2021-04-06
Nuovi sbarchi, ma la Murgia piange per le Ong
Michela Murgia (Getty Images)
Mentre gli italiani vengono chiusi in casa, i nostri porti restano apertissimi: nel fine settimana arrivati in 400 a Lampedusa. Per la scrittrice però il problema sono le inchieste che svelano gli altarini degli attivisti pro migranti: «È una persecuzione».Turbinio di droni e gran volteggiare di elicotteri sulle teste degli italiani: più un tragicomico remake di Apocalypse Now che una Pasqua di Resurrezione. L'ossessione chiusurista e biosecuritaria non ha dato tregua per tutto il weekend festivo: pattuglie addette al controllo della quantità del cibo d'asporto dai ristoranti, nonché allo scoraggiamento della sosta (vietatissima) sulle panchine e nei parchi. In un umanissimo alternarsi di grande saggezza da parte delle forze dell'ordine, chiamate loro malgrado a far rispettare regole assurde, e qualche inevitabile eccesso di zelo: qualcuno che si sente investito d'autorità, un po' come il vigile cinematografico di Alberto Sordi, purtroppo non manca mai in questi casi. A rendere tutto più surreale, mentre gli italiani erano agli arresti domiciliari, ha provveduto l'ininterrotto via vai di barconi e barchini: il mercato dell'immigrazione illegale non conosce soste.Così, nel fine settimana, a Lampedusa sono arrivati altri 400 migranti in un fazzoletto di ore: prima un'imbarcazione più grande con 215 persone (tra loro solo 9 donne, 2 minori e un bimbo appena nato), e poi altre tre barche con rispettivamente 88, 57 e 70 immigrati a bordo. Tutto è avvenuto secondo un copione fin troppo noto: trasferimento nell'hotspot, che ora conta 700 presenti stipati ed è già prossimo al collasso, mentre proseguono le operazioni (sia per chi è già arrivato da più tempo sia per i neo approdati) di imbarco su navi-quarantena, sempre ammesso che le condizioni del mare lo permettano.Anche sul versante strettamente sanitario, si scherza col fuoco: Lampedusa è già stata dichiarata zona rossa per via dell'elevato numero di contagi tra i cittadini. E per quanto le autorità ripetano che i migranti non hanno contatti con la popolazione, la situazione è tesa, tutt'altro che tranquillizzante. A proposito di situazioni esplosive, va segnalato un altro evento degli ultimi giorni, stavolta in una struttura di accoglienza a Casteltermini, in provincia di Agrigento, dove alcune decine di migranti di diverse origini, a quanto pare non gradendo il cibo servito (riferiscono le cronache locali) e soprattutto volendo andar via, avrebbero scatenato una mezza rivolta. Circa venti (tra i quali alcuni positivi al Covid) si sono allontanati, salvo poi rientrare, mentre due donne in gravidanza sono state trasferite in altra struttura. Del resto, complessivamente parlando, i numeri parlano impietosamente chiaro. In base al cruscotto statistico dello stesso Viminale (aggiornamento del 2 aprile), i migranti sbarcati da inizio anno sono stati 8.162 nel 2021, contro i 2.784 del 2020 e i 524 del 2019. Insomma, nel confronto tra la gestione di Matteo Salvini e quella in corso, c'è una moltiplicazione delle cifre per ben 16 volte. E non occorre un indovino per comprendere che, se questo è il quadro al 6 di aprile, con il tempo ancora non stabilmente bello e il mare spesso agitato, la situazione è inevitabilmente destinata a finire fuori controllo con l'esplosione della primavera e poi dell'estate. Contemporaneamente, il campo immigrazionista è scosso dalle inchieste che investono le Ong, e da intercettazioni che - di tutta evidenza - mettono in crisi lo storytelling puramente umanitario. Questo giornale ha già rilevato il curioso doppio standard di chi, da sinistra, urlava «intercettateci tutti», salvo adesso improvvisamente schierarsi a favore della privacy quando il contenuto delle intercettazioni non fa più comodo. Nell'edizione di Pasqua della Stampa di Torino si sono toccate nuove vette, in questo senso. L'altro ieri, domenica, ha infatti preso carta e penna con piglio da neofita del garantismo nientemeno che Michela Murgia, di cui non ricordavamo (ma sarà sicuramente una nostra lacuna) precedenti liberali, garantisti, di difesa della presunzione di innocenza. E invece stavolta la Murgia sembra una pasionaria dell'antigiustizialismo. Mettendo le mani avanti, premette che «l'espressione “teorema giudiziario" la pronunciano furbamente certi indagati eccellenti, quasi sempre politici, quando vogliono insinuare nell'opinione pubblica il dubbio che qualche procura li stia perseguendo per ragioni diverse dalla violazione della legge». Ma stavolta, ci fa capire la neogarantista Murgia, «emergerebbe un ambito a cui la presunzione del fumus persecutionis si potrebbe applicare con molta più credibilità». E perché mai, vi chiederete voi che magari garantisti lo siete stati sempre, e non solo a targhe alterne? Elementare, Watson: perché «il bersaglio non è un uomo politico, ma le Ong operanti nel Mediterraneo». Non solo: «a tirar su il teorema» sarebbe stato «un ministero dello Stato, nello specifico il Viminale» nel 2017, sotto la gestione di Marco Minniti. Non preoccupatevi: en passant, ce n'è anche per Salvini (accusato dalla Murgia di aver definito alcune Ong «complici degli scafisti»). Ma il grosso delle rimostranze della scrittrice è contro Minniti, a cui la Murgia chiede conto delle scelte politiche di quattro anni fa. Tutto legittimo, così come ovviamente è legittima ogni opinione su qualunque argomento. Ma colpisce che improvvisamente, essendo in causa Ong e media di riferimento, nel dibattito a sinistra spuntino toni e argomenti garantisti. Scommettiamo che, qua e là, alla prossima inchiesta contro una giunta di centrodestra o magari contro uno sfigatissimo consigliere regionale, si tornerà al consueto armamentario giustizialista?