2023-02-17
La Russia avvisa Musk e l’America. «I vostri satelliti sono bersagli»
Il ministero degli Esteri denuncia la «tendenza pericolosa all’uso militare di infrastrutture spaziali civili» Il capo di stato maggiore Usa, Mark Milley: «Nessuno può vincere, è difficile che Kiev cacci le forze di Vladimir Putin».La polizia federale ha perquisito, in due occasioni, l’università del Delaware per scovare nuovi documenti classificati in possesso del presidente statunitense.Lo speciale contiene due articoli.La guerra in Ucraina si sposta anche nello spazio. Nel mirino della Russia entrano i satelliti «non militari» usati dagli Usa e dai «loro alleati europei». Konstantin Vorontsov, vice capo del dipartimento per la non proliferazione e il controllo delle armi del ministero degli Esteri di Mosca, non ha fatto riferimento diretto a Musk, ma è chiaramente anche con lui che se la prende quando parla di satelliti di uso civile che possono diventare «bersagli legittimi di un contrattacco» russo. Lo stesso magnate, del resto, qualche giorno fa aveva anticipato Mosca, informando il governo ucraino che Starlink non deve essere usata per controllare i droni militari. Secondo Vorontsov è in atto «una tendenza molto pericolosa» con «l’uso militare di infrastrutture spaziali civili da parte degli Usa e dei loro alleati». «Questa attività», ha aggiunto, «rappresenta un coinvolgimento indiretto in conflitti armati». Oltre a Starlink, il riferimento potrebbe essere ai palloni spia, tanto è vero che a subire l’abbattimento di «sei obiettivi aerei ostili» è stata proprio Mosca. I presunti palloni spia sono stati individuati dalle autorità ucraine nei cieli di Kiev, come denunciato dall’aeronautica ucraina, ed alcuni sono stati abbattuti. Né l’Ucraina, né la Russia, saranno in grado di vincere la guerra secondo il capo di stato maggiore Usa, il generale Mark Milley, per il quale il conflitto può solo finire al tavolo dei negoziati. «Sarà praticamente impossibile per i russi raggiungere i loro obiettivi ed è improbabile che la Russia riesca a conquistare l’Ucraina. Non succederà», ha dichiarato il leader militare sottolineando anche come «è molto, molto difficile che le forze di Kiev riescano a cacciare quelle di Putin dai loro territori». Previsioni inquietanti, se si pensa che al momento un dialogo appare improponibile, anche e soprattutto per la questione Crimea. Secondo il segretario di stato americano Antony Blinken il tentativo dell’Ucraina di riconquistare la Crimea sorpasserebbe una «linea rossa» per Putin che potrebbe portare a una risposta imprevedibile da parte di Mosca. Poco realistica appare anche la bozza della risoluzione Onu che sarà votata la settimana prossima in cui «si chiede nuovamente alla Russia di ritirare immediatamente, completamente e incondizionatamente le sue truppe e la cessazione delle ostilità». Poco realistico appare anche l’invito del presidente bielorusso Alexander Lukashenko rivolto al presidente degli Stati Uniti Joe Biden per un incontro a Minsk. «Anche Putin viene a Minsk, e noi tre ci incontriamo qui: due “aggressori” e il presidente “pacifico”. Perché no? Se vuole porre fine alla guerra, gli diamo il benvenuto», è la provocazione di Lukashenko. Il presidente russo e quello bielorusso si incontreranno già oggi a Mosca. «Si prevede di prendere in considerazione le questioni chiave dell’ulteriore sviluppo delle relazioni russo-bielorusse di partenariato strategico e alleanza», riferisce il servizio stampa. La visita del presidente degli Stati Uniti in Europa, in programma dal 20 al 22 febbraio, sarà invece limitata alla Polonia, come reso noto da John Kirby, coordinatore delle comunicazioni strategiche del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca. «Il presidente non ha in programma ulteriori soste al di fuori della Polonia come parte del suo prossimo viaggio», ha spiegato Kirby, escludendo anche l’ipotesi di una visita a Kiev. È al contrario probabile che sia il presidente ucraino a recarsi a Varsavia per incontrare Biden. Il presidente Usa ha anche altri appuntamenti in programma: riceverà il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, alla Casa Bianca il 3 marzo. Intanto i rapporti tra Russia e Moldavia si deteriorano ogni giorno di più. Frammenti di missili sono stati ritrovati in Moldavia vicino al confine con l’Ucraina dopo il massiccio attacco aereo russo della notte scorsa. «Questo è già il quarto caso in cui i resti di missili del bombardamento dell’Ucraina sono caduti sul territorio della Repubblica di Moldavia», sottolineano fonti moldave. Le guardie di frontiera hanno circondato l’area. «La sicurezza del Paese», ha detto il nuovo premier Dorin Recean, «deve essere rafforzata, e le attività di chi vuole portare qui la guerra devono essere contrastate duramente». Recean ha appena ricevuto la fiducia del Parlamento, insieme al nuovo governo. Si rafforzano, al contrario, i legami tra Ucraina e Israele. Quest’ultimo darà fino a 200 milioni di dollari in garanzie di prestito all’Ucraina da destinare a progetti sanitari e di infrastrutture civili e aiuterà il Paese sotto attacco a «sviluppare un sistema rapido