2025-01-31
Santanchè sempre più isolata. E spunta Zan
Daniela Santanchè (Imagoeconomica)
I giornali rivelano prima della Cassazione che l’indagine per truffa rimarrà a Milano. Ignazio La Russa freddo: «La sentenza può essere un elemento di riflessione sulle dimissioni». Affari fra il paladino Lgbt e Altair D’Arcangelo, presunto intermediario della cessione Visibilia.La notizia della decisione della competenza territoriale sull’indagine per truffa a Daniela Santanchè è arrivata prima ai giornali che ai diretti interessati. Nello specifico La Stampa e il Corriere della Sera ieri hanno dato per certa la decisione della Cassazione che però non era ancora stata depositata. L’indagine resta a Milano e la stessa Santanchè lo apprende così. «È una follia», commenta l’avvocato del ministro del Turismo, «A noi avvocati non è ancora stato comunicato nulla e ci era stato assicurato in tutti i modi, anche dalla Corte di cassazione, che la notizia non sarebbe stata passata ai giornali prima. È vergognoso». Nicolò Pelanda, difensore di Santanchè, ieri mattina non aveva ancora ricevuto alcuna notifica relativa alla decisione sulla competenza territoriale del procedimento in cui la senatrice risponde di truffa aggravata ai danni dell’Inps, ma ha saputo dalla stampa che resta a Milano. Da quanto ha riferito, sul portale della Cassazione non risultava ancora nulla al mattino e non aveva avuto alcun esito nemmeno la richiesta telefonica di informazioni alla cancelleria della Corte. «I giornalisti fanno giustamente i giornalisti. I magistrati dovrebbero avere un po’ più di rispetto per gli avvocati». Pelanda aveva sollevato la questione della competenza territoriale a favore di Roma ritenendo che sia il luogo non solo dove si trova il server dell’Inps, ma soprattutto dove è stato effettuato il primo pagamento a uno dei dipendenti Visibilia relativo alla cassa integrazione, ossia su un conto bancario romano. Dunque riprenderà il prossimo 26 marzo e potrebbe concludersi entro maggio l’udienza preliminare a Milano nei confronti del ministro, del suo compagno Dimitri Kunz e di Paolo Giuseppe Concordia, collaboratore esterno con funzioni di gestione del personale. Per l’accusa sarebbero stati consapevoli di aver richiesto e ottenuto «indebitamente» la cassa integrazione in deroga «a sostegno delle imprese colpite dagli effetti» della pandemia Covid per 13 dipendenti per oltre 126.000 euro. Alla Santanchè, così come agli altri due, viene imputato dai pm di aver «dichiarato falsamente» che quei dipendenti fossero in cassa «a zero ore», mentre invece svolgevano le «proprie mansioni» in «smart working». La previsione è che il procedimento si possa risolvere in due o tre udienze, quindi, tenuto conto del lungo ponte di aprile, entro la fine di maggio. In attesa che vengano pubblicate le motivazioni della Cassazione, si presume che gli ermellini abbiano ritenuto di accordare la tesi dei legali dell’Inps (che si è costituita parte civile) che hanno osservato come la dichiarazione della società del 31 maggio 2020 per ottenere la cassa integrazione per i dipendenti sia stata presentata nella sede di Milano dell’ente di previdenza. «Pertanto è in quest’ultimo luogo che si è realizzata l’erogazione del beneficio indebito, attraverso il perfezionamento del meccanismo della compensazione e quindi dell’automatica esenzione del debito verso l’Inps del datore di lavoro». Per il presidente del Senato Ignazio La Russa, da sempre molto vicino al ministro, «la decisione della Cassazione potrebbe essere un elemento di valutazione» per la stessa Santanchè. Anche se non ne ha certezza perché, aggiunge, «Non l’ho sentita. Anzi me lo hanno appena detto della sentenza. Non ci ho ragionato. Però certamente anche quello è un elemento di valutazione. Se cambia qualcosa? È un elemento di valutazione, ripeto». Per Giovanni Donzelli, responsabile organizzazione di Fdi, invece la decisione non cambia nulla. «Il ministro Santanchè ha sempre rassicurato che ha sempre fatto tutto correttamente. Non è che se giudica Roma, Milano o Napoli cambia qualcosa». In realtà a cambiare sono i tempi: se si fosse spostata l’indagine a Roma si sarebbero allungati di mesi, dando più tempo al ministro in caso di rinvio a giudizio che, se arrivasse, come più volte ribadito, dovrebbe significare dimissioni, come detto dalla Santanchè, che invece non ha lasciato in occasione del rinvio a giudizio, già avvenuto, per falso in bilancio. Intanto la mozione di sfiducia presentata dal Movimento 5 stelle è stata calendarizzata e sarà discussa in Aula alla Camera lunedì 10 febbraio. Il voto sulla mozione è previsto martedì 11 febbraio nel pomeriggio. Spunta intanto un interessante scoop: Il Fatto Quotidiano ha rivelato alcuni dettagli sui rapporti d’affari della Santanchè. Nonostante la sua posizione politica, infatti, la senatrice di Fratelli d’Italia avrebbe legami, seppur indiretti con l’eurodeputato dem Alessandro Zan, paladino dei diritti Lgbt. Sono numerosi i legami tra Zan, alcuni suoi familiari e la galassia di imprese che ruota, direttamente o indirettamente, intorno ad Altair D’Arcangelo, l’uomo d’affari intervistato da Report, e sedicente intermediario della cessione di Visibilia. «I legami più importanti sono con Virgo» scrive il Fatto «il marchio di cosmetici di D’Arcangelo. Virgo non è solo sponsor del Gay pride di Padova, ma in estate organizza e finanzia un festival gestito da Alessandro Zan, il Pride village Virgo. Il Pride village di Padova è della società Be proud srl, costituita con 3.000 euro da tre soci tra i quali l’europarlamentare Pd, che sino all’anno scorso ne possedeva il 52%, oltre a esserne amministratore unico». Non solo. Suo fratello, Massimo Zan, inoltre è socio al 15% nella Sanever, una srl di Milano che produce integratori alimentari e della quale Virgo holding di D’Arcangelo è socia all’85%. Curioso che nonostante le posizioni politiche siderali, ci siano tra i due parlamentari tante connessioni.
