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2023-02-17
La Russia avvisa Musk e l’America. «I vostri satelliti sono bersagli»
(Ansa)
La guerra in Ucraina si sposta anche nello spazio. Nel mirino della Russia entrano i satelliti «non militari» usati dagli Usa e dai «loro alleati europei». Konstantin Vorontsov, vice capo del dipartimento per la non proliferazione e il controllo delle armi del ministero degli Esteri di Mosca, non ha fatto riferimento diretto a Musk, ma è chiaramente anche con lui che se la prende quando parla di satelliti di uso civile che possono diventare «bersagli legittimi di un contrattacco» russo. Lo stesso magnate, del resto, qualche giorno fa aveva anticipato Mosca, informando il governo ucraino che Starlink non deve essere usata per controllare i droni militari. Secondo Vorontsov è in atto «una tendenza molto pericolosa» con «l’uso militare di infrastrutture spaziali civili da parte degli Usa e dei loro alleati». «Questa attività», ha aggiunto, «rappresenta un coinvolgimento indiretto in conflitti armati».
Oltre a Starlink, il riferimento potrebbe essere ai palloni spia, tanto è vero che a subire l’abbattimento di «sei obiettivi aerei ostili» è stata proprio Mosca. I presunti palloni spia sono stati individuati dalle autorità ucraine nei cieli di Kiev, come denunciato dall’aeronautica ucraina, ed alcuni sono stati abbattuti.
Né l’Ucraina, né la Russia, saranno in grado di vincere la guerra secondo il capo di stato maggiore Usa, il generale Mark Milley, per il quale il conflitto può solo finire al tavolo dei negoziati. «Sarà praticamente impossibile per i russi raggiungere i loro obiettivi ed è improbabile che la Russia riesca a conquistare l’Ucraina. Non succederà», ha dichiarato il leader militare sottolineando anche come «è molto, molto difficile che le forze di Kiev riescano a cacciare quelle di Putin dai loro territori». Previsioni inquietanti, se si pensa che al momento un dialogo appare improponibile, anche e soprattutto per la questione Crimea. Secondo il segretario di stato americano Antony Blinken il tentativo dell’Ucraina di riconquistare la Crimea sorpasserebbe una «linea rossa» per Putin che potrebbe portare a una risposta imprevedibile da parte di Mosca. Poco realistica appare anche la bozza della risoluzione Onu che sarà votata la settimana prossima in cui «si chiede nuovamente alla Russia di ritirare immediatamente, completamente e incondizionatamente le sue truppe e la cessazione delle ostilità». Poco realistico appare anche l’invito del presidente bielorusso Alexander Lukashenko rivolto al presidente degli Stati Uniti Joe Biden per un incontro a Minsk. «Anche Putin viene a Minsk, e noi tre ci incontriamo qui: due “aggressori” e il presidente “pacifico”. Perché no? Se vuole porre fine alla guerra, gli diamo il benvenuto», è la provocazione di Lukashenko. Il presidente russo e quello bielorusso si incontreranno già oggi a Mosca. «Si prevede di prendere in considerazione le questioni chiave dell’ulteriore sviluppo delle relazioni russo-bielorusse di partenariato strategico e alleanza», riferisce il servizio stampa.
