2025-02-28
Sberle a salari e dipendenti. Per seguire i deliri di Landini il Pd lotta contro il lavoro
Elly Schlein e Maurizio Landini (Ansa)
Elly Schlein schiera i dem a favore dei referendum Cgil che ingabbiano l’occupazione, È il sindacato che ieri ha ribadito la contrarietà ad aumenti da 150 euro per la scuola.Mentre il Partito Democratico si astiene sulla legge della Cisl che prevede la partecipazione dei lavoratori alle decisioni aziendali (è successo l’altroieri alla Camera) e la Schlein schiera i dem a favore dei referendum contro il Jobs act (è successo ieri in direzione), lo stesso sindacato di Landini ribadisce il no al rinnovo del contratto degli insegnanti (ieri c’è stato il primo incontro) con il tacito assenso del Pd. A metterle in fila, le tre notizie non solo si tengono l’una con l’altra ma rappresentano la plastica dimostrazione della deriva massimalista e contraria agli interessi dei lavoratori che il maggior partito della sinistra sta prendendo. Basta guardare i numeri. Del rinnovo dei contratti del pubblico impiego, La Verità si è occupata più volte. E ieri c’è stato il primo round di incontri per capire se ci sono margini per arrivare al via libera dei sindacati alla proposta dell’Aran (lo Stato) che mette sul piatto per la tornata 2022-2024 della scuola aumenti che in media superano i 150 euro lordi al mese. Riunione interlocutoria, siamo ancora al «Caro amico», nella quale sono stati però fissati i prossimi appuntamenti, quelli del 18 marzo e del 2 aprile. Un vertice, quindi, che non ha spostato di una virgola la profonda contrarietà manifestata dalla Cgil in tutte le precedenti tornate per il rinnovo del contratto degli statali. Dai medici (600.000 dipendenti), alle funzioni centrali (200.000 lavoratori) fino agli enti locali (circa 400.000 persone tra Comuni, Regioni e Province) e ai vigili del fuoco (40.000), la Cgil ha sempre detto no. In alcune occasioni il suo no è stato ha fatto saltare l’accordo, in altre invece si è rivelato ininfluente (funzioni centrali e vigili del fuoco), ma il senso politico delle scelte non cambia.La contrarietà della sigla rossa è pretestuosa e soprattutto anti-governativa a prescindere. Per la prima volta infatti i sindacati si trovano davanti a un tesoretto da circa 20 miliardi di euro stanziati dal governo per i rinnovi dei lavoratori pubblici. Contratti che prevedono in media aumenti che oscillano tra il 6 e il 7%. Mai visti nelle tornate precedenti. Certo siamo lontani dal completo recupero del carovita che nei tre anni presi in considerazione è cresciuto del 17%. Ma chiedere un allineamento è irrealistico. L’esecutivo avrebbe dovuto mettere sul piatto più di 30 miliardi di euro. Quanto una manovra. Solo per gli statali. Intanto, però, in questa battaglia tutta politica ci vanno di mezzo migliaia di lavoratori che hanno la busta paga ferma da mesi (e difficilmente recupereranno quanto adesso non stanno ricevendo), anche perché lo stop al triennio scaduto blocca pure il rinnovo successivo (2025-27) per il quale sono già state stanziate le risorse. Il salari restano fermi e il Pd cosa fa? Dai dem non è mai arrivato un pubblico applauso alla posizione di Landini & C, certo, ma in questo caso il silenzio del partito di riferimento di Landini e compagni equivale a un tacito assenso. Fermate le buste paga, poi, il Partito Democratico ha deciso di spingere verso un brusco passo indietro la legislazione sul lavoro del Paese. Ieri in direzione la Schlein è stata chiara e nonostante la contrarietà della minoranza riformista ha messo nero su bianco il sostegno al referendum proposto dalla Cgil contro il Jobs Act, attraverso una campagna che valorizzi le proposte dei dem sul tema del lavoro, dal salario minimo al congedo paritario. Insomma, piazze, convegni, propaganda, Schlein e compagni si metteranno in gioco (il successo o il flop dell’iniziativa sarà anche il loro) per cancellare una norma che a detta della grande maggioranza degli esperti del settore ha reso più flessibile il mondo del lavoro aumentando l’occupazione. Era una priorità? Certo che no. Ma la Schlein da una parte ha voluto dare un segnale di sostegno a Landini e dall’altro ha pensato bene di non lasciare un varco a sinistra a quello che considera un rivale a tutti gli effetti. Una sorta di partita a scacchi nella quale il segretario dem (nei giorni scorsi ha festeggiato i due anni non certo indimenticabili di leadership) gioca sempre sulla difensiva. Come successo anche per la norma sulla partecipazione dei lavoratori alla governance delle imprese. La legge Sbarra, dal nome dell’ex numero uno della Cisl che ha fortemente spinto la proposta. Mercoledì è passata alla Camera grazie al via libera della maggioranza. M5s e Avs hanno votato contro. E il Pd? Si è astenuto. Una posizione di compromesso per non scontentare l’ala riformista che era a favore e la maggioranza che invece era contraria. Magari nessuno sarà stato scontento, ma di certo di facce felici se ne vedono ben poche.Parliamo di una legge che seppur leggermente modificata mette delle risorse concrete per incentivare le imprese a spingere la partecipazione dei lavoratori alle varie fasi della vita aziendale. Gestionale, organizzativa e non solo. In una parola: responsabilizza i lavoratori. Se il Pd non prende una posizione chiara su un provvedimento del genere si fa davvero fatica a capire quale sia la sua essenza.
Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo in occasione del suo incontro con il premier greco Kyriakos Mitsotakis.