il tema sono i possibili colloqui di Lima con Borsellino. Il 28 ottobre 2023 i due tornano sull’argomento e si mettono d’accordo sulle domande che avrebbe fatto Scarpinato. Natoli domanda se alcuni quesiti possano porli anche i membri del Pd. «Non può fare qualche domanda Provenzano (Giuseppe, ndr)?» butta lì. Cita anche Walter Verini. Scarpinato lo scoraggia, spiegando, in sostanza, che i dem non sono preparati, come non lo sono i grillini. Nel giro di telefonate irrompe pure il collega Guido Lo Forte che, insieme con Scarpinato, il 13 luglio del 1992 chiese l’archiviazione per molti indagati del fascicolo «mafia e appalti». L’avvocato Fabio Trizzino, ispiratore del nuovo filone d’indagine della commissione, e i figli di Borsellino vengono citati in modo negativo. Natoli e Scarpinato sostengono che il genero del giudice ucciso possa dire le cose che dice per l’ignoranza dei commissari che non conoscono gli argomenti trattati. Il 18 gennaio 2024 gli inquirenti intercettano, grazie a una microspia piazzata nello studio di Natoli, una telefonata Whatsapp. I due ex magistrati parlano della famosa riunione alla Procura di Palermo del 14 luglio 1992, svoltasi il giorno successivo alla richiesta di archiviazione firmata da Lo Forte e Scarpinato.È in questo frangente che Natoli pronuncia la famosa frase: «Tu mi alzi la palla…». Le due toghe in pensione si mettono d’accordo nei dettagli, concordano anche l’atteggiamento da tenere davanti alla commissione: «Non devi essere emotivo» è il consiglio. Ma la regola aurea è un’altra: non bisogna dare l’impressione di essere amici, ma neanche nemici.I due snocciolano i nomi di diversi pentiti, parlano dei fratelli Buscemi, su cui indagò proprio Natoli. Che per quell’archiviazione sospetta è finito sotto inchiesta. Scarpinato cita Gaspare Mutolo che non saprebbe niente di «mafia e appalti». Natoli chiede che gli venga fatta una specifica domanda. Scarpinato gli comunica che gli darà un «estratto» della memoria che ha depositato il 4 settembre 2023, dove si parla anche del presunto poliziotto infedele Bruno Contrada e del già citato Mutolo. I due ribadiscono che «mafia e appalti» non c’entra nulla con le stragi e si prefiggono di «smontare» questa narrativa. Alla vigilia dell’audizione Scarpinato anticipa all’amico che le domande saranno tre e che una verte sulla riunione del 14 luglio 1992, argomento di particolare interesse per il senatore. I quesiti alla fine saranno quattro, ma la questione del meeting verrà affrontato con dovizia di particolari. Nelle intercettazioni Natoli si sfoga per la convocazione che gli era arrivata dalla Procura di Caltanissetta, da cui sarebbe stato trattato come «il peggiore dei delinquenti». Ma per fortuna a sollevargli il morale c’è Scarpinato a cui mostra gratitudine con una frase di questo tenore: «Non sai quanto apprezzi i tuoi suggerimenti».Dunque dalle telefonate depositate all’Antimafia emerge un quadro del tutto simile a quello già anticipato dalla Verità.Eppure lunedì, davanti a Giletti, Scarpinato le ha provate tutte per smontare il nostro scoop.Una ricostruzione che il senatore ha tentato di liquidare imbrogliando le carte: «La Verità dice il falso perché io non vado a casa di Natoli da almeno sette o otto anni». Ma noi abbiamo sempre parlato di intercettazioni telefoniche e di Whatsapp, mai di dialoghi in presenza.Poi ha cambiato disco: «Ma certo che ho parlato con Natoli, ma l’ho fatto prima ancora che iniziasse l’audizione alla commissione Antimafia […] Non lo dovevo sentire più su dichiarazioni che aveva fatto a dibattimento? Erano state fatte pubblicamente. Mica erano cose nuove». Ma se era tutto così arcinoto, perché ha dovuto concordare con l’amico domande e risposte?E la frase sulla palla da alzare? «Io non me la ricordo affatto, con Natoli abbiamo parlato di stragi, di processi per anni…» ha svicolato Scarpinato. Il quale ha cercato di convincere Giletti del fatto che le intercettazioni inviate da Caltanissetta a Roma non avrebbero nessuna rilevanza penale perché non gli sarebbero state contestate dalla Procura nissena.A parte che a un testimone gli inquirenti, in fase di indagini, possono rendere noto quello che credono, resta misterioso il motivo per cui dalla Sicilia si siano presi la briga di inviare le intercettazioni di Scarpinato in Antimafia se queste non avevano alcun valore.