La visita del presidente degli Stati Uniti in Europa, in programma dal 20 al 22 febbraio, sarà invece limitata alla Polonia, come reso noto da John Kirby, coordinatore delle comunicazioni strategiche del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca. «Il presidente non ha in programma ulteriori soste al di fuori della Polonia come parte del suo prossimo viaggio», ha spiegato Kirby, escludendo anche l’ipotesi di una visita a Kiev. È al contrario probabile che sia il presidente ucraino a recarsi a Varsavia per incontrare Biden. Il presidente Usa ha anche altri appuntamenti in programma: riceverà il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, alla Casa Bianca il 3 marzo. Intanto i rapporti tra Russia e Moldavia si deteriorano ogni giorno di più. Frammenti di missili sono stati ritrovati in Moldavia vicino al confine con l’Ucraina dopo il massiccio attacco aereo russo della notte scorsa. «Questo è già il quarto caso in cui i resti di missili del bombardamento dell’Ucraina sono caduti sul territorio della Repubblica di Moldavia», sottolineano fonti moldave. Le guardie di frontiera hanno circondato l’area. «La sicurezza del Paese», ha detto il nuovo premier Dorin Recean, «deve essere rafforzata, e le attività di chi vuole portare qui la guerra devono essere contrastate duramente». Recean ha appena ricevuto la fiducia del Parlamento, insieme al nuovo governo. Si rafforzano, al contrario, i legami tra Ucraina e Israele. Quest’ultimo darà fino a 200 milioni di dollari in garanzie di prestito all’Ucraina da destinare a progetti sanitari e di infrastrutture civili e aiuterà il Paese sotto attacco a «sviluppare un sistema rapido di allerta missilistica». Lo ha annunciato il ministro degli Esteri dello Stato ebraico, Eli Cohen, da Kiev dove si è recato in visita. Nel deterioramento dei rapporti tra Usa e Russia rientra anche lo stop alla fornitura di Viagra a Mosca annunciato dalla società biofarmaceutica americana Viatris, una controllata di Pfizer. Il ministero della Salute della Federazione russa ha assicurato che il mercato nazionale, al momento, ha abbastanza farmaci analoghi della «pillola blu» per il trattamento della disfunzione erettile, dunque questo tipo di «sanzione» non demoralizzerà i cittadini della Federazione.
Sul campo, le truppe russe hanno preso il controllo di tutte le alture nelle vicinanze di Bakhmut. Una persona è stata uccisa e altre sette sono rimaste ferite in un attacco delle forze russe contro la città di Pavlograd, nell’Ucraina sud-orientale. Sei persone sono rimaste uccise nel Donbass. Tre i morti nella regione di Kherson.
L’Fbi cerca le carte di Biden in ateneo
Lo scandalo dei documenti classificati continua a perseguitare Joe Biden. Citando una fonte a conoscenza delle indagini, la Cnn ha rivelato che l’Fbi ha condotto due perquisizioni, in accordo col team legale del presidente, nei locali dell’Università del Delaware: ateneo a cui, nel 2012, Biden –allora vicepresidente– donò oltre 1.800 scatole di documenti relativi al suo lungo servizio come senatore. «Gli investigatori hanno recuperato materiali da due locali dell’università in due giorni diversi», ha riferito la Cnn, per poi aggiungere: «Il materiale non sembra avere segni di classificazione, secondo la fonte, ma ora è in fase di revisione da parte dell'Fbi». Dal canto suo, la Cbs ha rivelato che le perquisizioni si sono verificate tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio. Stando alla stessa testata, sarebbero state portate via «molteplici scatole» di documenti che, pur non essendo formalmente classificati, necessiterebbero, secondo gli agenti, di un «maggior esame».
Non è la prima volta che l’Fbi prende possesso di materiale non ufficialmente classificato, detenuto dall’attuale presidente americano. I federali hanno infatti sequestrato sue note scritte a mano in entrambe le sue abitazioni in Delaware, a Wilmington e a Rehoboth Beach. Lo scorso 28 gennaio, Nbc News riferì che gli agenti vogliono capire se questi appunti contengano informazioni sensibili: eventualità che, se confermata, renderebbe quelle note come classificate de facto, mettendo così ulteriormente nei guai il presidente.
Va inoltre ricordato che i documenti senatoriali di Biden, consegnati all’Università del Delaware, finirono sotto i riflettori già durante la campagna elettorale del 2020, quando l’allora candidato dem fu accusato di violenza sessuale da una sua ex assistente, Tara Reade: un’aggressione che, secondo la donna, risalirebbe al 1993, quando Biden, cioè, era senatore. I repubblicani e gruppi conservatori chiesero di visionare i documenti ospitati dall’ateneo, per cercare eventuali prove della grave accusa. Tuttavia, sia Biden sia l’università non ne vollero sapere di aprire quegli archivi. Secondo il Washington Times il contenzioso sarebbe ancora pendente alla Corte suprema del Delaware.
