2025-07-13
Sánchez apre le porte dei servizi segreti a Xi
Il premier spagnolo Pedro Sánchez (Getty Images)
Oltre 12 milioni a Huawei per gestire le intercettazioni. Agitazione tra forze dell’ordine iberiche e 007 europei.La Spagna sceglie Huawei. E rischia di rompere gli equilibri dell’intelligence in Europa, in una delle fasi più delicate per il nostro continente alle prese con il conflitto tra Ucraina e Russia. Lo fa affidando al colosso tecnologico cinese un contratto da oltre 12 milioni di euro per la gestione delle intercettazioni giudiziarie di polizia e intelligence. Un appalto che, sulla carta, rientra in una normale gara pubblica per la manutenzione e la gestione del sistema Sitel (Sistema di Intercettazione delle Comunicazioni Elettroniche), ma che di fatto spalanca le porte del cuore informativo dello Stato alla compagnia cinese al centro di tensioni internazionali, sospettata da anni di legami strutturali con l’apparato di intelligence di Pechino: a marzo un’inchiesta della magistratura belga ha accusato lobbisti di Huawei di aver corrotto una quindicina di eurodeputati. E così mentre l’Europa fatica a trovare una linea unitaria sui fornitori tecnologici ad alto rischio, gli spagnoli si smarcano. La notizia, riportata dal quotidiano digitale The Objective, sta già provocando un’ondata di preoccupazione tra le forze dell’ordine e all’interno delle strutture di sicurezza nazionale iberica. E a interrogarsi ora sono soprattutto le agenzie di intelligence europee e atlantiche, per cui il principio fondamentale della fiducia reciproca rischia di essere messo in discussione.Huawei, pur soggetta a restrizioni e sanzioni in diversi Paesi occidentali, non è mai stata esclusa del tutto dalla Spagna, dove gode di un rapporto privilegiato con il governo. Il primo ministro Pedro Sánchez si è mostrato spesso morbido sulle limitazioni imposte dall’Ue e, tramite diversi incontri con il presidente Xi Jinping in questi anni, ha favorito l’espansione della multinazionale, che ha aperto centri di ricerca a Madrid ed è un attore chiave nella fornitura di tecnologia alla pubblica amministrazione spagnola. Una linea che si differenzia da quella adottata da Paesi come Regno Unito, Olanda (in un rapporto del 2021 l’azienda cinese fu accusata di spiare membri del governo), Belgio, Polonia e Lituania, che hanno escluso Huawei da tutte le infrastrutture critiche. Questa differenza non è solo simbolica: riguarda la capacità dell’Europa di costruire una vera intelligence comune, basata sulla condivisione di informazioni altamente sensibili. Del resto, quando un membro dell’Unione o della Nato affida a un fornitore straniero (e potenzialmente ostile) l’accesso ai propri sistemi di sorveglianza, la trasparenza e la sicurezza nella rete informativa collettiva possono essere compromesse. «La guerra ibrida è ormai la nuova normalità: un conflitto dove la linea di demarcazione tra pace e ostilità, tra civile e militare, si dissolve in uno spazio intermedio fatto di dati, tecnologie dual use e manipolazione delle informazioni», ricorda Pierguido Iezzi - Maticmind cyber security director, «In questo scenario, il dato rappresenta l’oggetto reale della contesa, attraversando tutto il suo ciclo di vita – raccolta, trasmissione, analisi, conservazione – fino a trasformarsi in leva competitiva e strumento di influenza, non solo sul piano militare ma anche su quello geoeconomico e geopolitico». Per questo motivo, continua Iezzi, «il vero potere oggi si gioca nella capacità di costruire, difendere e gestire questi spazi digitali, definendo regole, accessi e standard che tutelino dati e infrastrutture. L’Europa, per garantire una bolla tattico-strategica autentica, deve necessariamente restare unita, armonizzando sicurezza nazionale, competitività industriale e diritti digitali. Chi costruisce e gestisce la propria bolla digitale e informativa decide regole, accessi e futuro». Va ricordato che diversi Paesi del cosiddetto «Five Eyes» (Australia, Nuova Zelanda, Regno Unito, Usa) considerano il coinvolgimento di Huawei nelle reti 5G come una possibile minaccia per la sicurezza nazionale. Il caso spagnolo si fa sentire in Ucraina, dove Huawei ha mantenuto operativa una base di ricerca e sviluppo anche dopo l’invasione russa del 2022, lavorando su telecomunicazioni avanzate, proprio nel cuore di un conflitto in cui la guerra elettronica e la sicurezza dei dati sono cruciali. Ebbene, secondo un articolo di Intelligence Online del 9 luglio, i servizi di sicurezza ucraini (Sbu) hanno avviato accertamenti formali non solo su Xi’an Tianmao, ma sulla stessa Huawei. L’accusa verte sulla raccolta di dati sensibili e sull’infiltrazione dell’ecosistema dei droni ucraini, a vantaggio di Pechino. Secondo l’intelligence ucraina, Huawei potrebbe avere accesso a metadati raccolti in snodi logistici come Odessa e Mykolaiv, oltre a torri di trasmissione nel Donbass. Pechino non partecipa (direttamente) alla guerra, ma manda osservatori, aziende, tecnici, raccoglitori di dati, con l’obiettivo di assorbire innovazioni sviluppate sotto il fuoco della guerra e posizionarsi per il futuro della ricostruzione. Le aziende cinesi, comprese quelle civili, si muovono come bracci operativi di una strategia di lungo termine, che unisce obiettivi economici, tecnologici e di intelligence. Il risultato è che l’intelligence europea rischia di diventare asimmetrica, frammentata e meno efficace proprio nel momento in cui servirebbe il massimo coordinamento.
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