2023-02-03
Sanremo 2023, Mengoni: «Per tutti sono il primo della classe, ma io non penso alla gara»
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Il racconto di una relazione e di una riflessione che è prima di tutto quella con se stessi. Ecco il significato di Due vite, il brano con cui il cantautore torna a Sanremo dopo la vittoria del 2013 con L’Essenziale. L’artista ha approfondito in un incontro con i giornalisti. Ecco cosa ci ha detto. Una nuova canzone che segna l’inizio del terzo e ultimo capitolo di Materia, il grande progetto musicale di Marco Mengoni iniziato nel 2021 con Materia (Terra), proseguito con Materia (Pelle), e in attesa ora del terzo capitolo, il cui arrivo è previsto per la fine del 2023. «Il sottotitolo c’è già», assicura il cantautore. «Lo svelerò dopo Sanremo e prima del tour negli stadi (la data zero è a Bibione il 17 giugno, l’ultima a San Siro l’8 luglio, ndr)». Che storia racconta Due vite?«Racconta di me: l’analisi, gli sbagli, gli schiaffi. Due vite è la mia storia infinita, la convivenza tra la ratio e l’inconscio. Ho raccontato molto di me e di questa doppia vita che sento: quella più onirica della notte, dei sogni, che però diventa più reale di quanto sembri nei sogni stessi, alternata a ciò che vivo quotidianamente. Con Due vite rifletto su me stesso e su tante cose: sono un peccatore, uno che sbaglia, ma nella vita bisogna andare avanti. Per me il racconto del brano è questo, ma ognuno come sempre nella musica ci può leggere ciò che preferisce». Come ti sei approcciato al brano?«È un pezzo pieno di parole, in una tensione continua che sembra non esplodere mai. Non è stato facile affrontarlo, ha avuto tantissimi vestiti differenti ma quello più giusto era intimo, rarefatto, accompagnato e addolcito dal suono degli archi e a un certo punto abbiamo costruito tutto sul due: doveva tornare in qualche modo l’essenzialità ma in modo diverso. Ci siamo lasciati trasportare, abbiamo ascoltato tanto Lucio Dalla, e ci siamo lasciati ispirare. Lui era un genio, volevamo ricordarlo. Così ho approcciato al canto con poco fiato, tante parole e molta tensione fino ad arrivare allo special e a strappare le mie corde vocali. È stato un bel viaggio».L’anno scorso eri un superospite. Cosa ti ha spinto quest’anno ad andare in gara?«È come quando appena finito un tour vai a vedere il concerto di qualcun altro e pensi che nonostante tutto e la stanchezza su quel palco vorresti starci tu. Andare come ospite al festival è stato bellissimo ma mi sono sentito di passaggio, non ne ho fatto parte veramente».Senti la competizione?“No, ovviamente c’è perché formalmente il festival è costruito come una gara con il podio ma io non la vivo così. Mi stanno affibbiando tutti il ruolo di primo della classe ma non lo sento mio perché non vado in gara. Come tutti ci tengo a fare bella figura ma conta di più l’atmosfera: ognuno vuole fare bene il suo e portare all’Ariston un pezzo di sé. Io sono contentissimo di avere in bacheca il premio di dieci anni fa, non ho velleità di vittoria. Ma pretendo da me di divertirmi”.Nella serata delle cover porti Let It Be dei Beatles e con un coro gospel.«È un pezzo che qualunque musicista avrebbe voluto scrivere. Lei It Be è un’entità che porta il messaggio universale dell’andare avanti, dello scrollarsi tutto. La canzone mi dava l’idea di voler essere qualcosa di corale, per questo duetterò con The Kingdom Choir. Sono molto felice perché sostenere un pezzo così è impensabile da solo, invece l’abbiamo riarrangiato fittandolo su di me, sulla mia voce e sui tredici che comporranno il coro». Sanremo arriva a 10 anni da L’essenziale e dopo il successo negli stadi. Cosa c’è adesso? «È un anno propizio. Sanremo permettendo siamo in studio a preprodurre il prossimo disco, siamo in una fase di scrittura ma sono già molto felice. L’album è frutto di un sacco di riflessioni, deve concludere molte cose, siamo alla fine di un percorso di una trilogia ma sento che siamo sulla buona strada».
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