Continuano intanto a spuntare ombre cinesi. Secondo il New York Post, a coordinare il trasferimento dei documenti dell’attuale inquilino della Casa Bianca all’Università del Delaware fu il controverso socio di Hunter Biden, Eric Schwerin, che era presidente di Rosemont Seneca: società che vantava collegamenti con Pechino. Non solo. Fox News ha riportato che la stessa Università del Delaware avrebbe ricevuto circa 6,7 milioni di dollari in donazioni cinesi. Senza poi trascurare che la prima tranche di documenti classificati di Biden fu trovata a novembre in suo ex ufficio a Washington, appartenente al Penn Biden Center: think tank che fa capo all’Università della Pennsylvania, nota per aver ricevuto oltre 70 milioni di dollari dal Dragone a partire dal 2014. Non a caso, la commissione Sorveglianza della Camera ha lasciato intendere di voler indagare su eventuali infiltrazioni cinesi nel Penn Biden Center. Un think tank che è stato tra l’altro citato in alcune vecchie email dello stesso Hunter Biden, recentemente pubblicate da Fox News: quello stesso Hunter che, secondo il Washington Post, ottenne tra il 2017 e il 2018 circa 4,8 milioni di dollari grazie all’allora colosso cinese Cefc.
Nel mentre, la trasparenza, promessa enfaticamente da Biden nel 2021, latita. La sua amministrazione si è infatti ben guardata dal rendere note le nuove perquisizioni e continua a trincerarsi dietro ai no comment. D’altronde l’imbarazzo è significativo. E lo scandalo dei documenti potrebbe pesare negativamente sull’eventuale annuncio di una ricandidatura presidenziale. Annuncio che infatti sta tardando ad arrivare.
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Il ministero degli Esteri denuncia la «tendenza pericolosa all’uso militare di infrastrutture spaziali civili» Il capo di stato maggiore Usa, Mark Milley: «Nessuno può vincere, è difficile che Kiev cacci le forze di Vladimir Putin».La polizia federale ha perquisito, in due occasioni, l’università del Delaware per scovare nuovi documenti classificati in possesso del presidente statunitense.Lo speciale contiene due articoli.La guerra in Ucraina si sposta anche nello spazio. Nel mirino della Russia entrano i satelliti «non militari» usati dagli Usa e dai «loro alleati europei». Konstantin Vorontsov, vice capo del dipartimento per la non proliferazione e il controllo delle armi del ministero degli Esteri di Mosca, non ha fatto riferimento diretto a Musk, ma è chiaramente anche con lui che se la prende quando parla di satelliti di uso civile che possono diventare «bersagli legittimi di un contrattacco» russo. Lo stesso magnate, del resto, qualche giorno fa aveva anticipato Mosca, informando il governo ucraino che Starlink non deve essere usata per controllare i droni militari. Secondo Vorontsov è in atto «una tendenza molto pericolosa» con «l’uso militare di infrastrutture spaziali civili da parte degli Usa e dei loro alleati». «Questa attività», ha aggiunto, «rappresenta un coinvolgimento indiretto in conflitti armati». Oltre a Starlink, il riferimento potrebbe essere ai palloni spia, tanto è vero che a subire l’abbattimento di «sei obiettivi aerei ostili» è stata proprio Mosca. I presunti palloni spia sono stati individuati dalle autorità ucraine nei cieli di Kiev, come denunciato dall’aeronautica ucraina, ed alcuni sono stati abbattuti. Né l’Ucraina, né la Russia, saranno in grado di vincere la guerra secondo il capo di stato maggiore Usa, il generale Mark Milley, per il quale il conflitto può solo finire al tavolo dei negoziati. «Sarà praticamente impossibile per i russi raggiungere i loro obiettivi ed è improbabile che la Russia riesca a conquistare l’Ucraina. Non succederà», ha dichiarato il leader militare sottolineando anche come «è molto, molto difficile che le forze di Kiev riescano a cacciare quelle di Putin dai loro territori». Previsioni inquietanti, se si pensa che al