«Nel mio caso non ci sono assolutamente conversazioni rilevanti processualmente […] la stessa Procura della Repubblica dice che non hanno nessun rilievo processuale non hanno nessuna valenza probatoria» ha affermato Scarpinato.Per poi ribadire che «mafia è appalti» non è «mai stata archiviata» (sic) e che lui e i suoi colleghi hanno «arrestato 200 tra imprenditori politici ecc», numeri che hanno lasciato perplessi anche alcuni colleghi del tempo.Quindi ha sferrato l’ultimo attacco al nostro giornale: «La Verità fa credere delle cose che non sono vere, che io e Natoli ci siamo messi d’accordo: ma su che cosa ci siamo messi d’accordo?».E quando Giletti gli ha chiesto se non ravvisasse un conflitto di interessi nel suo comportamento, Scarpinato ha prontamente replicato: «Il conflitto di interessi in questa commissione c’è ed è dei componenti che sono stati amici e solidali di tutti i politici collusi con la mafia che io ho fatto condannare e arrestare».Un’affermazione che ha mandato su tutte le furie i membri di Forza Italia dentro la commissione, da Maurizio Gasparri al capogruppo in Antimafia Pietro Pittalis: «Il senatore Scarpinato ha potuto, in solitudine, offrire una lettura di fatti antichi e più recenti, che non trova corrispondenza in quanto è avvenuto ed è documentato», si legge in un comunicato diffuso dagli Azzurri. «I documenti che stiamo esaminando dimostrano il contrario di quanto è stato affermato. E atti pervenuti alla commissione Antimafia e coperti da segreto non possono essere liquidati dall’interessato negandone i contenuti. Che vanno in tutt’altra direzione rispetto alla versione esposta in uno spot promozionale del tutto fuori luogo. La questione non può finire qui e impone anche alla Rai una rappresentazione veritiera dei fatti. Su Scarpinato grava il sospetto, per tacer al momento d’altro, di aver concordato domande e risposte con l’ex magistrato Natoli, prima di una audizione di quest’ultimo in commissione antimafia. Con la possibilità del tentato coinvolgimento di altri membri della commissione in questa ipotizzata manovra».Intanto in commissione la presidente Colosimo ha presentato una proposta di legge che obbliga i membri dell’Antimafia che si trovino «in una situazione di conflitti di interessi in relazione a determinati fatti oggetto di inchiesta» da parte della commissione «ad astenersi dalla partecipazione ai lavori e dalla consultazione della documentazione sui fatti medesimi» quando rischi di «recare pregiudizio all’obiettività delle indagini». L’iter dovrebbe portare a una modifica della legge istitutiva della stessa commissione. La nuova norma renderebbe Scarpinato, ma anche il collega di partito Federico Cafiero De Raho incompatibili con le indagini sulla morte di Borsellino e sull’inchiesta sui cosiddetti dossieraggi. Il senatore, però, si oppone a questa eventualità e in tv ha spiegato perché, a suo avviso, i colleghi lo vorrebbero fuori dall’Antimafia: «Io sono uno dei pochi magistrati che non ha mai accettato che le stragi di Capaci, via D’Amelio, di Firenze, di Milano siano state fatte soltanto dalla mafia. Noi abbiamo fatto indagini che dimostrano che dietro a quelle stragi non c’era solo la mafia ma c’erano uomini potenti che appartenevano alla politica, alla massoneria, alla destra eversiva. Ogni volta che abbiamo provato a fare quelle indagini siamo entrati nell’occhio del ciclone». Ma questa volta Scarpinato nella bufera ci si è ritrovato per motivi molto meno nobili.
Jose Mourinho (Getty Images)