Gattuso e la Nazionale lasciano San SIro al termine del match perso per 4-1 contro la Norvegia (Ansa)
(Arma dei Carabinieri)
L’organizzazione era strutturata per assicurare un costante approvvigionamento e una capillare distribuzione della droga nelle principali piazze di spaccio del capoluogo e della provincia, oltre che in Veneto e Lombardia. Il canale di rifornimento, rimasto invariato per l’intero periodo dell’indagine, si trovava in Olanda, mentre la gestione dei contatti e degli accordi per l’invio della droga in Italia era affidata al capo dell'organizzazione, individuato nel corso dell’attività investigativa. L’importazione della droga dai Paesi Bassi verso l’Italia avveniva attraverso corrieri ovulatori (o “body packer”) i quali, previa ingestione degli ovuli contenenti lo stupefacente, raggiungevano il territorio nazionale passando dalla Francia e attraversando la frontiera di Ventimiglia a bordo di treni passeggeri.
Lo schema operativo si ripeteva con regolarità, secondo una cadenza settimanale: ogni corriere trasportava circa 1 chilogrammo di droga (cocaina o eroina), suddiviso in ovuli termosaldati del peso di circa 11 grammi ciascuno. Su ogni ovulo era impressa, con pennarello, una sigla identificativa dell’acquirente finale, elemento che ha permesso di tracciare la rete di distribuzione locale. Tutti i soggetti interessati dal provvedimento cautelare risultano coinvolti, a vario titolo, nella redistribuzione dello stupefacente destinato alle piazze di spaccio cittadine.
Dopo due anni di indagini, i Carabinieri sono stati in grado di ricostruire tutta la filiera del traffico di stupefacenti: dal fornitore olandese al promotore che in Italia coordinava la distribuzione alla rete di corrieri che trasportavano la droga in ovuli fino ai distributori locali incaricati dello spaccio al dettaglio.
Nel corso delle indagini è stato inoltre possibile decodificare il linguaggio in codice utilizzato dagli indagati nelle loro comunicazioni: il termine «Top» era riferito alla cocaina, «Spa» all’eroina, «Pantaloncino»alle dosi da 5grammi, mentre «Fogli di caramelle» si riferiva al contante. Il sequestro di quaderni contabili ha documentato incassi giornalieri e movimentazioni di denaro riconducibili a un importante giro d’affari, con pagamenti effettuati tramite bonifici internazionali verso conti correnti nigeriani per importi di decine di migliaia di euro.
Il Gip del Tribunale di Venezia ha disposto la custodia cautelare in carcere per tutti i venti indagati, evidenziando la «pericolosa professionalità» del gruppo e il concreto rischio di fuga, considerati anche i numerosi precedenti specifici a carico di alcuni appartenenti all’organizzazione.
L’esecuzione dei provvedimenti restrittivi e delle perquisizioni è stata condotta con il concorso di Carabinieri di rinforzo provenienti da tutti i Comandi Provinciali del Veneto, con il supporto dei Reparti Mobili e Speciali dell’Arma, delle Unità Cinofile Antidroga e del Nucleo Elicotteri Carabinieri, che hanno garantito la copertura aerea durante le operazioni.
L’Operazione «Marshall» rappresenta un importante risultato dell’attività di contrasto al narcotraffico internazionale e alle organizzazioni criminali transnazionali, confermando l’impegno costante dell’Arma dei Carabinieri nel presidio del territorio e nella tutela della collettività.
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