momento un dialogo appare improponibile, anche e soprattutto per la questione Crimea. Secondo il segretario di stato americano Antony Blinken il tentativo dell’Ucraina di riconquistare la Crimea sorpasserebbe una «linea rossa» per Putin che potrebbe portare a una risposta imprevedibile da parte di Mosca. Poco realistica appare anche la bozza della risoluzione Onu che sarà votata la settimana prossima in cui «si chiede nuovamente alla Russia di ritirare immediatamente, completamente e incondizionatamente le sue truppe e la cessazione delle ostilità». Poco realistico appare anche l’invito del presidente bielorusso Alexander Lukashenko rivolto al presidente degli Stati Uniti Joe Biden per un incontro a Minsk. «Anche Putin viene a Minsk, e noi tre ci incontriamo qui: due “aggressori” e il presidente “pacifico”. Perché no? Se vuole porre fine alla guerra, gli diamo il benvenuto», è la provocazione di Lukashenko. Il presidente russo e quello bielorusso si incontreranno già oggi a Mosca. «Si prevede di prendere in considerazione le questioni chiave dell’ulteriore sviluppo delle relazioni russo-bielorusse di partenariato strategico e alleanza», riferisce il servizio stampa. La visita del presidente degli Stati Uniti in Europa, in programma dal 20 al 22 febbraio, sarà invece limitata alla Polonia, come reso noto da John Kirby, coordinatore delle comunicazioni strategiche del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca. «Il presidente non ha in programma ulteriori soste al di fuori della Polonia come parte del suo prossimo viaggio», ha spiegato Kirby, escludendo anche l’ipotesi di una visita a Kiev. È al contrario probabile che sia il presidente ucraino a recarsi a Varsavia per incontrare Biden. Il presidente Usa ha anche altri appuntamenti in programma: riceverà il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, alla Casa Bianca il 3 marzo. Intanto i rapporti tra Russia e Moldavia si deteriorano ogni giorno di più. Frammenti di missili sono stati ritrovati in Moldavia vicino al confine con l’Ucraina dopo il massiccio attacco aereo russo della notte scorsa. «Questo è già il quarto caso in cui i resti di missili del bombardamento dell’Ucraina sono caduti sul territorio della Repubblica di Moldavia», sottolineano fonti moldave. Le guardie di frontiera hanno circondato l’area. «La sicurezza del Paese», ha detto il nuovo premier Dorin Recean, «deve essere rafforzata, e le attività di chi vuole portare qui la guerra devono essere contrastate duramente». Recean ha appena ricevuto la fiducia del Parlamento, insieme al nuovo governo. Si rafforzano, al contrario, i legami tra Ucraina e Israele. Quest’ultimo darà fino a 200 milioni di dollari in garanzie di prestito all’Ucraina da destinare a progetti sanitari e di infrastrutture civili e aiuterà il Paese sotto attacco a «sviluppare un sistema rapido di allerta missilistica». Lo ha annunciato il ministro degli Esteri dello Stato ebraico, Eli Cohen, da Kiev dove si è recato in visita. Nel deterioramento dei rapporti tra Usa e Russia rientra anche lo stop alla fornitura di Viagra a Mosca annunciato dalla società biofarmaceutica americana Viatris, una controllata di Pfizer. Il ministero della Salute della Federazione russa ha assicurato che il mercato nazionale, al momento, ha abbastanza farmaci analoghi della «pillola blu» per il trattamento della disfunzione erettile, dunque questo tipo di «sanzione» non demoralizzerà i cittadini della Federazione. Sul campo, le truppe russe hanno preso il controllo di tutte le alture nelle vicinanze di Bakhmut. Una persona è stata uccisa e altre sette sono rimaste ferite in un attacco delle forze russe contro la città di Pavlograd, nell’Ucraina sud-orientale. Sei persone sono rimaste uccise nel Donbass. 