di allerta missilistica». Lo ha annunciato il ministro degli Esteri dello Stato ebraico, Eli Cohen, da Kiev dove si è recato in visita. Nel deterioramento dei rapporti tra Usa e Russia rientra anche lo stop alla fornitura di Viagra a Mosca annunciato dalla società biofarmaceutica americana Viatris, una controllata di Pfizer. Il ministero della Salute della Federazione russa ha assicurato che il mercato nazionale, al momento, ha abbastanza farmaci analoghi della «pillola blu» per il trattamento della disfunzione erettile, dunque questo tipo di «sanzione» non demoralizzerà i cittadini della Federazione. Sul campo, le truppe russe hanno preso il controllo di tutte le alture nelle vicinanze di Bakhmut. Una persona è stata uccisa e altre sette sono rimaste ferite in un attacco delle forze russe contro la città di Pavlograd, nell’Ucraina sud-orientale. Sei persone sono rimaste uccise nel Donbass. Tre i morti nella regione di Kherson. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/satelliti-russia-musk-2659432478.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="lfbi-cerca-le-carte-di-biden-in-ateneo" data-post-id="2659432478" data-published-at="1676635695" data-use-pagination="False"> L’Fbi cerca le carte di Biden in ateneo Lo scandalo dei documenti classificati continua a perseguitare Joe Biden. Citando una fonte a conoscenza delle indagini, la Cnn ha rivelato che l’Fbi ha condotto due perquisizioni, in accordo col team legale del presidente, nei locali dell’Università del Delaware: ateneo a cui, nel 2012, Biden –allora vicepresidente– donò oltre 1.800 scatole di documenti relativi al suo lungo servizio come senatore. «Gli investigatori hanno recuperato materiali da due locali dell’università in due giorni diversi», ha riferito la Cnn, per poi aggiungere: «Il materiale non sembra avere segni di classificazione, secondo la fonte, ma ora è in fase di revisione da parte dell'Fbi». Dal canto suo, la Cbs ha rivelato che le perquisizioni si sono verificate tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio. Stando alla stessa testata, sarebbero state portate via «molteplici scatole» di documenti che, pur non essendo formalmente classificati, necessiterebbero, secondo gli agenti, di un «maggior esame». Non è la prima volta che l’Fbi prende possesso di materiale non ufficialmente classificato, detenuto dall’attuale presidente americano. I federali hanno infatti sequestrato sue note scritte a mano in entrambe le sue abitazioni in Delaware, a Wilmington e a Rehoboth Beach. Lo scorso 28 gennaio, Nbc News riferì che gli agenti vogliono capire se questi appunti contengano informazioni sensibili: eventualità che, se confermata, renderebbe quelle note come classificate de facto, mettendo così ulteriormente nei guai il presidente. Va inoltre ricordato che i documenti senatoriali di Biden, consegnati all’Università del Delaware, finirono sotto i riflettori già durante la campagna elettorale del 2020, quando l’allora candidato dem fu accusato di violenza sessuale da una sua ex assistente, Tara Reade: un’aggressione che, secondo la donna, risalirebbe al 1993, quando Biden, cioè, era senatore. I repubblicani e gruppi conservatori chiesero di visionare i documenti ospitati dall’ateneo, per cercare eventuali prove della grave accusa. Tuttavia, sia Biden sia l’università non ne vollero sapere di aprire quegli archivi. Secondo il Washington Times il contenzioso sarebbe ancora pendente alla Corte suprema del Delaware. Continuano intanto a spuntare ombre cinesi. Secondo il New York Post, a coordinare il trasferimento dei documenti dell’attuale inquilino della Casa Bianca all’Università del Delaware fu il controverso socio di Hunter Biden, Eric Schwerin, che era presidente di Rosemont Seneca: società che vantava collegamenti con Pechino. Non solo. Fox News ha riportato che la stessa Università del Delaware avrebbe ricevuto circa 6,7 milioni di dollari in donazioni cinesi. Senza poi trascurare che la prima tranche di documenti classificati di Biden fu trovata a novembre in suo ex ufficio a Washington, appartenente al Penn Biden Center: think tank che fa capo all’Università della Pennsylvania, nota per aver ricevuto oltre 70 milioni di dollari dal Dragone a partire dal 2014. Non a caso, la commissione Sorveglianza della Camera ha lasciato intendere di voler indagare su eventuali infiltrazioni cinesi nel Penn Biden Center. Un think tank che è stato tra l’altro citato in alcune vecchie email dello stesso Hunter Biden, recentemente pubblicate da Fox News: quello stesso Hunter che, secondo il Washington Post, ottenne tra il 2017 e il 2018 circa 4,8 milioni di dollari grazie all’allora colosso cinese Cefc. Nel mentre, la trasparenza, promessa enfaticamente da Biden nel 2021, latita. La sua amministrazione si è infatti ben guardata dal rendere note le nuove perquisizioni e continua a trincerarsi dietro ai no comment. D’altronde l’imbarazzo è significativo. E lo scandalo dei documenti potrebbe pesare negativamente sull’eventuale annuncio di una ricandidatura presidenziale. Annuncio che infatti sta tardando ad arrivare.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)