Il figlio di Gigi D’Alessio è il più giovane in gara al festival. Suo papà non gli ha fatto raccomandazioni tecniche o artistiche, ma gli ha dato solo un consiglio da padre: «Vai, e divertiti».
Il figlio di Gigi D’Alessio è il più giovane in gara al festival. Suo papà non gli ha fatto raccomandazioni tecniche o artistiche, ma gli ha dato solo un consiglio da padre: «Vai, e divertiti». Ex concorrente di Amici, figlio d’arte, Luca D’Alessio (in arte LDA) con i suoi 19 anni è il più giovane concorrente di Sanremo 2023. Lo abbiamo intervistato, ecco cosa ci ha detto della sua canzone, che si chiama Se poi domani. Innanzitutto, sei emozionato? E visto che la tua canzone parla d’amore, com’è l’amore di un ventenne oggi?«Emozionato tantissimo. E l’amore è il più vero, il più sincero. Io ci credo forse un po’ troppo, sono attaccato all’amore dei film, quello che dura tutta una vita. Ma per il momento mi piace vederla così e mi porta bene perché questo sentimento mi fa scrivere tanto».Com’è nato il brano che porti a Sanremo? «Se poi domani è una canzone autobiografica. A volte ci sono dei testi che la notte mi tormentano e la mattina appena arrivo in studio li devo buttar fuori, così scrivo. È andata così: la canzone è nata in mezz’ora con una verità che mi ha sconvolto». Hai pensato subito al festival?«Sì, ed ero molto convinto del fatto che la canzone potesse piacere ad Amadeus e sarebbe stata scelta. Poi, quando hanno iniziato a circolare i nomi di chi ci sarebbe stato, mi sono venuti parecchi dubbi. Ma invece è andata bene!».Cosa rappresenta il festival di Sanremo per te. «L’ho sempre guardato, a casa è un culto. La prima edizione di cui ho memoria è quando vinse Marco Carta, nel 2009, avevo sei anni ma me lo ricordo benissimo. Immagino per me una carriera costellata di Sanremo e di palchi in generale!». Per la serata delle cover, ti esibisci con Alex Britti sulle note del suo brano Oggi sono io. «Ci siamo conosciuti ad Amici, quando lui era venuto ospite e in quell’occasione aveva suonato la chitarra. Da quella volta ho sempre pensato a lui e che avrei voluto fare qualcosa insieme. Per Sanremo mi ha detto subito di sì, è un artista con una grandissima umiltà e la sua canzone è un capolavoro della musica italiana». Il 17 febbraio esce il tuo album, Quello che fa bene. Si parla ancora di amore? «Sì, in tutte le sue forme: c’è l’amor proprio, l’amore per la mia città, l’amore per una ragazza ma non solo. Racconto di un diciannovenne che vive la sua vita e si innamora, sta male, si diverte».E poi ci sarà anche il tour, che parte con tre date ad aprile.«Non vedo l’ora, ho già pronta la scaletta. Mi sento come una donna incinta che deve partorire. Ho tante cose belle da fare nei prossimi mesi. Ma per adesso pensiamo a Sanremo».
John Grisham (Ansa)
John Grisham, come sempre, tiene incollati alle pagine. Il protagonista del suo nuovo romanzo, un avvocato di provincia, ha tra le mani il caso più grosso della sua vita. Che, però, lo trascinerà sul banco degli imputati.
Fernando Napolitano, amministratore delegato di Irg
Alla conferenza internazionale, economisti e manager da tutto il mondo hanno discusso gli equilibri tra Europa e Stati Uniti. Lo studio rivela un deficit globale di forza settoriale, potere mediatico e leadership di pensiero, elementi chiave che costituiscono il dialogo tra imprese e decisori pubblici.
Stamani, presso l’università Bocconi di Milano, si è svolta la conferenza internazionale Influence, Relevance & Growth 2025, che ha riunito economisti, manager, analisti e rappresentanti istituzionali da tutto il mondo per discutere i nuovi equilibri tra Europa e Stati Uniti. Geopolitica, energia, mercati finanziari e sicurezza sono stati i temi al centro di un dibattito che riflette la crescente complessità degli scenari globali e la difficoltà delle imprese nel far sentire la propria voce nei processi decisionali pubblici.
Particolarmente attesa la presentazione del Global 200 Irg, la prima ricerca che misura in modo sistematico la capacità delle imprese di trasferire conoscenza tecnica e industriale ai legislatori e agli stakeholder, contribuendo così a politiche più efficaci e fondate su dati concreti. Lo studio, basato sull’analisi di oltre due milioni di documenti pubblici elaborati con algoritmi di Intelligenza artificiale tra gennaio e settembre 2025, ha restituito un quadro rilevante: solo il 2% delle aziende globali supera la soglia minima di «fitness di influenza», fissata a 20 punti su una scala da 0 a 30. La media mondiale si ferma a 13,6, segno di un deficit strutturale soprattutto in tre dimensioni chiave (forza settoriale, potere mediatico e leadership di pensiero) che determinano la capacità reale di incidere sul contesto regolatorio e anticipare i rischi geopolitici.
Dai lavori è emerso come la crisi di influenza non riguardi soltanto le singole imprese, ma l’intero ecosistema economico e politico. Un tema tanto più urgente in una fase segnata da tensioni commerciali, transizioni energetiche accelerate e carenze di competenze nel policy making.
Tra gli interventi più significativi, quello di Ken Hersh, presidente del George W. Bush Presidential Center, che ha analizzato i limiti strutturali delle energie rinnovabili e le prospettive della transizione energetica. Sir William Browder, fondatore di Hermitage Capital, ha messo in guardia sui nuovi rischi della guerra economica tra Occidente e Russia, mentre William E. Mayer, chairman emerito dell’Aspen Institute, ha illustrato le ricadute della geopolitica sui mercati finanziari. Dal fronte italiano, Alessandro Varaldo ha sottolineato che, dati alla mano, non ci sono bolle all’orizzonte e l’Europa ha tutti gli ingredienti a patto che si cominci un processo per convincere i risparmiatori a investire nelle economia reale. Davide Serra ha analizzato la realtà Usa e come Donald Trump abbia contribuito a risvegliarla dal suo torpore. Il dollaro è molto probabilmente ancora sopravvalutato. Thomas G.J. Tugendhat, già ministro britannico per la Sicurezza, ha offerto infine una prospettiva preziosa sul futuro della cooperazione tra Regno Unito e Unione Europea.
Un messaggio trasversale ha attraversato tutti gli interventi: l’influenza non si costruisce in un solo ambito, ma nasce dall’integrazione tra governance, innovazione, responsabilità sociale e capacità di comunicazione. Migliorare un singolo aspetto non basta. La ricerca mostra una correlazione forte tra innovazione e leadership di pensiero, così come tra responsabilità sociale e cittadinanza globale: competenze che, insieme, definiscono la solidità e la credibilità di un’impresa nel lungo periodo.
Per Stefano Caselli, rettore della Bocconi, la sfida formativa è proprio questa: «Creare leader capaci di tradurre la competenza tecnica in strumenti utili per chi governa».
«L’Irg non è un nuovo indice di reputazione, ma un sistema operativo che consente alle imprese di aumentare la protezione del valore dell’azionista e degli stakeholder», afferma Fernando Napolitano, ad di Irg. «Oggi le imprese operano in contesti dove i legislatori non hanno più la competenza tecnica necessaria a comprendere la complessità delle industrie e dei mercati. Serve un trasferimento strutturato di conoscenza per evitare policy inefficaci che distruggono valore».
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