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Citando una fonte a conoscenza delle indagini, la Cnn ha rivelato che l’Fbi ha condotto due perquisizioni, in accordo col team legale del presidente, nei locali dell’Università del Delaware: ateneo a cui, nel 2012, Biden –allora vicepresidente– donò oltre 1.800 scatole di documenti relativi al suo lungo servizio come senatore. «Gli investigatori hanno recuperato materiali da due locali dell’università in due giorni diversi», ha riferito la Cnn, per poi aggiungere: «Il materiale non sembra avere segni di classificazione, secondo la fonte, ma ora è in fase di revisione da parte dell'Fbi». Dal canto suo, la Cbs ha rivelato che le perquisizioni si sono verificate tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio. Stando alla stessa testata, sarebbero state portate via «molteplici scatole» di documenti che, pur non essendo formalmente classificati, necessiterebbero, secondo gli agenti, di un «maggior esame». Non è la prima volta che l’Fbi prende possesso di materiale non ufficialmente classificato, detenuto dall’attuale presidente americano. I federali hanno infatti sequestrato sue note scritte a mano in entrambe le sue abitazioni in Delaware, a Wilmington e a Rehoboth Beach. Lo scorso 28 gennaio, Nbc News riferì che gli agenti vogliono capire se questi appunti contengano informazioni sensibili: eventualità che, se confermata, renderebbe quelle note come classificate de facto, mettendo così ulteriormente nei guai il presidente. Va inoltre ricordato che i documenti senatoriali di Biden, consegnati all’Università del Delaware, finirono sotto i riflettori già durante la campagna elettorale del 2020, quando l’allora candidato dem fu accusato di violenza sessuale da una sua ex assistente, Tara Reade: un’aggressione che, secondo la donna, risalirebbe al 1993, quando Biden, cioè, era senatore. I repubblicani e gruppi conservatori chiesero di visionare i documenti ospitati dall’ateneo, per cercare eventuali prove della grave accusa. Tuttavia, sia Biden sia l’università non ne vollero sapere di aprire quegli archivi. Secondo il Washington Times il contenzioso sarebbe ancora pendente alla Corte suprema del Delaware. Continuano intanto a spuntare ombre cinesi. Secondo il New York Post, a coordinare il trasferimento dei documenti dell’attuale inquilino della Casa Bianca all’Università del Delaware fu il controverso socio di Hunter Biden, Eric Schwerin, che era presidente di Rosemont Seneca: società che vantava collegamenti con Pechino. Non solo. Fox News ha riportato che la stessa Università del Delaware avrebbe ricevuto circa 6,7 milioni di dollari in donazioni cinesi. Senza poi trascurare che la prima tranche di documenti classificati di Biden fu trovata a novembre in suo ex ufficio a Washington, appartenente al Penn Biden Center: think tank che fa capo all’Università della Pennsylvania, nota per aver ricevuto oltre 70 milioni di dollari dal Dragone a partire dal 2014. Non a caso, la commissione Sorveglianza della Camera ha lasciato intendere di voler indagare su eventuali infiltrazioni cinesi nel Penn Biden Center. Un think tank che è stato tra l’altro citato in alcune vecchie email dello stesso Hunter Biden, recentemente pubblicate da Fox News: quello stesso Hunter che, secondo il Washington Post, ottenne tra il 2017 e il 2018 circa 4,8 milioni di dollari grazie all’allora colosso cinese Cefc. Nel mentre, la trasparenza, promessa enfaticamente da Biden nel 2021, latita. La sua amministrazione si è infatti ben guardata dal rendere note le nuove perquisizioni e continua a trincerarsi dietro ai no comment. D’altronde l’imbarazzo è significativo. E lo scandalo dei documenti potrebbe pesare negativamente sull’eventuale annuncio di una ricandidatura presidenziale. Annuncio che infatti sta tardando ad arrivare.
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
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Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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